Pagine di Maura Del Serra
Introduzione a Corale, Roma, Newton & Compton, 1994
Ripercorrendo l'itinerario poetico di Maura Del Serra, non posso non notare, a posteriori, come il discorso tanto spesso si svolga come dialettica fra posizioni e punti di vista diversi quando non opposti, fra testimoni degli eventi (che sono quelli fondamentali dell'esistenza, del pensiero, della storia, di Dio) che hanno guardato le cose da prospettive lontane, oppure più interiormente con altro sguardo con altra anima. È una disposizione del discorso che rinvia alla più recente attività di Maura Del Serra come autore di teatro: di un teatro di idee e di solenne e, al tempo stesso, inquieta tragicità, tutta sommossa dallo slancio e dal ritmo lirico, anche quando i conflitti che vi sono rappresentati sono di concetti, di ideali. È il modo più intenso di reinventare la funzione drammatica, di contrasto e di dimostrazione ideologica, che è propria del teatro, al tempo stesso ridandogli quell'altezza e quella concentrata perfezione di linguaggio che sono connaturate alla volontà di farne rinascere la natura di finzione esemplare, in cui lo spettatore ha da identificarsi nelle proposte di messaggi e di provocazioni di idee che i personaggi presentano. Di fronte a questo sviluppo dell'attività letteraria di Maura Del Serra, ecco che allora molto meglio si può leggere l'opera poetica, che in questo libro è raccolta, da L'arco del 1978 fino ai testi più recentemente composti e qui per la prima volta editi. C'è sempre in questa poesia il confronto, che nei testi più remoti si traduce nell'invenzione, di fronte al tema dichiarato, della moltiplicata disposizione di punti di vista per "predicarlo", come si può vedere in componimenti come All'amato e, ancora meglio, come Concezione, nella splendida opposizione ossimorica fra il "fragore di crisalidi" sigillato "nel calice di quiete" e fra l' "innocente luce" e il "cruento / primo soffio di lode".
In questo modo di costruzione del testo si coglie la distinzione fra la poesia di Maura Del Serra e la concezione orfica della creazione poetica, che pure le è in qualche misura prossima. Maura Del Serra non tanto fa esistere le cose nel momento in cui ne pronuncia i nomi e le immette nel ritmo sempre molto sostenuto del verso, quanto piuttosto intende collocarne l'esistenza all'interno della contraddizione radicale fra anima e storia, tenebra e luce, rivelazione e sconfitta. Per questo alla base di tutto il discorso poetico sta il drammatico richiamo alla scelta, come si può vedere esemplarmente in un componimento recente, come è Apologia, costruito come commento di un versetto famoso del prologo del Vangelo di Giovanni, di cui ogni parola è sottoposta a descrizione e a controversia, a illustrazione e a dialettica contrapposizione delle ragioni della vita, del dolore e dello smarrimento degli uomini, della contraddizione intrinseca della creazione e dell'anima, in particolare di fronte a Dio e alla sua luce. La scelta è fra gli opposti, ma è, in qualche modo, la forma che il dramma della vita e degli uomini assume di continuo, anche nelle occasioni più semplici di un incontro, di un effetto di luce o di stagione, di un oggetto quotidiano. Di qui deriva un altro carattere della poesia di Maura Del Serra: lo slancio luminoso, a tratti fiammeggiante, fra l'ammonitorio e il consolatorio, che essa possiede: quasi anche un'eloquenza di profezia, che è, com'è noto, spiegazione e definizione di ciò che è accaduto ed esiste (il mondo nella creazione divina, con tutto quello che ha di mirabile e di dolente) e sguardo rivolto al futuro del tempo, a ciò che sarà nell'esistenza individuale (ma il poeta è la voce di tutti, in questo ambito di concezione poetica) e nel destino di tutti.
Di tale ricchezza poetica Maura Del Serra ha posto al servizio uno strumento quanto mai sensibile e mirabilmente costruito e calcolato: un verso, cioè, che ha un fondamento endecasillabico, ma che si trasforma immediatamente, contraendosi o ampliandosi, a seconda che più rapido e alacre sia lo slancio della parola, oppure più meditativamente e contemplativamente si quieti il ritmo, oppure più forte si faccia il furore profetico, più fervida l'ammonizione, più alta la rivelazione.
Certamente la poesia di Maura Del Serra ha momenti di meno tesa intensità, quando, per esempio, si ripieghi sul pensiero della funzione della poesia, in sé, da sempre, e in particolare oggi, del tutto disconosciuta. Ma sono momenti isolati, di fronte alla creatività splendida delle metafore dell'anima e della rivelazione di verità al di là delle apparenze, ma, queste, sempre interrogate con passione e sofferte, perché sono pure una faccia non eludibile dell'esperienza e un passaggio dell'illuminazione per giungere al segreto del mondo. Il personaggio che sostiene con la sua presenza gran parte dei componimenti del libro è una figura dell'allegoria: la natura che conserva in sé le radici della vita, il compendio e il deposito delle radici delle cose, la "messaggera" non celeste, ma terrena che porta notizie assolute sull'essenza del cosmo in quanto opera della creazione divina. La poesia di Maura Del Serra finisce così per essere fondamentalmente sapienziale (e penso in particolare, a questo proposito, ad un testo come La mente, uno dei più concentrati e sublimi che il poeta abbia composto, sempre come in una visione avuta con l'assistenza della "mente", perché la poesia si propone anche come discorso a Dio sul mondo, rivelazione della condizione degli uomini e delle cose in una dialettica, in questo caso, di creazione divina e di creativa risposta dell'uomo con l'invenzione della parola). Dice, infatti, Mimesi: "ferma / siedo sulle ginocchia di tua figlia la vita / nei suoi mille colori trasparente / e narro ad ogni forma la Tua forma infinita".
Il linguaggio di questa poesia si sostanzia continuamente dei termini insieme filosofici e sapienziali, della metafisica occidentale e della tradizione biblica: ma con in più quell'orfico fiammeggiamento di luminosi moti dell'anima contemplativa e visionaria che è, appunto, protagonista dell'intero itinerario poetico qui tracciato e seguito. Ci sono anche allusioni e presenze di altre tardizioni culturali, soprattutto religiose, di ambito orientale, ma non sono, a mio parere, che gli ulteriori supporti del viaggio di conoscenza nell'essenza del mondo e della vita che l'opera poetica di Maura Del Serra descrive. Non ne sono, in altre parole, forma, ma oggetto di contemplazione e modi del linguaggio che hanno la funzione di elevare ulteriormente il livello delle immagini, alla ricerca di un arricchimento sempre più fecondo e profuso degli elementi, della rivelazione e delle allegorie che li compongono di testo in testo.
Siamo, insomma, di fronte a un'esperienza poetica eccezionale; e tutta la ricchezza dei riferimenti culturali vale anche a inciderne meglio la novità, sia rispetto alla tradizione simbolista, sia nei confronti di quella orfica, sia soprattutto nella dialettica con il Luzi più liricamente religioso di Primizie del deserto e di Onore del vero. Sublimità lirica e funzione conoscitiva e rivelativa della poesia coincidono nell'opera di Maura Del Serra: qui come, del resto, anche nelle opere di teatro.
GIORGIO BÁRBERI SQUAROTTI
Relazione per l'assegnazione del "Premio Montale 1995" a Corale
Maura Del Serra, nata a Pistoia nel 1948, docente di Letteratura italiana all'Università di Firenze, un'imponente produzione alle spalle. Con cinque raccolte di versi, dal giovanile L'arco a Infinito presente di tre anni fa, si è aggiudicata premi prestigiosi, ma ha contemporaneamente offerto sostanziosi contributi in biografie critiche che riguardano Campana e Rebora, Pascoli e Ungaretti, Montale, Borges, Landolfi, Caproni e molti altri, italiani e stranieri. Notevoli le sue traduzioni da varie lingue, in versi e in prosa: da Shakespeare a Virginia Woolf, da Else Lasker-Schüler a Marcel Proust. Ha al suo attivo importanti testi teatrali.
Nutrita così da linfe disparate, e da una viva sensibilità fantastica, coloristica e metrica (dove si intrecciano quinari, settenari, endecasillabi mescolati a versi "barbari", dissonanti e trasgressivi), Maura Del Serra pronunzia in questo suo Corale parole alte, aperte alla trascendenza, o di vasto orizzonte storico-culturale dove ricrea suggestioni e messaggi lontani in apologhi e metafore di suggestiva originalità.
maggio 1995
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