Pagine di Maura Del Serra
Un'indagine del mondo spirituale, psicologico ed espressivo di una delle voci poetiche più pure e singolari del Novecento lirico; sorta nel clima composito dell'idealismo illuministico lombardo del tardo Ottocento, essa si nutrì di tutti gli apporti innovativi che nel crogiuolo decadente e vociano amalgamavano l'eredità dannunziana e l'avventura futurista con le esperienze dell'"humanitas" e dell'attivismo poetico-filosofico francese, confluendo nelle personalissime istanze dei lirici nuovi (Boine, Slataper, Sbarbaro, Michelstaedter, Campana, il primo Ungaretti, Jahier e, a parte, Saba). A questi Rebora si apparenta con il suo fervido riserbo e la sua sete di concretezza ideale - non senza iati, nei quali trovano spazio consonanze europee più fonde - nei Frammenti lirici, nelle Prose liriche e nelle Poesie sparse dei suoi esordi pre e post-bellici; per staccarsene poi, nella posteriore stagione creativa dei Canti anonimi, attraverso un progressivo radicamento della coscienza nell'attesa della Parola, che giunge infine, con la conversione, a bruciare ogni efflorescenza espressiva; restituendone poi, nel corso dei lunghi anni sacerdotali, le sparse vestigia calcinate - letterariamente quasi inagibili - delle ultime raccolte (Canti dell'infermità, Curriculum vitae, Poesie religiose, Inni), nel cui fisso fuoco liturgico pure trepida ancora il lume umano della testimonianza.
Dalla quarta di copertina
MAURA DEL SERRA, Clemente Rebora. Lo specchio e il fuoco, Milano, Vita e Pensiero, 1976
[...] Sulla sua poesia [di Clemente Rebora] ha scritto ora un libro di carica strumentazione critica una valida studiosa, non a caso, di Campana, Maura Del Serra, Clemente Rebora. Lo Specchio e il Fuoco: di tanti sparsi contributi, da Boine a Cecchi, da Bo a Macrì, da Contini a Montale, da Spagnoletti a Ramat, questo è il saggio più organico, tutto addentrato nel "mistero" non sempre decifrabile dell'apparentemente semplice e semplificata poesia reboriana. Ed in più questa non letteraria poesia è coinnestata, sorprendentemente, sulla a lui più congeniale poesia europea, così che Rebora, sino a ieri ritenuto un isolato e spesso un anomalo nei quadri italiani dei vociani e postvociani "poeti d'oggi" viene invece documentatamente conglobato, quasi con più agio, nella famiglia europea della maggiore poesia metafisica.
GIANCARLO VIGORELLI
"Giorno Libri", 27 aprile 1977
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