Pagine di Maura Del Serra




L'OPERA DEL VENTO




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     L'opera del vento raccoglie quarant'anni di attività poetica di Maura Del Serra, una delle voci più intense e profonde del panorama contemporaneo, nutrita di multiformi frequentazioni, che spaziano dalle fonti mitico-classiche, bibliche e dantesche ai testi sapienziali d'Oriente, dal barocco elisabettiano ad un romanticismo e decadentismo elettivi (Hölderlin, Dickinson, Rilke, Blok) fino alle voci novecentesche più altamente meditative (Eliot, Pasternak, Weil, Saba, Rebora, Luzi, Szynborska): nutrimenti che non appaiono mai sclerotizzati in un pastiche erudito o virtuosistico, ma sono rivissuti come fonti parentali e sincroniche di una lunga ed originale ricerca, ad un tempo sostanziale e stilistico-formale, storica e metastorica, che coinvolge il lettore negli interrogativi fondanti del nostro tempo e del tempo del mondo, con una pluralità di accenti mai dogmatica, ma sempre e crescentemente improntata, nel volgere delle raccolte, ad una pietas creaturale e civile, ad un'intima dialettica della coscienza che assume spesso forme liricamente sentenziose e drammaturgiche, nella tensione verso il logos di un'armonica unità dell'esperienza.

Dalla quarta di copertina






A Palazzo dei Vescovi presentazione del libro di poesie di Maura Del Serra

        PISTOIA. Oggi alle 17, nell'antico Palazzo dei Vescovi, in piazza del Duomo, sarà presentato il libro di Maura Dei Serra L'opera del vento. Poesie 1965-2005. Il volume, pubblicato da Marsilio nel 2006, in elegante veste editoriale, raccoglie tutte le poesie della scrittrice pistoiese edite fino al 2004, dodici testi inediti del 2005 ed una scelta di versi giovanili scritti fra il 1965 e il 1974 e mai pubblicati. Scorrendo le 350 pagine del volume è possibile ripercorrere non solo l'itinerario poetico della Del Serra, frutto di un'esperienza intellettuale ed emotiva fra le "più intense e profonde del panorama contemporaneo", ma anche la parabola esistenziale di una generazione la cui formazione e la cui crescita si intreccia alle vicende storiche globali che hanno segnato il secondo Novecento, registrate dall'autrice con partecipe, icastica ed elegante pregnanza. La presentazione del libro è organizzata dalla Fondazione Cassa di risparmio dì Pistoia e Pescia e dalla Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia spa. Oltre ai due presidenti dei due enti cittadini, prof. Ivano Paci e dott. Gabriele Zollo, interverranno la professoressa Daniela Marcheschi, docente di Antropologia dell'arte a Perugia, alla quale si deve anche la prefazione del volume, e il professor Silvio Ramat, ordinario di Letteratura Italiana nell'Università di Padova. L'attrice Monica Menchi leggerà alcune poesie.

"Il Tirreno"
30 gennaio 2007






L'opera del vento di Maura Del Serra

        Non è da oggi che conosco e apprezzo la poesia di Maura Del Serra, e attraverso questo libro mi rendo conto che è giusto testimoniare della centralità di questa poesia all'interno del Novecento e di quel poco del nuovo secolo che abbiamo finora sperimentato, anche per testimoniare di una necessità che avvertiamo in molti ma che purtroppo non siamo capaci di far valere con energia, cioè di rimescolare un po' le carte, di modificare le gerarchie: quelli che conoscono la poesia di Maura Del Serra la considerano molto importante: ma quando andiamo a contare quanti la conoscono, in realtà la conoscono in pochi, e speriamo che il fatto di essere uscita in una collana importante presso un editore importante (che incidentalmente mi rallegro essere stato un paio di volte anche il mio) modifichi la situazione. Ma non ci facciamo illusioni, e poi sono discorsi che possono parere mossi da rivendicazioni personali, anche se non lo sono: insomma, la poesia è gestita da un cenacolo abbastanza ristretto di persone che impongono certi valori effettivi o presunti, e perciò, mentre sembrava difficile poter recuperare qualche grandezza misconosciuta negli anni '30 e '40, oggi - sarà perché tutti apparentemente sanno leggere e scrivere - la gestione degli onori della cronaca è affidata a pochi, e le cose vanno come vanno. Ma adesso bando a queste lamentazioni, perché qui abbiamo di fronte un libro molto importante. Mi chiedevo perché il titolo L'opera del vento: siccome mi picco di avere buona memoria dei poeti che conosco, mi chiedevo: "Cosa fa il vento?"; per esempio in Vittorio Sereni prigioniero in Algeria il vento "fa musiche bizzarre"; in Montale il vento di settentrione "rende care le catene" e "suggella le spore del possibile"; in Luzi il vento di primavera "irrita i colori, stranisce l'erba e il glicine". Ho rammentato poeti italiani, e potrei citare la famosa ode di Shelley al vento d'Occidente: però sarebbe limitare ad una tradizione occidentale questo libro che ha un ventaglio di riferimenti alle spalle (anzi davanti, perché il passato si proietta davanti a noi) molto più vasto, un ventaglio di scienza e di sapienza di cui è pieno, ma è scienza e sapienza fatta musica, fatta ritmo. Tutto quello che mi sono annotato, e che riguarda le forme di questa poesia, le sue costanti, a volte perfino le sue manie, ha un valore in quanto trova uno sbocco nella musica e nel ritmo del testo. Questo è un libro che "si ricarica" ad ogni stazione, cioè che non perde colpi. Perfino in una delle poesie giovanili inedite, una del "mazzolino" degli anni '60, Estate 1964, e poi nelle otto raccolte già uscite a suo tempo come tali, in un anticipo di una raccolta futura e in una delle poesie giovanili, Arco (che vi voglio leggere senza rubare spazio e mestiere a Monica Menchi che leggerà professionalmente) che è eponima della prima raccolta, domina il gioco delle rime, la tendenza a rendere concetti le immagini e immagini i concetti, questa bella reciprocità e, nei casi migliori, fusione fra l'elemento concettuale (che è sempre fortissimo in Maura Del Serra) e l'elemento figurale che è necessario perché la poesia non diventi greve e faticosa. Qui abbiamo degli elementi molto belli che poi, modificandosi ma senza stacco deciso, ritroveremo attraverso i futuri decenni: "Lunga brina d'esilio arma la mente / contro il trepido voto che fu nostro, se tuo / fu il tempo della sfera (acqua di sole / nel sole d'acqua indivisibilmente, / e polline di forme / a ogni curva del vento traversavi). / Eventi di rugiada per quel tempo / già il suo posarsi avvera". Sono elementi che potrebbero far sospettare addirittura un concettismo (e non solo la forte concettualità tipica di questa poesia). Successivamente vediamo come tutto questo si riproduca e si accresca, ripeto, senza perdere un colpo, con grande ricchezza e coerenza, dal principio all'ultima sezione del libro, che si chiama Congiunzioni e che è l'anticipazione di una prossima raccolta che suppongo, dopo aver fatto respirare questo librone, darà luogo a un altro libretto, e poi via via, fino a che il Cielo assisterà (e noi siamo sicuri che assisterà a lungo).
        Questo libro si arma dell'esistenza di tanti libri del passato; questo libro ha i suoi protettori, i suoi interlocutori e dedicatari molteplici, e si potrebbero riempire alcune pagine semplicemente isolando gli autori dai quali viene la citazione diretta: c'è San Giovanni Evangelista, c'è Sant'Agostino, c'è Angelo Silesio, San Juan de la Cruz... e poi ci sono gli interlocutori che a volte parlano in prima persona: all'inizio troviamo Cristina Campo, questo personaggio diventato immediatamente leggendario nella cultura italiana (io non l'ho conosciuta, ho conosciuto persone che l'hanno incontrata e che ne raccontano mirabilia); e poi c'è la Yourcenar, c'è Jacopone, Elias Canetti, Borges, Betocchi, c'è naturalmente la Guidacci che è uno spirito fraterno a Maura Del Serra.
        C'è poi anche il rapporto con la storia delle forme: questo è un libro quasi totalmente rimato, con schemi di rime abbastanza liberi, ma evidentemente questo chiedere soccorso, questo affidare molte carte della memorabilità della poesia alla rima significa che Maura Del Serra sceglie qualcosa invece di qualcos'altro. Ora, non è vero che il Novecento sia stato il secolo senza rima, anzi recentemente si è addirittura esagerato nel senso del suo ripristino e del suo restauro; però questo suo puntare sull'endecasillabo, ma anche sul settenario, sul doppio settenario, sul novenario e il doppio quinario, con cesure che molte volte non corrispondono al termine di una parola (enjambements), è molto importante a indicare la parte che Maura Del Serra assegna alle tradizioni: quando parlo di forme e non di contenuti intendo il massimo di concretezza, perché un poeta di professione lo sa, ma anche molti semplici lettori di poesia possono capirlo e condividerlo, che nulla è più concreto della forma: "l'opera del vento" sagoma, il vento dei tempi ha sagomato certe forme che riprendiamo e a cui noi affidiamo un compito "istituzionale".
        Un'altra caratteristica di Maura Del Serra è un piglio animoso: la sua poesia è lirica più che epica, anche nei casi in cui gli eventi fra cronaca e storia la sollecitano (Per chi scrive il poeta, dopo la bomba del '93 a Firenze, oppure nel 1989 la caduta del muro di Berlino e la Piazza Tien An Men, opure il pentito che parla in prima persona di sé, della sua orribile e tragica esperienza di traditore): ma la sua liricità è una lirica del fare. C'è una poesia, importante e molto bella, che mi rallegro sia di quelle recenti, dove c'è il settenario come nelle odicine del Settecento (e di altri secoli) che si chiama Fare: e questo fare è un far poesia, affidato alla parola: in questo "far parola" c'è proprio l'energia attiva e operosa che Maura Del Serra attribuisce come necessità alla parola stessa: "Far spazio - dice il vento. / Far luce - dice l'astro. / Far verde - dice il seme, / disfatto firmamento. / Io dico: far parola / sul silenzio salmastro, / e far silenzio dove / il tempo romba e vola; / fare nastro di seta la tagliola, / rosa la piaga infetta, / bere nel temporale / la goccia benedetta; / far porto, perché giunga / la nave che ci aspetta". È una poesia concettuale, prescrittiva: "far parola" è dire in una determinata prospettiva, è "far porto", cioè essere capaci di accogliere. E qui si potrebbe aprire un capitoletto su certi motivi religiosi di questa poesia: io mi attribuisco il merito di aver fatto ottenere a Maura Del Serra, anni fa, un premio di poesia religiosa, che indegnamente (come si dice sempre) presiedevo: ma quella volta fu una degna scelta: la spiritualità è parte determinante e costitutiva di questa poesia, la quale pensa, scrive e fa in grande. Non che Maura Del Serra disdegni l'aneddoto, o di prendere in considerazione qualche fatto di piccola cronaca, o evento minimo (come ad esempio quando parla della piazzetta di Barcellona); ma certamente tutto si può dire di lei fuorché sia un poeta minimalista: quasi se ne vergognerebbe (anche se io apprezzo molti poeti minimalisti). Ma nella sua tendenza c'è sempre un andare molto oltre: ad esempio c'è una poesia terribile, desolata, L'ombra, dove c'è un ricoverato in una clinica psichiatrica che canta una vecchia canzone sulle rose; anche qui quel caso minimo si è impresso nella memoria che lo cattura con la sua forza di aspirazione, come un aspirapolvere implacabile: "'Ma le rose non sono più quelle / che fiorirono un giorno per me...!' / Disperato di melodia s'alzava / dentro l'androne gelido quel canto / nel reparto di neuropsichiatria, contro il vetro / della cella invisibile gettato / (sangue d'antiche madri, petali tutt'intorno) / da quel ricoverato senza nome, che avvolto / nella sua selva notturna di spine / m'additava il suo angelo terribile al cancello / dell'anima murata, il suo giardino perduto".
        Uno degli aspetti solenni di questa solenne poesia è la tendenza epigrafica: a volte c'è l'epigramma, ma spesso l'epigrafe o magari l'epitaffio o l'autoepitaffio (il defunto, secondo antica tradizione, parla di sé ad altri, si racconta) che è una variante di uno degli aspetti che mi hanno interessato di questo libro, quello dell'autoritratto: che può essere quello di Maura Del Serra, scherzoso o serio, quello di un'altra persona, che si presenta, si mostra, perché il rischio della poesia, di oggi come di ieri, è quello di essere eccessivamente soggettiva, e il poeta cerca di spossessarsi oggettivandosi, di parlare attraverso la bocca altrui, di parlare d'altro e d'altri, come risarcimento di un narcisismo che potrebbe essere deleterio.
        Nell'ambito apparentemente più leggero di questa poesia c'è il rilievo dato ai nomi: quello dell'autrice o di certi nomi propri di cui si dice quali sono le forme, a indicare che niente è casuale.
        Riguardo alle rime di cui dicevo il rilievo e la necessità in questo libro, esse sono dette, ne L'età che non dà ombra, "capricciose formiche della Necessità": tutti ricordano la nota poesiola di Montale "le rime sono più noiose / delle dame di San Vincenzo" ecc.: qui le rime vengono però invocate, con sperimentazioni metriche fondanti.
        Può esserci la parodia, non comica ma "alla maniera di": qui con gentilezza si fa un omaggio al vecchio Saba, o si scrivono versi alla maniera di Paul Celan, della Szynborska, di Éluard, in un repertorio completo di scaltrezze che poi si scatenano in decine e decine di aggettivi composti: ne ho segnati solo pochi: "altoraggiante" "puerosenile" (in bisticcio), "fluidosfuggente" "bacchicoraggiante" "diversoeterna" "vivoaltera"… insomma sono composti che indicano come la lingua venga rimodellata a scopi semantici, sempre cercando un significato compatto, composto. C'è un punto del libro che mi pare particolarmente felice, è alle pp. 214-215, le due poesie che, se dovessi fare di questo librone un'antologia, una iniqua antologia, andrebbero senz'altro incluse, Patria (poesia pistoiese) e la bellissima Cenotafio, densa di ricordi danteschi e luziani: non si tratta di furti, ma del senso della continuità che da Maura Del Serra è perfettamente percepito ed eseguito: "Io fui celeste. Vissi nella fiamma / dell'alabastro, nel lapillo azzurro- / ridente degli sguardi, dell'armonia segreta / di felini e di uccelli nelle elastiche selve, / nel grembo dell'atmosfera lunata. / Io fui terrestre. Vissi la pietà / degli angeli caduti negli specchi, / dei gabbiani ingrommati di nafta, il prato chiuso / dell'infanzia con l'albero di bene e male ("mamma!"), / la barca-giovinezza turbinante di pianti / e baci e vino. Io fui lieta, e mortale, / e sola. Amai parole. Fui parola". Cenotafio è da mettere tra i capolavori di questo libro, di una capacità di concentrazione e di una felicità straordinaria, per la quale darei tutta la parte mitologica del libro (Clizia, Cefalo e Procri) che è tutto comunque molto importante, molto "su": una parte è prettamente novecentesca, di gusto moderno, in poesie che mi piacciono moltissimo come Sola nella casa o La regina dei meli della sezione Il filo di fuoco di Infinito presente; e c'è una molteplicità di registri che mira ad utilizzare tutto ciò che la tradizione le porge, e non è una tradizione solo di poeti, ma di pensatori e drammaturghi, dai mistici a Shakespeare. Nel libro si può percorrere una molteplicità di sentieri, tutti validissimi: ma dove c'è l'aneddoto autobiografico poi emerge e si imprime nella memoria la conclusione su parole come "mondo" "anima" "mente", cioè l'elemento che impropriamente si direbbe metafisico, assoluto; sono i casi in cui la vita si è incaricata di insegnare a Maura Del Serra più di quanto possono averle insegnato tutte le poesie e tutte le scienze di questo mondo.
        In questa fusione di autobiografia e di esperienza concettuale credo che consista la ricchezza di questo libro, che ha saputo dare forma a tutti questi elementi: "Non nella casa natale, l'attorta / ripida casa in via Silvano Fedi, / dove l'infanzia assediata d'angoscia / dava ali di vertigine ai miei piedi; / non nella mia città crepuscolare, / chino amarcord di minimi decori, / che tenaci parevano negarmi / conoscenza ed ardori; / non nel mio prodigo, puerosenile / paese che bellezza smemora dalla storia, / dalla viltà corriva di rapine e di stragi… / Neppure nelle pagine immortali / d'ogni lingua e pensiero, le amate e benedette / più della luce un tempo, adesso umili o altère / ancelle della vita: nella vita soltanto, / nel suo gran soffio d'anima cerco mondo nel mondo, / trovo radice e patria trasparente, / e lavo le parole dal grembo della mente".

Silvio Ramat
Presentazione de L'opera del vento
Pistoia, Antico Palazzo dei Vescovi, 30/1/2007
poi ne "Il Tremisse", a. XXXII, n. 1/2
agosto 2007, pp. 30-32
poi ne "Il Portolano", nn. 53-54-55
anno XIV (aprile-dicembre 2008)






        Con attenta prefazione di Daniela Marcheschi esce in Marsilio Editori L'opera del vento di Maura Del Serra. Sfogliamo un corpus di composizioni che vanno dal 1965 al 2005 lungo quarant'anni d'amore al segno poetico. L'autrice, docente universitaria a Firenze, è poetessa, drammaturga, critico letterario e traduttrice dal tedesco, inglese, francese e spagnolo. Giocano nel suo tratto, e vi giocano a nascondino in levità di tocco, Hölderlin, Dickinson, Rilke, Blok, Eliot, Pasternak, Weil, Rebora, Luzi e altre voci che la congiungono alla matrice toscana, da Dante a Campana, da Betocchi alla Guidacci.
        La poesia è qui adiacente al sacro, all'ombra del mistero, allo slancio vitale e ai segreti suoi fascini. Ritmicamente composta e musicalmente mossa, nell'andatura spesso narrativa è rivelatrice di un sapere che anima: "Sono parola, il mio corpo è la voce, / la mia casa è il pensiero-arcobaleno".

Alberto Cappi
"La voce di Mantova"
10 maggio 2007






Scerni, vincitori premio De Risio

        Maura Del Serra, Valerio Magrelli, Eugenio Borgna, Flavio Ermini e Daniele Cavicchia sono i vincitori della prima edizione del Premio Letterario "Sergio de Risio", la cui cerimonia di premiazione si terrà a Scerni (Chieti) il 28 agosto prossimo. La giuria, composta dal presidente Renato Minore e da Francesco Callea, Lia Fava Guzzetta, Giuseppe Langella, Cesare Milanese, Giancarlo Quiriconi, Luciano Russi, Marco Tornar e Raffaele Saraceni, ha votato i vincitori delle 3 sezioni in programma. Per la sezione "Opere propriamente poetiche" il premio è andato, in ex aequo, a Maura Del Serra e Valerio Magrelli, rispettivamente con i componimenti L'opera del vento e Disturbi del sistema binario. Eugenio Borgna con Come in uno specchio oscuramente e Flavio Ermini con Il moto apparente del sole si sono aggiudicati il riconoscimento nella sezione "Opere di riflessione teorica e critica". Per le poesie inedite, invece, il Premio "Sergio De Risio" è andato a Daniele Cavicchia.

TRSP Radiotelevisione - Vasto
Notizie, 23 agosto 2007






Premio letterario "Sergio De Risio"; oggi la premiazione a Scerni

        SCERNI - È prevista oggi, 28 agosto, la premiazione della prima edizione del Premio letterario "Sergio De Risio", un evento culturale a cura dell'Associazione Psicoanalitica Abruzzese, del Comitato Istituenda Fondazione "Sergio De Risio", con il patrocinio dell'amministrazione comunale e delle istituzioni regionali e provinciali. La manifestazione avrà luogo presso la sala conferenze dell'istituto agrario di Scerni, a partire dalle ore 9,30 di martedì. Dopo il saluto dei primo cittadino, Donato D'Ercole, che figura tra i soci fondatori dell'Istituenda Fondazione "Sergio De Risio", di Maria Antonietta Satta, presidente della medesima fondazione, ci sarà il ricordo della figura di Sergio De Risio, curata da Filippo Ferro. Seguirà la lettura di alcune poesie di Sergio De Risio a cura degli attori Ezio Budini e Edoardo Oliva. Subito dopo si proseguirà con la presentazione dei vincitori dei premio letterario a cura del Presidente della giuria Renato Minore. Per le opere 'propriamente poetiche' la giuria ha deciso per la vittoria 'ex aequo' di Maura Dei Serra, con L'opera dei vento e Valerio Magrelli, con Disturbi dei sistema binario. Per la sezione opere di riflessione teorica e critica, i vincitori sono Eugenio Borgna, con Come in uno specchio oscuramente, e Flavio Ermini, con Il moto apparente dei sole. Infine, per la sezione poesia inedita, il vincitore è Daniele Cavicchia.
        Alle 11,30 è previsto il dibattito sul tema "Il pensiero poetante tra poesia, scienza e filosofia", moderatore Cesare Milanese. Il programma per la serata prevede, in piazza De Risei, la rappresentazione teatrale Storie di donne raccontate da uomini, presentata dalla compagnia Teatro immediato, per la regia di Ennio Tozzi. Alla rappresentazione scenica seguirà la consegna dei premi del concorso da parte delle autorità. Per concludere il concerto di Mimmo Locasciulli.

Francesco Bottone
Sansalvo.net
28 agosto 2007






Relazione del Presidente della Giuria del Premio "Sergio De Risio"

        L'opera del Vento di Maura Del Serra e Disturbi del sistema binario di Valerio Magrelli sono apparsi i due libri che più fortemente rispondevano ai requisiti richiesti dal Premio "Sergio De Risio". Infatti i testi della Del Serra e di Magrelli, oltre all'evidente rilevanza in termini di "poeticità", si impongono anche per un altrettanto evidente livello di "contenuto" riconoscibile per la componente di pensiero o di "filosoficità", intesa in senso lato, sul piano dell'espressione, dalla ricerca dei processi di trasformazione e di traslazione dei linguaggi filosofici e scientifici in linguaggi poetici, al consolidarsi di un vero e proprio pensiero poetante con le sue dinamiche adeguate ad esprimere sia l'immaginario che il reale, tipici dell'epoca della complessità, come punto-fulcro della odierna creatività, secondo le indicazioni contenute nel pensiero, nelle idee e nel quotidiano fervido impegno intellettuale di Sergio De Risio che tutti ben ricordiamo.
        In particolare la poesia di Maura Del Serra entra con una sua consolidata compattezza all'interno di questa prima edizione del Premio De Risio e non solo perché viene premiato un libro in cui vengono riprodotte tutte le opere pubblicate dal 1965 al 2005.
        Quella di Del Serra è infatti l'opera di una autrice in cui la naturalezza espressiva del canto coincide pienamente con una sempre crescente ricerca speculativa rivolta all'orizzonte del senso immanente e metafisico dell'esistenza [sulle tracce di una filosofia che ha in Nietzsche e nell'ultimo Heidegger dei sicuri punti di riferimento] e che ha alimentato la sua ansia di conoscenza e la sua nostalgia mistica attraverso la familiarità con la poesia di Dino Campana e di Clemente Rebora, autori sui quali la Del Serra ha lavorato a lungo, e con i grandi maestri del pensiero poetante occidentale (Angelus Silesius, Inés de la Cruz, Hölderlin, Novalis, Emily Dickinson, Arthur Rimbaud, Trakl, Rainer Maria Rilke, T.S. Eliot, Simone Weil, Paul Celan) ed orientale (i Sufi, i testi induisti e buddisti).
        Nella bibliografia di cui gode quest'opera ritroviamo l'indicazione di questi nomi in una recensione di Pietro Civitareale a La gloria oscura del 1983: "Sarò cerchio perpetuo di lume / scritto nel punto oscuro sentirò / pendere a quella maglia senza rete ogni volo / che ridiranno mio: qui sigillata / in riposo di spine Esmesuranza / generarmi vedete" (Jacopone da Todi).
        A ragione Donato Valli ha inoltre incluso la poesia di Del Serra nel filone della poesia orfica italiana, che ha le sue radici in Dino Campana e si svolge in diversificati sviluppi attraverso le figure di Rebora, Onofri, Comi, Pierri, per pervenire, aggiungo io, alla esperienza del neorfismo dei vari Mussapi e De Angelis, di cui però Del Serra non condivide la scarnificazione dei motivi, la rarefazione formale e la secchezza del timbro. Infatti la poesia di Del Serra è sempre percorsa da una tensione del "pensiero poetante" tanto caro a De Risio (Patrizia Girolami la definisce "poesia pensante", giocando sul chiasmo che deriva dalla messa in relazione tra queste due dimensioni della conoscenza) e per questo è sempre elaborazione di forme e di contenuti, non appagandosi mai di annodare i nastri delicati di quella stoffa lieve che è la materia poetica e cercando incessantemente di comporre una tessitura articolata e composita entro cui esprimere il risultato di una meditazione o il travaglio di una intuizione.
        Quello di Del Serra è infatti un "linguaggio-costruzione e come tale aperto ad ogni accesso cogitativo, nella convinzione che la poesia è pensiero che si attua per mezzo di immagini" ovvero "un determinato modo di pensare e di conoscere"; è "un linguaggio che si sostanzia continuamente dei termini insieme filosofici e sapienziali della metafisica occidentale e della tradizione biblica ma con in più un orfico fiammeggiamento dei luminosi moti dell'anima contemplativa" (Bàrberi Squarotti), in cui l'inserimento di richiami culturali e di elementi poetici serve ad alimentare la tessitura articolata di cui parlavamo, in un continuo arricchimento di immagini, allusioni, allegorie che nella loro profusione realizzano una sempre maggiore adesione allo sfondo dell'ignoto e una densità compenetrata di quell'intus legere, di quella intelligenza dell'oltre e del trascendente di cui la poesia si fa qui espressione formalmente compiuta.
        Per questo, a ragione, Giorgio Bàrberi Squarotti ha integrato il riferimento alla linea orfica con quello alla corrente simbolista e soprattutto a quella sintesi peculiare tra ermetismo e simbolismo realizzata da Mario Luzi in Primizie del deserto e Onore del Vero. Bàrberi Squarotti conclude dicendo che "sublimità lirica e funzione conoscitiva e rivelativa della poesia coincidono" in questa opera così intensa, aperta ad una continua riconfigurazione delle metafore e dei correlativi dell'ignoto.
        Questa speciale competenza di designare l'invisibile con le forme della visione e del linguaggio si esprime in una confessione fluente, mai interrotta e singhiozzante, in cui l'ardore lirico e la effusione del sentimento non sono mai irretiti. Il controllo dell'emozione non avviene all'interno del foro interiore dell'anima, ma viene agito nella consequenzialità di una sintassi vigilata e orchestrata, in cui niente è lasciato al caso o all'impeto lirico. La saldezza della dizione, la ricerca del lessico generano una poesia dal timbro fermo e sicuro in cui si avverte sempre il marchio della provenienza della Voce dell'autrice, una Voce che si sente vibrare anche attraverso i cambiamenti di stile e le manipolazioni di genere che la Del Serra compie lungo tutto il suo itinerario.
        Come è stato notato, infatti, questi cambiamenti stilistici hanno tutti a che fare con il dinamismo e le metamorfosi di un'unica "riflessività dell'io" in cui "1a mobilità degli scenari e della testualità, trovano esatte corrispondenze". Soprattutto nelle ultime opere, da Infinito presente a Congiunzioni del 2004 assistiamo ad una ampia gamma di effetti linguistici: sonorità, allocuzioni, ossimori, iterazioni e ritorni, consonanze e dissonanze, contrasti ed affinità di toni, varietà dei metri e della versificazione sorreggono una teatralizzazione dell'esistenza che dissemina gli umori della soggettività, e della interiorità, nell'oggettività dello spazio, delle presenze e degli eventi; i personaggi, gli oggetti, gli accadimenti naturali formano nella poesia della Del Serra un corpus unitario in cui l'io si riflette e col quale si confronta e dialoga. Questo continuo riportarsi dell'io e delle cose, del soggettivo e dell'oggettivo, della parte e del tutto, conferisce alla sua poesia una notevole valenza drammaturgica, confermata, del resto, con spiccata autonomia creativa, da opere come La minima, L'albero delle parole, La fonte ardente, La Fenice, Agnodice, Andrej Rubljòv.
        In un articolo apparso sulla rivista "Michelangelo" nel 1993, Patrizia Girolami ci fornisce dei dati. "Poesia pensante" dunque, nutrita della migliore tradizione, che varca la soglia fra il limite e l'oltre, in una sintassi ampia e dialogante - quasi 'confessione' alla presenza non solo del lettore, suggerita da echi agostiniani ("Sero te amavi - Tardi ti ho amato, / bellezza tanto antica e tanto nuova") - fatta voce e consapevolezza dell'umana vicenda. Il tessuto compositivo ha la preziosa levità di una filigrana intravista sotto la scorza del divenire e la cristallina trasparenza di attimi sorpresi in luminose apparizioni e disvelamenti. Trasfigurazioni, appunto. Come nell'episodio evangelico, ben presente alla fantasia creativa dell'autrice che lo trasforma in logo simbolico dell'intera raccolta ("Sulla croce del tempo, in ogni punto tramata / dai curvi rampicanti della gioia, / sta la vita distesa, con il capo / sulla guancia del cielo e i piedi uniti / alle radici della terra: gioca / e ride e piange, mentre il sole muta / il suo pallido sangue in vino ardente / e il suo cuore di carne / in pulsare di stella trasparente"): la trasfigurazione è epifania di luce. Lo stesso chiarore taborico, messaggero di Verità, promana dai versi diafani e albescenti dell'Infinito presente. Ma la poesia della Del Serra è poesia di luce e ombre, di luce colta nei riflessi dell'ombra, nella traccia terrestre lasciata dalla pesante sagoma della vita o nei bagliori che si staccano, come da specchi, dalla porosità palpitante degli oggetti: "Solo la luce può creare l'ombra / [...] ma solo l'ombra può / viaggiare verso il colore e le forme" (Elogio dell'ombra in luce).
        Talora, chi si prenda troppa confidenza con l'Assoluto corre il rischio di un'ascetica scarnificazione e di un dolente (luttuoso) contemptus mundi. Non così per la Del Serra, il cui sguardo abbraccia con simpatia l'intero spettacolo dell'esistenza, fino all'esultanza per la sua umbratile corposità: "Felicità del limite, che tieni / l'anima smisurata chiusa nei santi affetti" (Sero te amavi, cit.). L'Eterno ha bisogno del Tempo, la Divinità suprema del Demiurgo "maldestro" e ingannatore; e il respiro metafisico, che pure alita dalla pagina, sgorga dal cuore stesso delle cose divenute intermittenze e ricettacoli dell'Essere: "Dentro la vita eterna delle piccole cose, / l'indistruttibile bisbiglia / [...] minimi pulsar del divino esploso / in memoria d'umano" (Gli oggetti).
        Insomma un vero pensiero poetante, la cui poetica viene chiaramente e consapevolmente elaborata, come possiamo evincere anche da La mente, uno dei testi più concentrati e sublimi che il poeta abbia composto, sempre come in una visione avuta con l'assistenza della "mente", perché la poesia si propone anche come discorso a Dio sul mondo, rivelazione della condizione degli uomini e delle cose in una dialettica, in questo caso, di creazione divina e di creativa risposta dell'uomo con l'invenzione della parola.
        [...]
        Una conclusione. Questo premio intitolato alla memoria di Sergio De Risio ha trovato due vincitori che idealmente si connettono alla tematica del pensiero poetante tanto cara all'amico Sergio. Il volume Anastrofe scritto tra il 1983 e il 1986 e il volume Metamorfosi virtuali sono i luoghi in cui si sviluppa questa poetica di De Risio. Qui troviamo dei versi significativi che esprimono la varietà delle possibilità del pensiero poetante:

Pensieri di un pensiero che dirami
mentre scivola l'alba sul battello
e che inseguono cifre inabitali
come bimbi le gocce del ruscello
e il moto.
        E ancora:
Corpi, numeri, parole, tratti puri
maniacalmente in danza presso il centro di muri
inesistenti, già disciolti, già sabbia sotto il pelo
dell'acque miti, immobili, in uniforme velo.
        De Risio ci mostra come la tematica del pensiero poetante non consiste solo nella ricerca speculativa e nella esposizione di un ragionamento in forma poetica. Il pensiero è poetante proprio perché coincide con uno sforzo creativo di elaborazione del linguaggio, che viene manipolato per esprimere tutte le sue tensioni.
        I due vincitori di questa edizione del premio esprimono compiutamente, ognuno per sé, una delle due dimensioni del pensiero poetante: Maura Del Serra esprime la dimensione più simbolico-metafisica, mentre Magrelli una dimensione più linguistico-plastica attenta al materialismo della parola e alla mescolanza dei giochi linguistici.
        [...]
        E in questo modo la lezione di De Risio trova stasera due rispecchiamenti molto diversi, spesso antitetici fra di loro, ma esprimenti la multidimensionalità di quel pensiero poetante cui è idealmente intitolato il nostro Premio. Pensiero poetante che unisce il simbolo ideale e l'espressione linguistica materiale in elaborazioni sempre nuove e impreviste.

Renato Minore
Scerni (Chieti), 28 agosto 2007






XX Premio Letterario Camaiore - Cerimonia finale

        Sabato 15 settembre, alle ore 21.30, presso l'Hotel Dune di Lido di Camaiore, si svolgerà la cerimonia conclusiva del XX Premio Letterario Camaiore, da anni punto di riferimento per la poesia contemporanea.
        Ideato e fondato nel 1981 dal poeta Francesco Belluomini, la formula innovativa prevede il giudizio di due giurie: una tecnica, composta da Francesco Belluomini (Presidente), Alberto Cappi, Aldo Forbice, Elio Pecora, Paolo Ruffilli, Ciro Vitello e Valentino Zeichen, che ha selezionato, tra tutte le opere partecipanti, la cinquina dei finalisti e una popolare, composta da 50 cittadini appartenenti a tutte le categorie sociali e residenti nel Comune di Camaiore, che decreterà il vincitore durante la serata della cerimonia conclusiva.
        I finalisti dell'edizione 2007, che si contenderanno la vittoria finale sono:

Igino Creati I cieli di Sanpietroburgo - Tracce
Maura Dei Serra L'opera del vento - Marsilio
Sebastiano Grasso La cenere ringrazia della brace e della favilla -
     ES-RCS
Vito Riviello Livelli di coincidenza - Campanotto
Pietro Spataro Cercando una città - Manni.
        Quest'anno il Premio Internazionale è stato assegnato all'opera Notizie dall'esilio - Effige della poetessa Mariella Mehr, che sarà presente alla cerimonia. È stato inoltre attribuito il "Camaiore - Proposta Vittorio Grotti" a Laura Piovesan La città immaginata - Lietocolle e il Premio Speciale a Ferruccio Brugnaro Verranno i giorni - Campanotto; Roberto Carifi D'improvviso - Via del Vento e Paola Lucarini Alla vita - Masso delle fate.
        Tutti gli autori premiati saranno presenti alla cerimonia finale.
        La serata verrà presentata dagli attori Walter Maestosi e Daniela Barra.
        L'evento è organizzato dal Comune di Camaiore, con il contributo della Provincia di Lucca, della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, della Fondazione Banca dei Monte di Lucca e della Fondazione Città di Camaiore.

Comune di Camaiore
Ufficio Stampa
in "Viaggi in Toscana," 28 agosto 2007






"Premio città di Adelfia" XXIII edizione
Motivazione della Giuria per L'opera del vento di Maura Del Serra
I classificato "Premio Città di Adelfia" 2007

        L'opera del vento di Maura Del Serra raccoglie quarant'anni di poesia - dalle prime sillogi legate alla suggestione della musicalità e ad una dimensione ermetico-sacrale, ovvero di un linguaggio in cerca dell'illuminazione e dell'approdo al mito, alle più recenti che si effondono in ritmi più narrativi e sapienziali, intrisi di una laica e suadente spiritualità e più collegate al fluire del quotidiano. Si tratta di un'opera complessiva di grande levatura, che conferma la Del Serra come una delle voci più alte della poesia italiana di questi anni.

Adelfia (Bari)
4 novembre 2007






L'opera del vento

        Maura Del Serra rappresenta un caso a parte nel panorama letterario italiano. Da quasi trent'anni pubblica con editori rilevanti e conosciuti, non le sono mancati importanti riconoscimenti ufficiali, eppure continua a non avere un posto stabile nelle rassegne della lirica contemporanea. Molto opportuno quindi che, dopo una produzione poetica, saggistica e teatrale di tutto rispetto, si sia deciso di ripubblicare in sequenza tutte le liriche, corredate da una prefazione di Daniela Marcheschi breve ma curata come una monografia, consentendone finalmente una lettura in prospettiva. È inevitabile la tentazione di analizzare la raccolta d'esordio col proverbiale senno di poi, alla ricerca di quanto della produzione matura vi sia anticipato: sarebbe però più utile esaminare invece la distanza che separa la prima dalla seconda plaquette, perché è precisando le intuizioni iniziali che qui si va definendo gran parte dello stile successivo.
        Maura Del Serra debutta trentenne con L'arco: è il 1978, l'anno degli sperimentalismi, dei festival affollati, di Gian Carlo Pontiggia ed Enzo Di Mauro che antologizzano per Feltrinelli i poeti recentissimi; ma anche del Raboni di Il più freddo anno di grazia, del Fortini ricapitolatorio di Una volta per sempre, e naturalmente del Luzi di Al fuoco della controversia. La giovane esordiente, per quanto il decennio della contestazione non l'abbia affatto lasciata indifferente, predilige una scelta in apparenza piuttosto conservatrice, con liriche di struttura breve, versi regolari e un utilizzo sobrio della rima: i debiti maggiori sono con l'ermetismo maturo, ma anche con figure più defilate quali Margherita Guidacci, o quella Cristina Campo oggetto di un omaggio in versi ("tessitrice celeste, luce del tuo tappeto / fra cella e coro, / rosa altèra che incanta col profumo le rose") col quale inaugura un genere che ricorrerà speso nelle raccolte successive. Alcune delle liriche più notevoli del volume sono infatti brevi celebrazioni dei maestri e delle maestre che la Del Serra si è scelta (oltre alle già citate, anche Simone Weil, Jacopone da Todi, Emily Dickinson...), e che a volte costituiscono delle eccellenti glosse critiche alla loro opera: si veda quella dedicata, in Concordanze (1985), a Edmond Jabès. Che i germi di questa smilza raccolta iniziale possano produrre molto lo fa capire La gloria oscura, cominciato a ridosso della prima plaquette e uscito nel 1982, che il collegamento con la precedente ce l'ha già in epigrafe (di nuovo la Dickinson, Existence's whole Arc: l'arco inteso come ponte e dunque strumento di unione è figura simbolica ricorrente nell'intero tragitto dell'autrice). Della esperienza appena trascorsa, questa seconda raccolta non rinnega nulla ma sviluppa molto: impara la misura più estesa, utilizza una metrica varia e inventiva (in "Controcielo, cielo" troveremo persino i settenari rimati, miracolosamente liberi da ogni leziosaggine), immette nel lessico molto rarefatto dell'Arco presenze legate al quotidiano o alla cronaca ("Elegia nucleare", "Simultanea"). Il cammino da qui in avanti seguiterà in crescendo, ampliando i riferimenti culturali e gli strumenti espressivi, ma senza discontinuità o vere contraddizioni con quanto precede: in Concordanze (1985) col recupero del mito classico, in Meridiana (1987) organizzando i componimenti in gruppi tematici che possono richiamare gli album musicali del pianismo ottocentesco ("Cinque dittici") o la grande retorica sacra ("Le madri"); in Infinito presente (1991) e in L'età che non dà ombra (1997) affiancando testi di evidente impegno civile e versi quietamente sapienziali, come l'intera sezione In un punto; infine, in Adagio con fuoco e nella recente Congiunzioni (1999 e (2004), ispirandosi a temi della filosofia orientale e proponendo l'alleanza di generi espressivi differenti (Versi per la danza, scritti per accompagnare una complessa coreografia). Ed è qui, nella raccolta - per ora - conclusiva, che si raggiungono alcuni momenti particolarmente alti: la molta dottrina delle poesie precedenti si lascia sintetizzare perfettamente nella misura breve, dando esiti nello stesso tempo solenni e sommessi, come "A cuore vuoto": "La vita è un orologio fermo sotto la neve / che un attimo ticchetta al piede umano o animale; / l'angelo che scagliava fuoco e grandine / sull'ignota salita, siede nel grigio ufficio, / conta i tuoi passi brevi sullo zucchero e il sale / del pavimento [...]".

Jacopo Manna
in "Poesia", 224
febbraio 2008, p. 70






Motivazione per l'assegnazione del Premio "L'Aquila 'Laudomia Bonanni'" a Maura Del Serra per il volume L'opera del vento. Poesie 1965-2005

        Con L'opera del vento viene premiato un libro che riunisce tutte le raccolte pubblicate da Maura del Serra dal 1965 al 2005. La poesia di Del Serra è sempre percorsa dalla tensione del pensiero poetante: si potrebbe definire "poesia pensante" giocando sul chiasmo che deriva dalla messa in relazione tra queste due dimensioni della conoscenza, non appagandosi mai di annodare i nastri delicati di quella stoffa lieve che è la materia poetica e cercando incessantemente di comporre una tessitura articolata e composita entro cui esprimere il risultato di una meditazione o il travaglio di una intuizione. Un linguaggio-costruzione e come tale aperto ad ogni accesso cogitativo, nella convinzione che la poesia è "pensiero che si attua per mezzo di immagini" ovvero "un determinato modo di pensare e di conoscere"; è - come è stato osservato da Giorgio Barberi Squarotti - "un linguaggio che si sostanzia continuamente dei termini insieme filosofici e sapienziali della metafisica occidentale e della tradizione biblica ma con in più un orfico fiammeggiamento dei luminosi moti dell'anima contemplativa". L'inserimento di richiami culturali e di elementi poetici serve ad alimentare la tessitura articolata in un continuo arricchimento di immagini, allusioni, allegorie che nella loro profusione realizzano una sempre maggiore adesione allo sfondo dell'ignoto e una densità compenetrata di quell'intus legere, di quella intelligenza dell'oltre e del trascendente di cui la poesia si fa qui espressione formalmente compiuta, anche attraverso i cambiamenti di stile e le manipolazioni di genere che la Del Serra compie lungo tutto il suo itinerario.

L'Aquila, 18 ottobre 2008






Premio Bonanni, vince Maura Del Serra. Gran pubblico in teatro per la serata finale. Ospite Mark Strand. La Cerimonia di consegna dei riconoscimenti preceduta dal concerto dell'Orchestra Sinfonica

"Il Centro", 19 Ottobre 2008

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Motivazione per l'assegnazione del Premio "Valtellina Sertoli Salis" a Maura Del Serra per il volume L'opera del vento. Poesie 1965-2005, ex aequo con Mario Santagostini per il volume Versi del malanimo, Milano Mondadori, 2007

        Maura Del Serra raccoglie in questo libro il suo lavoro in versi di quarant'anni. C'è in questa poesia il segno, libero quanto inconfondibile, della tradizione toscana del Novecento, cui va aggiunta un'ampiezza di sguardo e di esercizio che spazia verso la traduzione, la saggistica, la scrittura teatrale. Mario Luzi ha parlato a questo proposito della appartenenza a "un filone profondo che attraversa la cultura e l'arte europee al di là dei confini linguistici e temporali". Questo libro esibisce infatti una complessità e ricchezza di risorse culturali approdate a una poesia pensante eppure non autoreclusa, riflessiva e eletta ma sempre distesa verso un obiettivo relazionale, avida di intimità ma mai condizionata dall'intimismo. Gli interessi sapienziali dell'autrice, lo spessore religioso della sua formazione, propongono stimolanti incursioni entro una rete di significati: primo tra questi il libero interrogarsi sull'assoluto e sulle sue forme di complessità, su una ipotesi di misticismo quale espansione della coscienza di sé. La singolare tenuta su una intonazione di stile medio-sublime, un permanente stato di grazia stilistico, non impediscono però a questa poesia, soprattutto negli anni più recenti, di dare vita anche alla complicità di un'ironia conciliante e creaturale, e contemporaneamente a forme convincenti di teatralizzazione del testo.

Sondrio, 7 novembre 2008






Per la prima volta è una donna a vincere il concorso "Renzo Sertoli Salis". Maura Del Serra con L'opera del vento ha ottenuto il primo ex aequo con Mario Sant'Agostini, autore dei Versi del malanimo

"La provincia di Sondrio", 7 novembre 2008

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