Nuovo Rinascimento
CHI POTREBBE ESSERE IL BASSANELLO?
Pietà con le Sante Chiara e Scolastica
Chiesa di Santa Maria Assunta al Bassanello, Padova
(olio su tela, cm. 265x127) (assieme)
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Nere colonne ardimentosamente austere.
In una tela di elevato valore, affascinante soprattutto a causa dell'incertezza del suo autore, la Pietà con le Sante Chiara e Scolastica nella Chiesa di Santa Maria Assunta al Bassanello, a Padova, situata sulla parete di fondo a sinistra dell'arco trionfale nell'aula unica del tempio.
Opera di grande proprietà formale, di accentuato luminismo, leziosa nel tratto, decisamente ricercata e raffinata nella conduzione pittorica.
Mentre il cromatismo è vicino a quello di Jacopo da Ponte detto il Bassano, tintorettesca è la distribuzione dell’immagine sacra su due piani sovrapposti. Ecco, nel dettato inferiore le due nere colonne sono le due Sante, austere ma vibranti nelle loro vesti di religiose, disposte a spiegare ciò che accade in uno spazio non umano al di sopra di loro, anche a costo di una lacrima.
Particolare delle due Sante.
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Il momento successivo alla morte di croce, l'attimo del dolore estremo e definitivo di una madre sul corpo del figlio morto. L'attimo fuori del tempo, colloquio intimo e divino visto dal sott’insù, vive anche dell’acrobatico giungere di Angeli simili a folgori, definite da stacchi di colore che percorrono vesti fatte di aria.
Particolare della zona superiore.
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In lontananza ed in basso un paesaggio che sembra padovano ed in primo piano il libro tagliato dal chiaroscuro che scorre sulle pagine.
Particolare del libro aperto in primo piano.
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Ma quanti richiami ad una pittura come quella di El Greco in questa elevata e strana pittura! Una luce quasi soprannaturale la intride, per poi diffondersi da essa e scivolare su chi guarda.
Roberto Longhi citò questo ottimo pittore come "il Bassanello" e per due motivi: la località dove si trova la Chiesa al cui interno è presente la tela, il quartiere Bassanello di Padova, appunto; e poi le vicinanze già citate con la pittura di Jacopo Bassano, forse a dichiarare una figliolanza artistica: il piccolo Bassano, il Bassanello. "Qui, sul fondo mistico ed emblematico di Controriforma che giocola in alto coi simboli della Passione, certi pezzi di primo piano, come i bruni delle due Sante che scottano sul paesaggio sfregazzato, il libro con le ditate d’ombra nera, sembrano d’uno spagnolo del 1630, di un Alonso Cano in viaggio per il Veneto, non di un pittore morto nel Cinquecento".
Allora io guardo l’opera. Non vi è il luminismo dai toni cupi e carichi di Marcantonio Bassetti. Non vi è nemmeno l’impostazione strettamente veronesiana di Frà Stefano da Verona e certamente non ritrovo la definizione dei toni e i tratti corposi e materici di Pietro Liberi. Posso però accorgermi di come la decisione della linea e la resa formale stringente del profilo del Cristo morto siano avvicinabili ad una meravigliosa pittura della quarta decade del Seicento eseguita dal milanese Francesco Cairo, pittore della corte Sabauda: mi riferisco alla tela con Erodiade e la testa del Battista nella Pinacoteca di Palazzo Chiericati in Vicenza. E così mi ricordo anche della precisa, quasi violenta, decisionalità di tratto di un pittore di quel tempo che sta a cavallo di due secoli, sottovalutato finora nella sua grandezza, che seppe armonizzare la linearità e la forza materica degli Emiliani con la libertà e la "follia" cromatica dei Veneti, di nome Ippolito Scarsella, cioè a dire lo Scarsellino.
Ma vado adesso a confrontare con questa singolarissima grande opera la levità e i superbi accostamenti cromatici dell’Adorazione dei Magi di Francesco Maffei nella Chiesa padovana di San Tomaso Becket.
Particolare di destra della tela di Francesco Maffei L’Adorazione dei Magi nella Chiesa di San Tomaso Becket, Padova.
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Ed ancora la poesia lineare del Caino e Abele della Collezione Roi sempre nella Pinacoteca vicentina, dove il movimento delle braccia del fratello uccisore mi ricorda il gesto dell'Angelo posto a sinistra (per chi guarda) del gruppo della Pietà nella tela dell'"anonimo Bassanello" padovano. E che dire della statuaria dinamicità dell’Angelo Custode di Verolanuova?
L’Angelo custode di Francesco Maffei (Verolanuova).
Così giungo a dire che questo potente e multiforme pittore della Serenissima, vicentino di origine, potrebbe essere il perfetto autore di quest’opera dimenticata, eseguita in un lasso di tempo che corre tra la terza e, più ragionevolmente, la quarta decade del XVII secolo. Un Francesco Maffei che ancora Roberto Longhi, in qualità di nume tutelare della critica d’arte italiana, così definiva: "è certo che il Maffei è il pittore più spiritoso del Seicento veneto. Un pompier non è di sicuro, è semmai un fumiste. [...] Penso che sarebbe forse meno iniquo chiamar la pittura del Maffei farinata di Tiziano, del Tintoretto e del Veronese".
GIORGIO BOLLA
NOTA. Le citazioni di Roberto Longhi sono tratte da Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, Firenze, Sansoni, 1952. Una completa bibliografia sul percorso interpretativo e critico attinente all’opera si può ritrovare all’interno della monografia dedicata da M. C. Bagolan al pittore feltrino della seconda metà del Cinquecento Pietro Marescalchi, [Feltre], Pilotto, 1993. Si veda inoltre P. Rossi, Francesco Maffei, Milano, Berenice, 1991; Ead., Per il catalogo dei disegni di Francesco Maffei: sottrazioni, s.l., Viella, [1987?].
[immesso in rete il primo aprile 2016]
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