LETTURE DEL SONETTO RISCONTRI MICHELANGELO, capitolo I' sto rinchiuso come la midolla (267) I' sto rinchiuso come la midolla da la sua scorza, qua pover e solo, come spirto legato in un'ampolla: 3 e la mia scura tomba è picciol volo, dov'è Aragn' e mill'opre e lavoranti, e fan di lor filando fusaiuolo. 6 D'intorn'a l'uscio ho mete di giganti, ché chi mangi'uva o ha presa medicina non vanno altrove a cacar tutti quanti. 9 I' ho 'mparato a conoscer l'orina e la cannella ond'esce, per quei fessi che 'nanzi dì mi chiamon la mattina. 12 Gatti, carogne, canterelli o cessi, chi n'ha per masserizi' o men viaggio non vien a vicitarmi mai senz'essi. 15 L'anima mia dal corpo ha tal vantaggio, che se stasat' allentasse l'odore, seco non la terre' 'l pan e 'l formaggio. 18 La toss' e 'l freddo il tien sol che non more; se la non esce per l'uscio di sotto, per bocca il fiato a pen' uscir può fore. 21 Dilombato, crepato, infranto e rotto son già per le fatiche, e l'osteria è morte, dov'io viv' e mangio a scotto. 24 La mia allegrezz' è la maninconia, e 'l mio riposo son questi disagi: che chi cerca il malanno, Dio gliel dia. 27 Chi mi vedess' a la festa de' Magi sarebbe buono; e più, se la mia casa vedessi qua fra sì ricchi palagi. 30 Fiamma d'amor nel cor non m'è rimasa se 'l maggior caccia sempre il minor duolo, di penne l'alma ho ben tarpata e rasa. 33 Io tengo un calabron in un orciuolo, in un sacco di cuoio ossa e capresti, tre pilole di pece in un bocciuolo. 36 Gli occhi di biffa macinati e pesti, i denti come tasti di stormento c'al moto lor la voce suoni e resti. 39 La faccia mia ha forma di spavento; i panni da cacciar, senz'altro telo, dal seme senza pioggia i corbi al vento. 42 Mi cova in un orecchio un ragnatelo, ne l'altro canta un grillo tutta notte; né dormo e russ' al catarroso anelo. 45 Amor, le muse e le fiorite grotte, mie scombiccheri, a' cemboli, a' cartocci, agli osti, a' cessi, a' chiassi son condotte.48 Che giova voler far tanti bambocci, se m'han condotto al fin, come colui che passò 'l mar e poi affogò ne' mocci? 51 L'arte pregiata, ov'alcun tempo fui di tant'opinion, mi rec'a questo, povero, vecchio e servo in forz'altrui, 54 ch'i' son disfatto, s'i' non muoio presto. NOTA: vicitarmi è congettura del curatore: il testo Girardi porta mutarmi, che non dà senso e genera ipometria. immesso in rete il 20 dicembre 1995 |