"Nuovo Rinascimento" |
DANILO ROMEI Glossa a P. ARETINO, Pas vobis, 345
L'esultanza che Pietro Aretino esprime nella frottola Pas vobis, brigate per le atrocità commesse dalla soldataglia imperiale nel corso del sacco di Roma del 1527 trova i suoi momenti di più sfrenata ferocia quando può additare nelle sevizie e nelle stragi il giusto flagello della corruzione "pretesca". Né manca, all'occasione, di deprecare a suo modo la cosiddetta "donazione di Costantino", su cui si dovrebbe fondare la legittimità giuridica del potere temporale dei papi:
Così editavo nel 1986 [1] e sostanzialmente ripetevo nel 1987.[2] Forse un minimo di parafrasi del testo non guasta. Dice, in buona sostanza, l'Aretino: Ora sì che Cristo mi piace e mi piacerebbe ancora di più se cacciasse dal paradiso e anzi se avesse ucciso [prima che potesse fare dei danni] quel disonesto dell'imperatore Costantino, assassino lebbroso [propriamente 'affetto da mal francese (sifilide)'] e furfante, per aver consegnato ai preti un così grande potere, che avrebbe fatto meglio a sperperare al gioco; così né un becco cardinale, né un papa furfante, né un vescovo ignorante lo... E qui si inciampa in quel calteria che sembra privo di senso.[3] Esprimevo le mie incertezze in nota: "345. il calteria: così il ms., e per farne il condizionale di calterire ('scalfire', 'intaccare', 'guastare' [Battaglia], e quindi qui 'sperperare') è necessario ipotizzare una sincope (oltre che la caduta della congiunzione né al verso successivo) che non mi convince molto; si potrebbe emendare con intratterria ('manterrebbe', dissipando il patrimonio della Chiesa), che però rischia di risultare banalizzante; altra soluzione non ho trovato". Né la trovò Antonio Marzo, nuovo editore del testo, che si limitò a citarmi.[4] Mi viene in mente, adesso, che calteria potrebbe essere un facile errore di lettura per calcheria/calcaria, da calcare: quindi, nel contesto, 'calcherebbe', 'calpesterebbe' o anche semplicemente 'possederebbe' facendone mal uso, mandandolo in rovina.
[1] D. ROMEI, "Pas vobis, brigate": una frottola ritrovata di Pietro Aretino, in «La Rassegna della letteratura italiana», XC, 3 (settembre-dicembre 1986), p. 447. [2] Scritti di Pietro Aretino nel Codice Marciano It. XI 66 (=6730), a c. di D. Romei, Firenze, Franco Cesati Editore («Filologia e ordinatori», II), 1987, p. 167. [3] La fonte è il cod. II VIII 28 della BNCF, unico testimone per questa sezione del testo. La lezione non è certa al 100%100, ma altamente probabile. [4] Pasquino e dintorni. Testi pasquineschi del Cinquecento, Roma, Salerno Editrice («Omikron», 35), 1990, p. 80.
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immesso in rete il 17 ottobre 2002 |