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Pagine di Maura Del Serra


Stanze

Versi per un balletto





Riflessioni per un allestimento di "Stanze"

In Stanze vi sono le visioni della danza di un personaggio che non è immobile ma in viaggio, in una piccola odissea raccontata coi gesti-parola. Nella danza, ma anche nella musica, ci sono delle convenzioni e dei colori precisi, come cristallizzati; qui ci sono dei sentimenti, dei fantasmi, dei desideri, delle proiezioni in movimento che non devono essere immobilizzate, cristallizzate: c'è il rapporto fra concreto e astratto, fra ciò che si vede e ciò che invece si sente; è necessario realizzare una loro fusione armonica, che non deve però incidere sul linguaggio, a volte anche molto forte, del testo, sul suo "espressionismo".
Non si tratta tanto di dare concretezza a ciò che il protagonista evoca sul palcoscenico, ma gli spettatori devono essere invitati a vedere con l'occhio interiore, con un rapporto più soggettivo che realistico, sensualmente evocatore: come dei disegni neri, crudi, visti sui muri delle strade, e raffiguranti una persona, o dei graffiti sconvolgenti visti in metropolitana e poi ripensati, qualcosa insomma che si incontra senza che ci venga mostrato, come se da una folla di persone o di gesti ogni tanto prendesse forma un'immagine e ci venisse incontro, non necessariamente nello stesso momento in cui viene evocata; è come in un puzzle, in un mandala, con una logica che può non essere lineare e progressiva, ma sintetica, frammentaria e simultanea: bisogna cercare una forma visiva "di secondo grado", che esprima la compresenza di sonno e veglia e dei diversi stati psichici evocati - secondo le coordinate di tempo, spazio e solitudine - dalla simbologia del percorso interiore che il protagonista compie.
C'è poi da chiedersi come dobbiamo intendere le Stanze: possono essere uno spazio reale in quanto spazio di luce, oppure, in un'ipotesi più realistica, si possono intendere come stanze "in fuga", in scansione ritmico-spaziale, come le case pompeiane o come nel Castello Pasquini (a Castiglioncello); ma anche come spazio rituale, non convenzionale, o come quello di un teatro normale, non molto grande, che consenta una certa intimità di rapporto, e dove gli spettatori sono invitati a partecipare, come dei voyeurs, alle avventure del protagonista, che percepiscono come proiezione di sé; gli spettatori si vedono cioè allo specchio, in una specie di sogno della quotidianità che nasconde il bisogno di "spogliare" le persone per ritrovare i miti, gli archetipi che siamo.
C'è poi da tener conto che nelle Stanze le immagini si distruggono nel momento in cui potrebbero diventare azione reale; si tratta quindi di immagini virtuali.
L'ideale sarebbe di avere delle vere stanze, dove mettere gli spettatori come alberi in un bosco; al centro, sui lati, in tutto lo spazio della stanza, come il protagonista che vaga fra loro, è parte di loro, e tutto ciò che sogna è in quella stanza abitata dai suoi sogni, dalle immagini del suo sogno, con voci esterne, musiche evocate, suggestioni in parte già presenti nel testo scritto da Maura (esempio: il vento, il cuore che batte): ciò che succede non riguarderà solo il protagonista, ma ogni spettatore, che agirà quindi con il protagonista.

MICHA VAN HOECKE
"Hystrio", n. 1, 1994






[...] Stanze by Maura Del Serra represents a two-fold experiment. There is an attempt to create an abstract, textual "score" for which a choreographer could devise a ballet and there is a further necessary experiment in dramatic verse, which arrives at fresh and always concrete conclusions by combining poetry with a polished and valuable dramatic investigation. The sublime literary quality of these few delicately wroght pages does not stop them being fuelled by a burning energy, a vigorous inspiration and powerful ideas. These ensure the absolute theatrical merit of this and other profoundly thoughtful plays by Del Serra who is, in a sense, continuing along the dramatic path of Mario Luzi. Stanze is a series of reflections, of unveilings and unexpected revelations that follow on from one another, of descents into the depths of self, into the maelstrom of the search for sexual identity particularly, that is studded with suffering and anguish. [...]

FRANCESCO TEI
"Gradiva", n. 15, New Series, 1997