Rispondere alla domanda «Che cos'è un ipertesto?» può essere indubbiamente molto complesso. Lo dimostra il fiorire in questi anni di una ricca bibliografia, soprattutto angloamericana, tesa a indagare gli aspetti tecnici e «filosofici» dell'argomento. La risposta può essere invece piú semplice qualora si attinga alle nostre conoscenze comuni, non necessariamente informatiche.
Ciò che ogni uomo fa, in ogni ora della giornata, volontariamente o no, è comunicare. Lo fa attraverso linguaggi e codici di natura spesso cosí diversificata che in taluni casi non ci rendiamo conto che si realizzi una comunicazione, una trasmissione di messaggi. In realtà ogni nostro pensiero è un atto comunicativo, anche se non sempre rivolto all'esterno: in quanto tale è composto di elementi semplici, informazioni, che connessi tra di loro realizzano significati anche molto complessi. Il modo attraverso il quale i nuclei elementari di informazione si connettono è variabile, e alle volte risponde ai criteri della logica, alle volte a quelli dell'emozione presente o del ricordo. Uno dei modi principali mediante i quali si è cercato di dare stabilità nel tempo ai nostri pensieri, all'ininterrotto fluire di informazioni, è il testo scritto. Esso ha bisogno di un medium fisico e tra quelli possibili la società umana in questi ultimi secoli ha utilizzato la carta: per ragioni di economia, di praticità, di durata.
La fisicità della carta impone però alla scrittura dei limiti difficilmente superabili, in quanto è un supporto rigido, nel senso che il pensiero che trova forma attraverso di essa si dispone necessariamente in modo sequenziale, cosí come in sequenza si dispongono le pagine di un libro. La contemporaneità, che sperimentiamo nella vita quotidiana, di nuclei semplici di informazione, deve necessariamente distendersi nel tempo (della scrittura e della lettura) e nello spazio (della pagina), trovando in questo modo un ordine, una struttura di tipo lineare. Naturalmente perché l'informazione sia dotata di un qualche significato, deve essere organizzata, e la struttura lineare soddisfa abbastanza bene questa esigenza. Abbastanza bene, ma non in modo perfetto, tanto che l'uomo ha sviluppato contemporaneamente anche altri tipi di linguaggi ed ha escogitato una serie di accorgimenti per ovviare, almeno parzialmente, agli inconvenienti della scrittura: note a piè di pagina, rimandi a fianco del testo, immagini, indici, eccetera. Tutti questi espedienti mirano ad attenuare la rigidità del medium cartaceo, dilatando l'originaria natura unidimensionale del testo.


UN TESTO MULTIDIMENSIONALE


Potremmo tentare a questo punto di definire che cosa significhi ipertestuale: ipertestuale è un'organizzazione dell'informazione non sequenziale. Un libro-game, molte poesie di Ungaretti o di Quasimodo, l'Ulysse di Joyce, sono ipertestuali; allo stesso modo appartengono all'universo ipertestuale quegli «espedienti» (a cui sopra accennavamo) che utilizziamo per tracciare relazioni tra le informazioni fisicamente collocate all'interno di un volume cartaceo. Non è dunque la tipologia dei nuclei di informazione (testo, immagine, suono, animazione) a far sí che si possa parlare di ipertesto, quanto la loro organizzazione, le connessioni che tracciamo tra di essi, la multidimensionalità della struttura.

«Il termine ipertesto è connesso al termine spazio iperbolico, introdotto nel 1704 e reso popolare da Felix Klein, un matematico del XIX secolo. Klein usò iperspazio per descrivere una geometria con molte dimensioni. I processi mentali dell'uomo hanno come modello spazi multidimensionali simili. Ted Nelson coniò il termine ipertesto nel 1967 perché egli credeva che i sistemi testuali dovessero riflettere l'iperspazio di concetti impliciti nel testo.
L'ipertesto è un testo multidimensionale. La struttura interna di un testo è unidimensionale» (Roy Rada, From text to expertext).
Dunque la particolarità del supporto con cui viene veicolata l'informazione non è sufficiente a far sí che si possa parlare di ipertesto: non tutto ciò che si trova su floppy-disk o su CD-Rom può essere definito ipertestuale. Molti prodotti cosiddetti multimediali non hanno affatto caratteristiche ipertestuali, o le hanno in quantità non superiore ad un qualunque testo cartaceo.
Come si giustifica allora l'interesse di oggi per gli ipertesti?


UN UNIVERSO DI INFORMAZIONI ACCESSIBILI E DISPONIBILI


A questo proposito sono necessari alcuni chiarimenti. Di per sé l'informatica rende solo piú facilmente accessibile un sapere che lo è già. Teoricamente è possibile consultare i documenti piú diversi all'interno delle istituzioni piú diverse (musei, centri studi, biblioteche, eccetera), ma spesso ciò non risulta né semplice né rapido. La comparsa dei moderni computer, dotati di capacità di memoria molto elevate, dei floppy-disk prima e dei CD-Rom poi (per rimanere ai supporti piú conosciuti), ha dato invece la possibilità di immagazzinare una grande quantità di informazioni all'interno di uno stesso «luogo», che può essere ­p; per cosí dire ­p; visitato da ognuno di noi in qualunque momento, senza necessità di spostarsi da casa o dal luogo di lavoro, e in tempi molto rapidi. Il diffondersi delle reti telematiche come Internet moltiplica a livello esponenziale le possibilità di accesso all'informazione. In realtà tutto ciò non risolve il problema fondamentale: quali sono le nostre reali capacità di «navigare» (per usare un termine ipertestuale) all'interno di questo universo? Quanto è possibile per noi tracciare o far emergere la rete di connessioni sottintesa ai documenti?
Un'informazione accessibile diventa per noi disponibile quando possiamo reperirla in tempi brevi per farla entrare in una rete di connessioni significative. In parole semplici, quando sappiamo cosa fare con ciò che abbiamo. In caso contrario, avere accesso alla grande quantità di dati contenuti in un CD-Rom può essere un'esperienza del tutto simile a quella di chi, entrando all'interno di una biblioteca o del Louvre, semplicemente transita tra i corridoi del sapere.
È dunque auspicabile:
· che innanzitutto siano disponibili informazioni strutturate secondo livelli diversi di complessità, compatibili con i livelli diversi di competenza dei destinatari, in modo che realmente si verifichi comunicazione e si acquisisca conoscenza;
· che, inoltre, il destinatario possieda gli strumenti concettuali e materiali per stabilire nuove relazioni tra le informazioni, producendo cosí conoscenza.
Gli ipertesti soddisfano queste necessità in modo eccellente. Se il nostro pensare non è altro che stabilire relazioni, capire che cosa sono gli ipertesti e lavorare con essi equivale sostanzialmente a riflettere sulle funzioni e sulle procedure del nostro pensare.
L'ipertesto è infatti un modo attraverso cui si oggettiva e si trasmette conoscenza, il piú vicino possibile a quelle che sono le dinamiche stesse della formazione della conoscenza. I sistemi ipertestuali rappresentano la piú realistica simulazione oggi disponibile dei processi cognitivi.


UNA RETE DI RELAZIONI


Con la parola ipertesto non sempre intendiamo però la stessa cosa: spesso il termine viene usato per identificare sia il prodotto ipertestuale (l'opera iper), cioè l'insieme di informazioni strutturate secondo modalità ipertestuali, sia il software che permette di strutturare l'informazione (creare l'opera iper).
Il prodotto ipertestuale contiene una determinata quantità di documenti ed ha talvolta caratteristiche multimediali (oltre ai testi può anche contenere immagini, animazioni e suoni). È inoltre dotato di una rete di relazioni (legami) tra i documenti. Il lettore può «navigare» attraverso la rete attivando con un click del mouse i legami segnalati dalle cosiddette àncore. Il numero dei legami può variare in relazione al numero dei documenti e alla complessità della struttura, ma in genere non può essere variato dal lettore. Il lettore può piuttosto stabilire le rotte di «navigazione» all'interno della rete, ma sempre seguendo quelle che sono le possibilità originarie fissate dall'autore al momento della creazione della struttura.
A proposito dei prodotti iper, si parla spesso di interattività come di un elemento distintivo, ma questa affermazione è sostanzialmente inesatta, in quanto, di per sé, l'utilizzo del computer è interattivo. Piú esattamente si può parlare dei differenti livelli di interattività che gli ipertesti permettono rispetto ad altri usi del computer, o di maggiore o minore interattività a proposito dei diversi prodotti iper.
In linea di principio i sistemi ipertestuali possono essere distinti in chiusi o aperti.
La differenza tra i due sistemi è determinata essenzialmente dal grado di interattività.


IPERTESTI CHIUSI E IPERTESTI APERTI:
UN DIFFERENTE GRADO DI INTERATTIVITÀ


Un ipertesto chiuso è «progettato e realizzato da esperti per presentare in maniera efficace un particolare contenuto ­p; un'enciclopedia, arte classica, una raccolta di leggi per la dichiarazione dei redditi, etc. - ed è quindi "bloccato" contro le modifiche apportate dagli utenti. Gli utenti sono liberi di attraversare la trama di documenti e legami a loro piacimento, ma non possono cambiare né i documenti originari, né il modo in cui sono stati organizzati. Al contrario, un sistema pienamente interattivo permette all'utente di scrivere, aggiungere o cancellare documenti, ed anche modificare i legami tra i documenti stessi. Nella pratica, la libertà di interazione degli utilizzatori dovrà essere limitata, cosí come è necessario che vi siano delle norme durante un seminario o una riunione di commissione. Ma è tuttavia utile tenere presente il passivo e l'interattivo come due poli: l'ipertesto quale aiuto alla presentazione di un argomento chiuso (fixed), l'ipertesto quale strumento che facilita l'esplorazione e la comunicazione all'interno di uno sconfinato campo di ricerca» (Paul Delany-George Landow, Hypermedia and Literary Studies).


MODULO AUTORE E MODULO UTENTE

Il livello di interattività di un sistema dipende strettamente dal software che viene utilizzato per creare l'opera iper.
Un software ipertestuale è composto da due moduli, uno cosiddetto autore (manager) ed uno cosiddetto lettore o utente (browser). Le funzioni dell'uno o dell'altro possono variare anche notevolmente a seconda del tipo di software. In linea generale possiamo dire che il primo consente all'autore di mettere insieme i documenti e di creare la struttura del prodotto iper, mentre il secondo è ciò che consente al lettore di visualizzare ciò che l'autore ha creato, e talvolta (ma molto raramente) di integrarne il lavoro.
Il differente grado di interattività è determinato in primo luogo dalla maggiore o minore disponibilità di strumenti ipertestuali consentita da un software e, sulla base di tale disponibilità, dalla maggiore o minore percentuale utilizzabile dal lettore tramite il browser. In secondo luogo, dalla facilità d'uso (sia per l'autore che per il lettore) di questi strumenti.


L'AUTORE

L'autore ha il massimo controllo sul proprio materiale ed è in possesso di tutti gli strumenti consentiti dal programma ipertestuale da lui utilizzato; quindi egli può aggiungere blocchi di informazione e connessioni strutturali teoricamente all'infinito.
Un autore gode perciò del piú alto grado di interattività possibile all'interno di un sistema, tanto che potremmo dire che per lui non esistono ipertesti chiusi. Qualora egli utilizzi un software ipertestuale a soli scopi personali, senza pensare ad una eventuale diffusione di ciò che produce, è anche il lettore (il solo) del proprio lavoro. Dunque per tale genere di autore la domanda «Che cosa potrà fare un lettore con la mia opera iper?» è sostanzialmente priva di senso, il che ridimensiona ­p; almeno in parte ­p; la questione della differenza tra sistemi ipertestuali aperti o chiusi. Sarà invece molto importante disporre di un software potente dal punto di vista funzionale e facile da usare.
Nel caso in cui un autore si proponga di distribuire il proprio lavoro per scopi ad esempio editoriali o didattici, la domanda «Che cosa potrà fare un lettore con la mia opera iper?» è invece molto rilevante. La risposta, apparentemente semplice e poco problematica, è nella sostanza questa: «Ciò che, nell'ambito delle possibilità del software, io permetterò che faccia».


IL LETTORE


Stabilire il grado di interattività di un sistema ipertestuale diventa dunque molto importante quando prendiamo in esame il punto di vista del lettore: se io, in quanto autore, intendo coinvolgerlo in modo da permettergli un controllo in linea di principio pari al mio, e non soltanto la possibilità di «navigare» attraverso una rete di legami, mi orienterò verso l'utilizzo di software ipertestuali capaci di generare prodotti aperti.
Nel caso contrario privilegerò software ipertestuali capaci di generare prodotti chiusi.
Quando abbiamo a che fare con i sistemi ipertestuali aperti il lettore non è semplicemente tale, ma ha la possibilità di diventare coautore, instaurando un rapporto di virtuale collaborazione (nella letteratura americana si parla non a caso di collaborative hypertext) con chi ha lavorato fino a quel momento al progetto. Poiché naturalmente i lettori di uno stesso ipertesto possono essere molti (e dunque molti i coautori), la figura dell'autore nella sua individualità perde la consueta evidenza, mentre passa in primo piano il concetto di opera in progress, tendenzialmente mai conclusa, aperta ai piú diversi contributi. In questo caso, chi si rivolge al software ipertestuale non può avere come obiettivo primario la realizzazione di un'opera iper, quanto il suo impiego come strumento d'uso al fine di organizzare informazioni e produrre conoscenza. Lavorare con gli ipertesti diventa il modo attraverso cui si esercitano le funzioni cognitive di chi li utilizza: ciò che davvero conta è l'aspetto operativo, indipendentemente dalla compiutezza del risultato e dalla piacevolezza grafica.


E' NECESSARIO PROGRAMMARE?


Di fondamentale importanza diventa dunque la possibilità di disporre della maggior parte delle funzioni ipertestuali a livello del modulo utente (browser) e la facilità di attivazione delle funzioni stesse. Data infatti la molteplicità degli autori, e dunque anche le loro competenze specifiche, non è ipotizzabile una specializzazione informatica che vada al di là di quella necessaria per l'utilizzo di un qualunque sistema di videoscrittura. A chi per esempio fa di mestiere l'insegnante e si avvicina all'informatica come strumento per la didattica, non si può chiedere di saper fare anche il programmatore.
Per favorire la familiarità con il software e per la prevalenza del valore funzionale/operativo su quello del prodotto finito, l'ambiente di lavoro (interfaccia) non può essere mutato: sia che si tratti di storia o filosofia, sia che si tratti di fisica nucleare, l'utente avrà a disposizione lo stesso numero di bottoni e menú.
Qualora si utilizzino invece software ipertestuali chiusi, è generalmente necessario conoscerne il linguaggio di programmazione. Pur trattandosi di linguaggi semplificati, spesso le conoscenze informatiche richieste vanno al di là di quelle che sono le competenze medie di un utilizzatore di computer. Inoltre, gli strumenti ipertestuali sono per la maggior parte localizzati nel modulo autore (manager) ed anche se l'autore può decidere di metterne alcuni a disposizione del lettore, non è possibile raggiungere quel livello di interattività che rende un ipertetesto realmente collaborativo. I prodotti iper di tipo chiuso sono il risultato del lavoro di uno, o di un gruppo, ma sempre con una notevole alfabetizzazione informatica. In questo caso è l'opera come prodotto finito che tende ad acquisire centralità, tanto che grande attenzione viene dedicata anche agli aspetti grafici. L'interfaccia può essere infatti realizzata sulla base delle esigenze specifiche del prodotto, e ciò, oltre a rendere molto piacevole la «navigazione», è di grande importanza qualora ci si rivolga al mercato editoriale. Naturalmente il risultato finale è condizionato dalla padronanza del linguaggio di programmazione: spesso, però, ottenere il massimo di ciò che è consentito da un software è possibile solo a chi fa dell'informatica la principale professione.


IN CONCLUSIONE: IPERTESTI CHIUSI O IPERTESTI APERTI?


Tra i numerosi programmi generatori di ipertesti chiusi i piú conosciuti sono Linkway in ambiente Dos, Toolbook in ambiente Windows e, in ambiente Macintosh, Hypercard.
Per quanto riguarda i software capaci di generare ipertesti aperti, si distinguono Hyperseries in ambiente Dos, Folio in ambiente Windows e Storyspace e Toolkit in ambiente Macintosh.
Tra i sostenitori degli ipertesti chiusi e quelli degli ipertesti aperti sorgono spesso discussioni anche molto accese, ma in genere prive di senso. Infatti, ogni tentativo di dimostrare la superiorità degli uni rispetto agli altri muove da posizioni preconcette e da una sostanziale incomprensione di alcuni elementi fondamentali: Per esempio, servirsi di un sistema aperto per creare un prodotto multimediale ad uso dei bambini della scuola elementare, può essere altrettanto sbagliato che usarne uno chiuso qualora il nostro obiettivo sia quello di effettuare ricerche testuali a livello universitario.
Questo ci conduce ad affermare che un sistema ipertestuale è migliore di un altro soltanto a posteriori: quando cioè soddisfa maggiormente i bisogni di colui che lo utilizza, raggiungendo quegli scopi che egli si è prefisso nel momento in cui ha deciso di utilizzare gli ipertesti.



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