Banca Dati "Nuovo Rinascimento"


LETTURE DEL SONETTO
I' ho già fatto un gozzo in questo stento
DI MICHELANGELO BUONARROTI


WALTER BINNI, Michelangelo scrittore, Torino, Giulio Einaudi Editore («Piccola Biblioteca Einaudi», 261), 1975, pp. 42-43.





[...] Ma tutto viene estremizzato e le varie vie di ricerca espressiva, legate a temi spesso di ardente e scoperta occasionalità autobiografica (e in un irraggiarsi più vasto della semplice tematica amorosa), già mettono a nudo l'eccezionale tensione drammatica storico-personale che Michelangelo immette nella poesia puntando in genere sulla concentrazione (donde le forme spesso metricamente non organizzate secondo schemi tradizionali), sul rilievo dei momenti essenziali, con un certo disprezzo per la compiutezza e finitezza convenzionale, per l'articolazione intera e le amplificazioni e le connessioni più elaborate.

Sia che egli tenda ad esprimere il piacere intenso e sensuale di un immaginario possesso amoroso trasferito nella identificazione con i particolari dell'abbigliamento di una donna desiderata (il noto sonetto 4 che ha pure parti faticose e quasi grezze, ma ben deciso e sicuro nell'espressione della tensione amorosa che anzi si avvale di una minore scorrevolezza, di un attrito del linguaggio con la realtà che vuole esprimere, sia che voglia dar voce al suo corruccio per la benevolenza sbagliata di Giulio II verso i nemici dell'artista (6), sia che si autoritragga nell'originale tono sarcastico-drammatico del sonetto sulla pittura della Sistina

   I' ho già fatto un gozzo in questo stento,
come fa l'acqua a' gatti in Lombardia
o ver d'altro paese che si sia
c'a forza 'l ventre appicca sotto 'l mento.   4
   La barba al cielo, e la memoria sento
in sullo scrigno, e 'l petto fo d'arpia,
e 'l pennel sopra 'l viso tuttavia
mel fa, gocciando, un ricco pavimento.        8
   E' lombi entrati mi son nella peccia,
e fo del cul per contrapeso groppa,
e ' passi senza gli occhi muovo invano.      11
   Dinanzi mi s'allunga la corteccia,
e per piegarsi adietro si ragroppa,
e tendomi com'arco soriano.                  14
             Però fallace e strano
surge il iudizio che la mente porta,
ché mal si tra' per cerbottana torta.        17
             La mia pittura morta
difendi orma', Giovanni, e 'l mio onore,
non sendo in loco bon, né io pittore.        20

dove la base della poesia quattrocentesca è superata dal maggiore sforzo creativo del risentimento (via ogni facile effetto di comicità) e dall'uso estremo delle immagini realistiche («e fo del cul per contrapeso groppa») in una via antiedonistica e antidescrittiva, violentemente espressiva.




immesso in rete il 20 dicembre 1995