Banca Dati "Nuovo Rinascimento"


LETTURE DEL SONETTO
I' ho già fatto un gozzo in questo stento
DI MICHELANGELO BUONARROTI


GIANFRANCO CONTINI, [recensione a] MICHELANGIOLO BUONARROTI, Rime, a cura di ENZO N GIRARDI, Bari, Laterza, 1960 («Scrittori d'Italia», n. 217), pp. 562, in «Lingua nostra», XXI, 2 (giugno 1960), p. 69





[...] 5 (sonetto caudato I' ho già fatto). V. 2 : come i precedenti lettori, e perfino l'ultima impressione della Crusca, il Girardi intende letteralmente quei gatti («I' ho già fatto un gozzo in questo stento, Come fa l'acqua a' gatti in Lombardia...»). Ne risulta un'affermazione stravagante; mentre il contesto fa senz'altro fiutare il valore gergale della parola, tanto più in quanto l'immagine è tuttora viva in tal sede (ho segnalato io stesso, nell'Italia Dialettale, VIII 203, da un gergo alpino, quello di Varzo nell'Ossola, gat 'indigeno' oppure 'padrone', insomma 'quello del sito', conforme a uno dei tanti significati di chat nell'argot, quello di 'secondino'). Per una verifica del sospetto è sufficiente il ricorso ai vocabolari della lingua, dove gatto 'contadino' compare con un esempio del Burchiello («si dice anche oggi [1731] per ischerzo» la 4a Crusca) e, per villan gatto, di Michelangelo il Giovane. Ciò è omogeneo alla tonalità complessiva del sonetto (non per nulla rinterzato), dove sono memoria 5 'capo' (Girardi) o piuttosto 'nuca' (come dichiara il Varchi, anch'egli presso i vocabolari, accanto ad esempi fra l'altro del Berni), scrigno 6 'gobba, baule', peccia 9 'pancia' (registrato in particolare di su Burchiello, Magnifico, Pulci, oltre al solito Bisnipote), corteccia 12 'pelle' (che risulta già da Santa Caterina): siamo nell'ambito linguistico burchiellesco-bernesco, uno dei poli della cultura di Michelangelo (l'altro, naturalmente, è il petrarchesco). Meno sicuro è che appartengano alla stessa zona di linguaggio barba 5, non da tutti inteso come 'mento'; arco soriano 14 (l'espressione, che compare neutra nell'esempio schedato del Pucci, oltre che metaforica nella locuzione «come l'arco soriano che trae agli amici ed ai nemici», e che risale molto addietro, come prova il famoso arcier(e) soriano del Cavalcanti, sonetti O tu che porti, v. 6, e O donna mia, v. 7, sembra divenuta di gusto bernesco, a giudicare da un altro passo di Michelangelo, nelle ottave Tu ha' 'l viso [20], vv. 13-4, «Le ciglia paion tinte alla padella E torte più c'un arco di Soria», che infatti è la deformazione burlesca d'un canone fissato ad esempio nel primo Roman de la Rose, v. 845, «Les sorciz bruns e enarchiez», e presso Chiaro Davanzati, canzone La gioia e l'alegranza, vv. 26-7, «E li cigli neretti E vòlti com'archetti», e nel Mare amoroso, v. 96, «I cigli bruni e sottili avolti in forma d'arco»); infine la litote non... bon 20, se può essere intesa al lume del fiorentino attuale poco bòno 'farabutto' e già di non... bene in Angiolieri, LII 10. - V. 4 («C'a forza 'l ventre appicca sotto 'l mento»): è tradotto «ché 'l ventre mi solleva a forza in modo ch'io lo sento quasi appiccato alla gola», ma appicca (o meglio, vedi sopra, apicca) ha per soggetto ch(e), pronome relativo (non congiunzione), cioè l'acqua. - V. 11, e': che di ET ILLI si tratti, non semplicemente di ILLI come in 9 (così intende il Girardi), prova il circostante polisindeto; occorre una congiunzione come in 10, come (uguale è la struttura della seconda terzina) in 13 e 14, anzi come (poiché affine è la struttura della stessa seconda quartina) entro 5, 6 e 7. Come distinguere graficamente le due forme? o sopprimendo la virgola innanzi a ET (ma allora sempre, e ciò può risultare oneroso) oppure adottando l'artificio ê' per ET ILLI. [...]




immesso in rete il 20 dicembre 1995