Lettera di Pietro Aretino a Giovanni de' Medici
da Reggio, maggio 1524

ASF: MAP.CXXII.106




 

 

[c. 106r]
 
Io sono a Reggio, Dio grazia; ed al corpo di Cristo che mi pare essere ne l'altro mondo e si conosce che non c'è più il signore Giovanni e se ci fossi la peste ci saría più allegrezza.
Scavalcai in casa di madonna Pavola per riverenza del vostro amore; e non crediate che quando giunsi trovassi quel volto di già, ma una malinconichissima cera di lei e della madre e di tutti, e tutti ammalati: le donne sciagurate, cioè le fantesche, e le patrone indiavolate; e ci stetti un dì e poi mi fuggi' in casa al Cavalierotto, che, s'un'altro dì fossi restato fra tanta accidia, era forza a entrare in qualche umore malinconico.
La poverina Pavola è dal conte Gaspare stata impregnata e 'mpegnata. Dico che 'l furfante l'ha disfatta, come si compie de' turchi e corsieri, e poi l'ha ingravidata; e per mia fé che, si quel primo dì che di lei v'innamorasti fossi stata come ella è adesso, non si metteva tante volte i basti a' muli, non si digiunava i doi giorni, non si rompeva le colonne con le smisurate lance, non si giostrava tanto, non si sospirava die ac nocte. E insomma ella m'ha fatto paura, tanto è magra, pallida, collerica, ritrosa e malvestita. La madre non vi dico: pare una satanassessa. Iesus! lo spedale è più lieto che la casa loro; e vi conforto, passando di qua, a fare la via lungo le mura, per non vedere dove avete indarno spesa la gioventute vostra. E si non che non voglio essere tenuto mala lingua, direi ch'elle tanto si ricordino di voi quanto voi vi sète ricordato de loro.
Io mi burlo. La meschina con quel corpo grande, ch'ella sempre sospirando me dice: - Che fa il Signore ora? Chi ama il Signore ora? Volm'egli bene? La [...] è più bella de me? - Ed io a' giuramenti, alle bugie, agli scongiuri; e così la trattengo ch'ella non s'ammazzi; e con questo conte Gaspari domani o l'altro sarà qui a fare del resto ed a Lodi ha giocato l'arme ed i cavalli ed anderà [c. 106v] sul carro come Sciarra Colonna, a laude e gloria di quel poltrone di Marte. Alleluia, alleluia, eccetera.
M'era scordato. Oh voi avete acquistato gran biasimo fra gli armorum ghelfi, perché sète stato causa che i Grigioni abbiano mangiato come uno carciofo romanesco Renzo da Ceri; e si stima che 'l papa non vi vorrà assolvere di sì gran peccato. Pur non dubitate, Dominus providebit. Le nuove di qua son miracolose. Madonna Cornelia ha tolto marito un milanese, il quale ha diecimila scudi d'entrata, tutte le volte che 'l Re possegga lo stato di Melano, ed è già 8 notti dormita col nuovo sposo, il quale ha sudato forte a mettergli la coda fra le gambe eccetera. Madonna Camilla è gravida. Al corpo di Cristo ch'ella lo giura a ognuno e si stima ch'ella farà qualche bucifalas; ed io gli ho tocco il ventre, né messer Francesco entri in gelosia, che l'ho fatto senza lussuria; ed ancora la buona donna mette i denti, così afferma ella, ed è molto strania la mia putta Camilla.
Quanto di buono ho trovato: la contessa dabbene e madonna Giroloma divina, che sempre pregono Dio per voi e vi si recomandeno. Così il Cavalierotto vostro per loro col core e co l'anima; così messer Aurelio, predicatore della gloria vostra, e Franceschino, innamorato più che mai della fama che di voi rimbomba per l'universa terra ed infernale. E tutta questa città vi adora.
Non altro. S'io avessi creduto fare piacere a madonna Pavola, adesso che ho occasione di scrivervi, gli aría dimandato s'ella da voi voleva niente; ma mi pare che sia stato più suo piacere a non fargnene intendere e credo che questa lor desperazione venga perché le cose di Mantova vanno di mala sorte.
[c. 106-bisr]
Messer Giannozzo è stato qui; Bernardo non l'ho visto e predica la bontà del papa, il quale - s'egli dice il vero - gli ha dato un 50 scudi ed un zaffiraccio da cardinale e doimila agnusdei; e dice che Clemente è santo e che gli ha perdonato tutti i suoi peccati ed ha menato un bel turco seco.
Al Contazzo mille volte, al Buschetto ottocento, a messer Bartolommeo doimila me recomando, ed al mio messer Francesco.

De Reggio, di maggio, un dì che non me ne ricordo, 1524.

De Vostra Signoria Invittissima

oblegato servitore l'Aretino

 
[c. 106-bisv]
[sovrascritta]

Al Magnanimo ed Invittissimo Signore Giovanni de' Medici ecc. ubi sit


 

 
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