Eleonora Pinzuti

 
 

 
 

nullus
nullius


 
 
 
 
 
 
 
 
  Prolegomeni
 
 

Questo non è un libretto di poesie, né potrà mai esserlo. Ce ne sono già troppi e anche molti scadenti. Ci si diverte spesso a fare ciò che non si sa fare, ma avvertivo il bisogno di dire cose in un lessico virtuale, etereo e vaporizzabile, che scompariranno nel momento in cui saranno obsolete o mi risulteranno noiose. È lo sfogo puro e semplice affidato alla penna o, se volete, alla tastiera. C'è di peggio e c'è di meglio: l'importante è che ci sia chi dice cose scomode.
Basta così per quel che riguarda questo verde su sfondo nero.
Un'ultima cosa: questi schizzi sono dedicati all'amico che vide i miei orrendi anni.
Nell'amicizia, come nell'amore, non si chiede né di essere ricambiati né di essere condivisi.
Per me lui è una persona che cerca di essere libera. Non è poco.


 
 
 
 
 
 
 
 
 

Al mio amico
D. R.




Non è il tuo volo
che vogliono:
vogliono le tue penne


Rainer Kunze







Scrivere... questo insensato esistere
Percuotere.













Si frantuma l'orologio
Sui sogni di una vita
E rivedo dei volti ormai adulti
Vissuti

Trapasso del tutto tranne della memoria,
Che resta vigile
Come in attesa













Silenzio! Cammino fra macerie di me

Il mio destino procede incredulo e solo
Perderò il tutto che si cela dietro l'inutile vita:

I traguardi
Sono sempre di carta.












Mi rotolo in un cellophane:
Quello delle scritte sul corpo,
Ribelle totemismo di segni.
Adesso capisco che morirò sola:
E non sarà quiete.











Stanca della rima         fonetico segno “indotto”
Mi riverso in fogne nere
Dove respiro il rancidume dei ricordi:
Risorgo bagnata di bava scura
E mentre mi detergo il volto mi sporco le mani











Vedo le vie di ciottoli si dice famosi. Strade di rumori inutili
Che domani mi aspettano uguali.

Non si fugge alla geometria dell'orrore.











Kafka sapeva quanto inutile vivere si cela dietro il genio
E infatti voleva essere cameriere.

Servire parole come coppe avvelenate.











Il passato è inaccessibile e invariabile.
Mi resteranno indelebili questi sfregi nell'anima.












Che vivo a fare
Per placare la coscienza
Per far credere ad altri che sono serviti...
Fino alla fine recitare una parte
Iscritta nel corpus iuris….
È una commedia scadente
Ma anche per sparire bisogna essere liberi.











(La scena si svolge a Firenze)


Vagano esseri a due gambe su piazze ingolfate di fiati
Colori a pois e sudori fumanti
La malabolgia è molto vicina.












Vetrine vetranti inneggiano ad una vita blasfema: la fine del mese, la spesa e il loculo mortuario.











Mi piace la morte: fa sentire potenti gli inermi
C'è sempre un'uscita all'insensatezza
Dove non comanda la morale, l'ordine o la consecutio temporis.


(Chi erano in realtà i latini?)











Non mi trovo bene.
Fra crisantemi appassiti e la sozzura di ognuno.
I morti andrebbero ignorati come tutto ciò che è vivo.












La morte…… Quel nulla libero da ogni legge.












Odio la legge. È la stupidità di chi non ha fantasia.













Nella mia vita ho amato solo una cosa: la letteratura.
E non so neppure se mi abbia mai ricambiato.











Non si cambia: ci si declina, come una fonetica zoppa
Inquinata dovunque: non resta che l'asterisco, la resa dell'induzione.











Ho portato così tante maschere che confondo le parti.
Non esistono eroi o miti
Solo esseri che se ne strafottevano dei nostri applausi.











27
Merdossissimi anni a cercare un posticino qualunque in questo vagone.
Ho provato con i “prego” “mi scusi“ ma mi annoio.
Vai a cacare. Sto in piedi.











Non mi adatto né mi allineo. Mi defilo dall'insensatezza dei sistemi.
Nessuno conosce la verità. Non esiste alcun metro di giudizio.
Mi libero dal mio cervello.

Non mi pacifico con nessuno. Non ne ho voglia.
Odio i semafori mentali: bisognerebbe poter accettare di non essere accettati,
Ma liberamente.












Diffido di chi è sintonico.
È come avere una nota sola o occludere un vulcano.











Mi dicevano: allineati… risolviti… dimenticati…
È normale… (doveva esserlo per me, ma loro si riservavano il diritto di non pensarlo):
A chi credere: a stolti che discutono Maupassant?
Lui mi somiglia: abbiamo tutt'e due le palle sbriciolate.











Uso il genitivo possessivo:
accade quando non si possiede niente.











Non sarò mai
Chi
Si aspettavano fossi: fuggirò da tutto ciò che lega.
“Politically correct”: non ho sentieri.

Solo boschi infangati da sozzure.











Adeguati… è un mago chi sfugge: o si muore o si vola via.
L'alternativa è una sola.












A quindici anni volevo scordare il dolore: troppo presto: lo spettacolo era appena iniziato.











La morte è l'unica sublime verità che ci resta. L'atto unico
che non si ripete.
Purchè di là non si facciano scherzi….











E mi reincarno
Finalmente sgombra di tutto
Vagare per neuroni di senso: ora so che non
Sarò mai
(chi vogliono “loro”).





Ma non so ch'io mi sia.