Eleonora Pinzuti
nullus Prolegomeni Questo non è un libretto di poesie, né potrà mai esserlo. Ce ne sono già troppi e anche molti scadenti. Ci si diverte spesso a fare ciò che non si sa fare, ma avvertivo il bisogno di dire cose in un lessico virtuale, etereo e vaporizzabile, che scompariranno nel momento in cui saranno obsolete o mi risulteranno noiose. È lo sfogo puro e semplice affidato alla penna o, se volete, alla tastiera. C'è di peggio e c'è di meglio: l'importante è che ci sia chi dice cose scomode. Al mio amico Scrivere... questo insensato esistere Percuotere. Si frantuma l'orologio Sui sogni di una vita E rivedo dei volti ormai adulti Vissuti Trapasso del tutto tranne della memoria, Che resta vigile Come in attesa Silenzio! Cammino fra macerie di me Il mio destino procede incredulo e solo Perderò il tutto che si cela dietro l'inutile vita: I traguardi Sono sempre di carta. Mi rotolo in un cellophane: Quello delle scritte sul corpo, Ribelle totemismo di segni. Adesso capisco che morirò sola: E non sarà quiete. Stanca della rima fonetico segno indotto Mi riverso in fogne nere Dove respiro il rancidume dei ricordi: Risorgo bagnata di bava scura E mentre mi detergo il volto mi sporco le mani Vedo le vie di ciottoli si dice famosi. Strade di rumori inutili Che domani mi aspettano uguali. Non si fugge alla geometria dell'orrore. Kafka sapeva quanto inutile vivere si cela dietro il genio E infatti voleva essere cameriere. Servire parole come coppe avvelenate. Il passato è inaccessibile e invariabile. Mi resteranno indelebili questi sfregi nell'anima. Che vivo a fare Per placare la coscienza Per far credere ad altri che sono serviti... Fino alla fine recitare una parte Iscritta nel corpus iuris . È una commedia scadente Ma anche per sparire bisogna essere liberi. Vagano esseri a due gambe su piazze ingolfate di fiati Colori a pois e sudori fumanti La malabolgia è molto vicina. Vetrine vetranti inneggiano ad una vita blasfema: la fine del mese, la spesa e il loculo mortuario. Mi piace la morte: fa sentire potenti gli inermi C'è sempre un'uscita all'insensatezza Dove non comanda la morale, l'ordine o la consecutio temporis. (Chi erano in realtà i latini?) Non mi trovo bene. Fra crisantemi appassiti e la sozzura di ognuno. I morti andrebbero ignorati come tutto ciò che è vivo. Nella mia vita ho amato solo una cosa: la letteratura. E non so neppure se mi abbia mai ricambiato. Non si cambia: ci si declina, come una fonetica zoppa Inquinata dovunque: non resta che l'asterisco, la resa dell'induzione. Ho portato così tante maschere che confondo le parti. Non esistono eroi o miti Solo esseri che se ne strafottevano dei nostri applausi. 27 Merdossissimi anni a cercare un posticino qualunque in questo vagone. Ho provato con i prego mi scusi ma mi annoio. Vai a cacare. Sto in piedi. Non mi adatto né mi allineo. Mi defilo dall'insensatezza dei sistemi. Nessuno conosce la verità. Non esiste alcun metro di giudizio. Mi libero dal mio cervello. Non mi pacifico con nessuno. Non ne ho voglia. Odio i semafori mentali: bisognerebbe poter accettare di non essere accettati, Ma liberamente. Diffido di chi è sintonico. È come avere una nota sola o occludere un vulcano. Mi dicevano: allineati risolviti dimenticati È normale (doveva esserlo per me, ma loro si riservavano il diritto di non pensarlo): A chi credere: a stolti che discutono Maupassant? Lui mi somiglia: abbiamo tutt'e due le palle sbriciolate. Uso il genitivo possessivo: accade quando non si possiede niente. Non sarò mai Chi Si aspettavano fossi: fuggirò da tutto ciò che lega. Politically correct: non ho sentieri. Solo boschi infangati da sozzure. Adeguati è un mago chi sfugge: o si muore o si vola via. L'alternativa è una sola. A quindici anni volevo scordare il dolore: troppo presto: lo spettacolo era appena iniziato. La morte è l'unica sublime verità che ci resta. L'atto unico che non si ripete. Purchè di là non si facciano scherzi . E mi reincarno Finalmente sgombra di tutto Vagare per neuroni di senso: ora so che non Sarò mai (chi vogliono loro). |