"Nuovo Rinascimento"

 

DANILO ROMEI

Glossa a P. ARETINO, Pas vobis, 309

 

Fra le devastazioni compiute dagli imperiali durante il sacco di Roma del 1527 fecero particolare impressione sui contemporanei la profanazione dei luoghi sacri e lo scempio delle sante reliquie. Il motivo non poteva mancare nell'orrido carnevale della Pas vobis, brigate di Pietro Aretino (vv. 286 sgg.), che chiude la sacrilega rassegna con questi versi:

Ma in Santo Santei,
     u' non entrava donne,
     stan le tedesche in gonne     concubine:
lì fotton senza fine
     l'imbriachi e gaglioffi [...]
          [vv. 307-311]

Così editavo nel 1986 [1] (e ripetevo nel 1987), [2] commentando:

307. in Santo Santei: la cappella Sancta Sanctorum in Laterano (alla quale si accede attualmente per la Scala Santa, edificata alla fine del Cinquecento) era reputata il luogo più sacro del mondo. 308. u' non entrava donne: l'accesso alla cappella era interdetto alle donne (u': 'dove'). 309. stan... concubine: nelle Sei giornate: "[...] e fino nei luoghi dove non entrano uomini, entrarono coloro: e per dispregio cacciarono le lor femine dove si scomunica ogni femina che vi va" (ed. cit., p. 222).

Al v. 309 avevo corretto in gonne il chonne del manoscritto,[3] che mi era sembrata una variante fonetica (tutt'altro che rara nel fiorentino dell'epoca) da imputare al copista piuttosto che all'autore.

Né seppe fare di meglio Antonio Marzo, che si limitò a mettere la g- fra parentesi angolari (<g>onne). [4]

Ripensandoci, propendo a credere che l'intervento sia una banalizzazione. Anche se chonne fosse una variante fonetica di gonne sarebbe probabilmente da conservare; ma è possibile che il lessema sia tutt'altro e cioè una volgarizzazione del latino cunnum (conno: 'fica', che compare anche in Sei giornate, ed. Aquilecchia, 177.27). A prescindere dagli imperativi filologici di "correggere il meno possibile" e di privilegiare la lectio difficilior, gioca a favore della seconda ipotesi la possibilità di far scaturire un senso meno scialbo di quello offerto da gonne (una zeppa dettata dalla rima). Infatti le profanatrici "concubine" altro non sono che le donne romane (cfr. i vv. 268-276 e 520-525) divenute "tedesche" per virtù del conno.

 

 

 

[1] D. ROMEI, "Pas vobis, brigate": una frottola ritrovata di Pietro Aretino, in «La Rassegna della letteratura italiana», XC, 3 (settembre-dicembre 1986), p. 446.

[2] Scritti di Pietro Aretino nel Codice Marciano It. XI 66 (=6730), a c. di D. Romei, Firenze, Franco Cesati Editore («Filologia e ordinatori», II), 1987, p. 166.

[3] La fonte è il cod. II VIII 28 della BNCF, unico testimone per questa sezione del testo.

[4] Pasquino e dintorni. Testi pasquineschi del Cinquecento, Roma, Salerno Editrice («Omikron», 35), 1990, p. 79.

 

immesso in rete il 24 dicembre 2004