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CARDUCCI 1868






GIOSUÈ CARDUCCI, Della poesia melica italiana e di alcuni poeti erotici del secolo XVIII [in origine prefazione a Poeti erotici del secolo XVIII a c. di G.C., Firenze, G. Barbèra, 1868; poi riprodotto in Il libro della prefazioni di G.C., Città di Castello, S. Lapi, 1888], infine in Melica e lirica del Settecento con altri studi di varia letteratura, Bologna, Nicola Zanichelli, MCMIX, pp. 7-8

   Del resto, come quel che v'era di buono nella poesia della Pleiade affogò tra il phoebus del | regno di Enrico IV e Luigi XIII, così tra le ampolle del seicento il fiore della poesia melica industriosamente coltivato dal Chiabrera. Chi può giovarsi di quelle scempiaggini sguaiate di concetti con tante fiorettature svolazzi trilli e gorgheggi di parole e di rime, che sono le canzonette dei secentisti? Chi legge oramai il Lemene, che pure è il classico del genere? Ma il dramma per musica, nel suo periodo ascendente, tenea vivo anzi esagerava quell'amore pe 'l ritmo melodico, che dievenne allora universale tra noi. Erano i tempi che un papa, Clemente XI [sic], faceva a suoi be' giorni di simili ariette:
 

   Vaghi fiori, già sparsi di gelo,
Fanno pompa di rara beltà;
E di perle cadute dal cielo
Ogni rosa conchiglia si fa.


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