Pagine di Maura Del Serra
Vari
La Del Serra [...] tesse una variegata, soave trama di immagini sensoriali che prendono forma intatta, docilmente riposando in calcolatissimi incastri architettonici e successioni musicali [...]. Ne deriva una poesia come atto segreto e profondo, oscuramente nobile e glorioso. Atto senza liturgie rappresentative [...] espresso in un tempo presente riscattato da qualsivoglia sistemazione nella storia e anche nella "storia personale" per meglio penetrare gli strazi e le ebrezze d'una soggettività agente [...] dentro le più intense risonanze dell'essere. In tal modo la poesia della Del Serra, impermeabile alle dialettiche programmatiche che fungono da supporto a molta dell'epigonale poesia di questi anni, può raccogliersi in sé quanto più s'espone, sperimentandosi, a una millimetrica gestualità espressiva, sempre sicura della propria misura o forza letteraria e senza cedimenti effusivi [...]. Nessuna istanza progettuale, né di forma né di contenuto, in questa poesia solitaria, se non la realizzazione di un finissimo trattamento poetologico, coniugante, col piacere, un opportuno "mestiere del testo".
STEFANO LANUZZA
Sulla poesia degli anni Ottanta
"Il Ponte", novembre-dicembre 1983
Maura Del Serra Fabbri
La solitaria ricerca lirica di Maura Del Serra - per necessità refrattaria al formalismo nihilistico delle avanguardie quanto alla coralità aggressiva dei vari gruppi neoterici contemporanei - persegue l'intemporale avventura della poesia come conoscenza, insieme vitale ed ontologica, sensibile e spirituale: una quotidiana "magia pratica" se si vuole, spontaneamente più consentanea all'antico ermetismo nella sua accezione di gnosi religiosa che alle novecentesche correnti letterarie note con questo medesimo epiteto ed eredi della disperata scommessa verbale mallarmeana; memore, se mai, della vertiginosa e umile consumazione di Rebora nell'ortodossia ecclesiale o delle bianche sintesi visionarie della Dickinson in una regola ritrovata. Tanto è unitaria la radice, il primum di tale esperienza, quanto molteplici le sue consonanze europee ed extraeuropee (rese tuttavia omogenee, al di sopra dei gironi storico-culturali, dallo stesso regime metaletterario e sincronico della parola-cosa quale traductio di una essenziale, multiforme epifania del divino nell'umano): la mistica medievale e barocca, da Jacopone a Eckardt a San Juan e George Herbert, l'amor Dei intellectualis fatto carne e opera in Simone Weil, o la lezione convergente delle varie tradizioni sapienziali, dall'eredità orfico-platonica e dai vangeli gnostici all'alchimia, al sufismo e al taoismo, accostate non per onnivoro sincretismo o libido dottrinaria ma per naturale "sete della fonte"; a tali elettive ascendenze può aggiungersi in parallelo la frequentazione della scultura romanica o della pittura di Piero, o l'amore per le lodi monodiche del canto gregoriano, per la passione convertita in preghiera da Monteverdi o dall'ultimo Mozart "iniziato" che contempla la fiaba vitale in dolente allegrezza, o la reverenza per i ciclici duomi bachiani. La poesia, dunque, è intesa da Maura Del Serra come prassi creativa secondo l'etimo, esercizio d'arte o artigianato verbale-conoscitivo, tentata aderenza al nucleo della divina creazione continua del mondo; ovvero come scienza sperimentale della soglia, del limes e delle scintille fra umano e sovrumano, mortale e metafisico; come bilancia, sezione aurea, croce degli opposti o pietra di paragone che dir si voglia fra anima e parola, errore e verità; potenziale - se non attuale e costante - paradigma di verità secondo l'insegnamento goethiano (ma già secondo la fede paolina nella spada della charitas come salto dall'immagine specchiata o golem alla vera forma e insieme come amorosa, perenne incarnazione della seconda nella prima).
In concreto, le tappe di questa sorta di lirica euristica sono state finora la scarna silloge d'esordio L'arco, dove le cifre analogiche di tale operazione conservavano una sorta d'ideale, cristallina e fin quasi astrattamente irta postulazione di emblemi, di premesse sintetiche dell'unità fra microcosmo e macrocosmo o della loro dolorosa scissione nell'esperienza dell'io; indi La gloria oscura, più complessa raccolta di svincolo, nella cui tripartizione la dialettica dell'umana circonferenza attorno al centro invisibile si arricchisce svariando in armoniche composite (la fondamentale esperienza della famiglia e della maternità come radicamento sostanziale, gli animati duetti-duelli fra civiltà e natura, elemento maschile e femminile, il recto e il verso del "vario fuoco", gli incanti dell'infanzia e il "tempo anfibio" della storia riflesso nel tempo interiore agonico e multanime); e, infine, le recentissime Concordanze parimenti tripartite e chiuse dalla sezione-epilogo Due miti (che propone appunto il recupero della dimensione mitica greca in chiave metamorfico-apollinea e, latu sensu, cristiana) segnano fin dal titolo un nuovo pegno e impegno - anche tecnicamente più incisivo - di fedeltà alla visione unitaria e di catarsi dagli errores della propria fragile condizione in "geometrie della pietà", ritrovate attraverso una profonda esperienza di morte e rinascita. I frutti di questa svolta vengono infine progressivamente assumendo nelle poesie inedite della costituenda quarta raccolta, un sapore di più schietta e cordialmente ironica vivacità vitale, che senza alterarne i colori asciutti e oggettivi concerta gli inediti risvolti "teatrali" e ludico-drammatici delle voci dell'esistenza, accolte con crescente, grata pienezza.
Poeti della Toscana
a cura di Alberto Frattini e Franco Marescalchi
Forlì, Forum Quinta Generazione, 1985
Ho conversato a lungo, un pomeriggio di qualche anno fa, con Maura Del Serra, e la mia conclamata percezione di un Dio assente e lontano poco poteva davanti alla sua lode e alla sua capacità di inginocchiarsi, quasi francescana, a tratti folgorata da una luce che si sentiva viva, vissuta nel corpo e nella parola. Questo mi colpisce anzitutto, della scrittrice [...] l'umiltà, la trasparente semplicità delle cose accolte come un dono, senza finzioni retoriche e concettuali [...] e mi sorprende, come l'oscuro si tramuti in chiarore, come l'apparenza ardua del costrutto linguistico ci offra il mistero con la stessa semplicità di chi spezza il pane. Mi meraviglia, appunto, come i grumi di catastrofe e di negatività per forza presenti in una autentica coscienza cristiana si distendano in gioia stellare [...] Anche il suo, come il mio, è forse il silenzio di Dio, ma da lei accolto come prova che conduce alla pienezza, ad una forma assoluta. Certo chi avrà la fortuna di leggere questo libro, vi incontrerà quei lumi di sventura che in pochi scrittori degni di questo nome gettano un colpo d'occhio sulla condizione dell'uomo in questo tempo di miseria: eppure il doloroso passaggio attraverso la precarietà e la labilità del mondo mira nella Del Serra a fissare l'eterno, e anche la silenziosa lontananza di Dio si capovolge in tenera ed amorosa prossimità.
ROBERTO CARIFI
"La Nazione", 3 luglio 1985
[...] Maura Del Serra rappresenta una delle voci più vive della nuova generazione poetica e si distingue sia per il rigore della sua esperienza sempre coerente e in continuo sviluppo, sia per la profondità dell'ispirazione che attinge alla dimensione religiosa [...].
CARLO LAPUCCI
"Toscana Oggi", 24 novembre 1985
L'ebraismo come tradizione
Forse non sono in molti a sapere che gran parte delle opere di Elie Wiesel, premio Nobel per la pace, sono comparse in italiano presso le edizioni Giuntina. Al numero 28 di Via Ricasoli una stella di David, luminosamente esposta sopra un'ampia vetrata, introduce a questa che è molto di più di una casa editrice. Daniel Vogelmann ha ereditato dal padre non solo un'azienda, uno stabilimento tipografico di notevoli tradizioni, bensì un'impresa culturale e umana che ha pochi precedenti. L'ebraismo è diventato, oggi, oggetto di interesse per molti e la cultrua ebraica, soprattutto quella di matrice mitteleuropea e primonovecentesca, è ormai patrimonio comune di intellettuali e studiosi. Ma Vogelmann ha anticipato e qualche volta ignorato, quando ce n'era bisogno, le mode, curando gli aspetti più autenticamente legati alle radici e alla storia dell'ebraismo. Nel catalogo della Giuntina troviamo libri sul chassidismo, sul sionismo, opere come la coscienza ebraica di Jankelewitch e testi legati a quella forma di impegno memoriale e testimoniale di cui ogni ebreo conosce la grande importanza: non dimenticare, consegnare alla storia e al tempo la memoria dell'olocausto, il destino di un popolo che ha conosciuto la radicalità del male e che ancora si interroga su di esso. [...] La Giuntina dà notevole spazio anche alla poesia. Vi troviamo le raccolte di Maura Del Serra, poetessa tra le più profonde e autentiche della lirica contemporanea. L'arco ('78), La gloria oscura ('83) e Concordanze ('85) sono tre libri che ci consegnano il percorso di un'esperienza poetica di solitaria altezza, caratterizzata da una tensione tragica capace di sollevarsi dall'esatta percezione del negativo a religiosa contemplazione. L'opera complessiva della Del Serra, dove convergono echi molteplici, dalla mistica di Eckart all'amata Simone Weil, dal frammento lirico reboriano all'eredità orfica di Campana e dell'ermetismo, è un esemplare processo di conoscenza votata all'eterno, condotta attraverso la via passionis dell'effimero e del mortale per ritrovare un cielo di assoluta pienezza.
Non si può tralasciare, infine, la perla che la Giuntina ci offre con le liriche di Else Lasker-Schüler con amore tradotte dalla stessa Del Serra. Ballate ebraiche e altre poesie è il titolo del volume che raccoglie una scelta di testi della poetessa dell'espressionismo tedesco, amica di Trakl e di Benn, voce fondamentale della cultura ebraica. Anche in questo caso Daniel Vogelmann ha visto giusto, colmando una falla che forse la miopia dei grandi editori avrebbe lasciato intatta. [...]
ROBERTO CARIFI "Paese sera", 25 gennaio 1987
Un "quotidiano e non chiassoso poiein" è davvero l'opera letteraria e la testimonianza umana di Maura Del Serra, una rara scommessa sulla parola e un costante dialogo contemplativo con aquello que excede, direbbe San Juan de la Cruz, ma che dalla sua oltranza traccia una misura, una distanza da dove e per dove l'amore divino totalmente si dispiega.
La Del Serra appartiene ad una genia di scrittori marchiati, a dispetto di tante contemporanee miserie da bottegai delle lettere, da un segno radicale, un fuoco indiscutibile che si accende e illumina, d'improvviso rischiara, 'fonda ed esprime il visibile'. [...] La poesia di Maura Del Serra ha molto in comune con la preghiera e la lode, il suo donarsi interamente alla parola che, a sua volta, nella carità si dona e per-dona; e va guardata senza violenza critica, lasciandovi intatto il luogo che vi occupa lo sguardo dell'Altro, va amata per l'amore a cui si dona e da cui è donata, deve essere vista perché qualcosa dell'Invisibile vi è custodito e vi imprime la sua traccia.
Come la grande scrittura mistica, anche questa dà una distanza, invia nella profondità dove è questione del volto dell'Altro, del suo ritratto e del suo ritiro. [...] Questa è certo l'epoca del Figlio, dunque di una distanza che segna il cammino del ritorno alla Dimora. L'opera della Del Serra è in questa via difficile dove si è chiamati, secondo le parole della sua cara, grandissima Simone Weil, ad "assumere il senso di essere in patria mentre si è in esilio".
ROBERTO CARIFI Da Maura Del Serra, in "Quinta Generazione"
luglio-agosto 1987
Strategie di Hermes nella poesia degli anni Ottanta
La via apofatica o negativa sulla quale Maura Del Serra colloca la tensione della propria parola condotta al limite tra poesia e metapoesia, si traduce, come scrive lei stessa, in un "dialogo unisono - la metafora massima, a un solo termine, il suono di una sola mano - liberato, nel rispetto della distanza, dall'umana passionale metafora della lusinga". (In limine alla traduz. di E. LASKER-SCHÜLER, Ballate ebraiche, Firenze, La Giuntina, 1985, p. 9). Da Concordanze a Meridiana l'unione del sensibile e dell'intellettuale diviene la congiunzione di due trasparenze, nella quale l'anima si affila ma non raggiunge mai effettivamente il proprio acme se non in un'avventura ulteriore e suprema, per cui "il seme del fuoco" non è né un lapsus né la luce dell'astro, ma il breve bagliore di un lapillo. Non si tratta del nulla ma del "quasi-nulla" nel quale si dà un mondo (Jankélévitch), e che comporta una cancellazione del soggetto resa possibile dal movimento di chiusura ed apertura rappresentato dalla metafora-cristallo; se da un lato, infatti, il cristallo separa il soggetto dall'intersoggettività, dal dialogo con l'altro uomo, dall'altro il poeta non può fare a meno di lucidarlo per proporlo come "porta del paradiso", come via alla redenzione. In questo senso scrive il filosofo francese: "Due trasparenze in sovrimpressione sono un unico Quasi-nulla, una stessa Quasi-inesistenza... Cristallo su cristallo" (La via negativa, trad. in "Aut-Aut", n. 219, p. 38). La metafora diviene allora lo spazio ulteriore del simbolo inteso come scarnificazione della parola, una chiarezza che si è lasciata alle spalle l'analogia tout court e l'allegoria per incarnarsi nelle geometrie segrete delle cose, intagliate come icone nel nulla e, al tempo stesso, sgretolate come scorie della luce.
PAOLO FABRIZIO JACUZZI
"Marka", 24, aprile-giugno 1988, p. 45
Omaggio a Maura Del Serra per i suoi quindici anni di scrittura
GIULIANO INNAMORATI, L' architettura della poesia, 27 Aprile 1988, Villa di Groppoli (Pistoia) (inedito)
[leggi il testo]
Maura Del Serra è intellettuale fra i più preparati e sensibili della sua generazione. Personalità come la sua, ricche di interessi e talenti, sono oggi rare nel panorama della cultura italiana, dove l'apparire e l'essere presenti ad oltranza, l'aggressività e lo scialo verbale sono spesso scambiati per valori. Ciò che invece colpisce in chi avvicina Maura Del Serra è il garbo signorile, che vela una malcelata timidezza, la misura del parlare e un'insolita mitezza dell'ascolto, che mi ha fatto subito tornare alla mente il sapore di incontri umani e intellettuali per me indimenticabili. Non è un caso che uno dei riferimenti, per umanità e per cultura, più fecondi di suggestioni e di proposte etiche sia stato anche per lei Vittorio Sereni, capace come pochi da un lato di perseguire un'austera ricerca interiore, dall'altro di nutrire un'attenzione partecipe per l'esperienza degli uomini e del suo tempo. Accanto e oltre Sereni ci sono l'opera e la personalità di Clemente Rebora, in cui la dimensione etica è accesa e trascesa da quella spirituale. "Lo specchio e il fuoco", appunto (tanto per citare uno dei volumi critici dell'A.), vale a dire la molteplicità dell'umano, del fenomenico, della contraddizione, che si congiunge con e nel "fuoco" della limpidezza contemplativa, della dantesca "profonda e chiara sussistenza". Proprio la tensione spirituale dell'opera di Clemente Rebora assume un significato esemplare per la poetessa Maura Del Serra, i cui versi esprimono una forte e oggi inusuale (ma la Del Serra è orgogliosa di essere "inattuale" [...]) carica religiosa, da intendere nel senso etimologico di ciò che unisce le varie dimensioni dell'essere e dell'esistere, senza tralasciare di fiorire in improvvise accensioni mistiche.
Ma la poesia e la cutltura di Maura Del Serra si alimentano anche di un ampio spettro di esperienze filosofiche, sapienziali, simbologiche, musicali o attinte dalle arti figurative, per non dire delle letterature straniere. Non bisogna infatti dimenticare la convergente attività di traduttrice, che ha condotto la Del Serra ad occuparsi di autori cronologicamente eterogenei, ma tematicamente affini: dall'elisabettiano George Herbert a Else Lasker-Schüler, da Suor Juana Inés de la Cruz a Simone Weil a Borges.
Coerente con tale larghezza di interessi è l'attività critica, che si articola in un percorso di indagine capace di spaziare da Jacopone da Todi a Foscolo, da Vico a Collodi, però con una netta propensione per l'area novecentesca e, in particolare per i vociani "moralisti". Senza peraltro omettere la complessità sperimentale di un Pascoli, che ha guidato l'A. a studiare di recente uno dei lettori pascoliani più agguerriti, Pasolini.
Così, potremmo dire che una costante del lavoro della Del Serra è proprio il suo interesse per autori e personalità artistiche contrassegnate da un fermento problematico, che tende spesso a diventare polemico, "eretico" nei confronti dei valori comuni. Ecco quindi, pure nel teatro, l'attenzione verso personaggi che si discostano - per intensa singolarità - dalle norme e dal conformismo istituzionale, per aderire invece a quella legge interiore, di dura elezione e conquista, che conduce spesso a perdere nella storia, ma certo a vincere nell'anima, secondo la nota espressione di Jahier - altro autore caro alla Del Serra.
Il suo dramma La fonte ardente è infatti la rivisitazione dei momenti, degli incontri di più bruciante significato nell'esperienza esistenziale di Simone Weil, ad illuminare quella tensione verso un'intima perfezione, fatta della ricerca del modo più autentico e pieno di compromissione di sé, di dono totale: una componente squisitamente propria dell'anima femminile. Un tema che si ritrova ne La Fenice, la cui protagonista, Suor Juana Inés de la Cruz, è segnata da un destino più tragico. In questo testo si può avvertire infatti un dissidio ancora più doloroso, dato dal contrasto tra vocazione interiore da un lato, ed interdizione ed oppressione sessuale e sociale dall'altro, e complicato dallo scontro culturale fra colonizzatori e colonizzati, nel Messico seicentesco. Da notare che si tratta di drammi in versi, come già nell'opera di Luzi; ma qui Maura Del Serra, alternandolo all'endecasillabo, recupera il martelliano - verso di una tradizione epico-drammatica ma anche flessibile alle esigenze di scansione e recitazione moderne.
In prosa invece, L'albero delle parole, la cui figura principale è ispirata in modo lato alla personalità di Don Milani. Anche in tal caso troviamo un personaggio teso, capace di spendersi in una esperienza pedagogica e spirituale completa che, per il peso che la contraddistingue, risulta alla fine inaccettabile ad una società che insegue, invece, la leggerezza del conformismo e di vite che non sperimentano se stesse. La Minima - qui pubblicata - è infine la trasposizione drammaturgica della figura di Madre Margherita Caiani, una popolana che, agli inizi del secolo, seppe reinventare la pietà in forme tanto umili quanto autentiche. Un'opera nata su commissione, che Maura Del Serra ha affrontato nel suo stile: "per scommessa", cioé per confrontarsi con l'esperienza proiettata oltre la storia, ma anche concretissima, della santità.
DANIELA MARCHESCHI
"Hystrio", n. 4, 1989
[...] Utopia e tradizione " i due assi cartesiani di una croce ideale al cui centro c'è la paorla poetica e l'espressione artistica in tutte le sue componenti" sono le due coordinate attraverso le quali Maura Del Serra ha tratteggiato una vera e propria ricognizione della poesia europea dallo Stil Novo ai nostri giorni. Utopia e tradizione appaiono nell'interpretazione della Del Serra i due principi non in antitesi ma "in interazione reciproca e feconda" nella produzione poetica: l'uno ad indicare "la componente aerea, luminosa, verticale, più individualmente creatrice", l'altro "la componente orizzontale e materica, il frame, la catena, la struttura [...]. La proposta della Del Serra è il ritorno ad una poesia che recuperi un rapporto profondo con la realtà, che torni ad essere una "parola-cosa". "La parola deve essere capace di portare luce alla realtà perché la realtà a sua volta porti luce alla parola". Come l'uomo a cui è negato il sogno impazzisce, ha concluso la Del Serra "allo stesso modo impazzisce la società che emargina, che impedisce ai suoi poeti di parlare."
MARIANGELA MARAVIGLIA
"Il Tirreno" (Pistoia / "Cultura e Spettacoli")
16 gennaio 1990
Dalla relazione di Parlar per segni - Otto poeti italiani contemporanei, La meridiana della poesia
Meridiana, ossia l'orologio solare basato sulla proiezione dell'ombra operata dallo gnomone, durante le varie ore del giorno, è la voce che dà il titolo all'ultima raccolta poetica di Maura Del Serra pubblicata nel 1987 a Firenze dalla Giuntina, casa a cui si deve pure l'edizione delle sillogi precedenti: L'arco (1978), La gloria oscura (1983) e Concordanze (1985). Tempo, luce accecante del sole, ombra; la meridiana è appunto un simbolo perfetto della vita umana - e la "vita nostra " non è altro "che il palmo della divina mano, dove tutto è scritto, e che non possiamo leggere perché ne siamo parte" - ma, allo stesso modo, della poesia: "per metà menzogna e per metà preghiera (ovvero metà lusinga e metà visione)", "illimitante, che contiene tutti gli illimitati", come l'autrice ha dichiarato rispettivamente nella sezione Senza verso di Meridiana e nella rivista "Verso", partecipando ad un'ampia riflessione sul tema di Poesia e tempo. L'aspirazione di Maura Del Serra è divenire "l'aria che nutre il volo, che tutto tocca e da nulla è toccata: aria, madre lucente dell'ala, sostanza sonora del mondo nutrita a sua volta dall'essenza solare", "trovare nella quotidiana dieta dei sentimenti e dell'intelletto, il punto di equilibrio, l'ago che forma la bilancia e permette a uno dei piatti di scattare verso l'alto", come possiamo leggere ancora in Meridiana. Queste citazioni mi paiono le più adatte per delineare sinteticamente, ma senza fraintendimenti, un mondo poetico nutrito di temi e motivi poco frequentati nella letteratura italiana odierna, e di una ricerca arricchita dagli scambi culturali fra l'attività drammaturgica, lo studio storico critico (sul versante universitario) e la traduzione (dall'inglese, il francese, il tedesco, lo spagnolo). Prima di tutto, bisogna sottolineare la forte tensione religiosa che anima tutta la poesia di Maura Del Serra, alimentata e attraversata anche da esperienze del sacro non cristiano, sempre nel segno dello spontaneo e semplice moto di una fede naturale. Si pensi, ad esempio, ad un'altra sezione di Meridiana - intitolata Le madri e dedicata "alla cara memoria di Carlo Betocchi", in merito ai testi della quale, (speranza, fede, carità ) giova riportare per intero la nota della poetessa: "Le madri, corrispondenti alle cristiane virtù cardinali (e, in ascendenza, alle idee platoniche, alle matrices alchemiche, alle madri goethiane) sono qui collocate, come intelligenze ed energie motrici della vita ad ogni suo livello, in ordine progressivo di accensione e di comunione col divino". Ora non è che l'autrice non avverta il peso dell'esistere, della negatività; tuttavia, come ha osservato a ragione Roberto Carifi (nella bandella di Meridiana), anche il suo "è forse il silenzio di Dio, ma da lei accolto come prova che conduce alla pienezza, ad una gioia assoluta". Un siffatto slancio dello spirito era ed è espresso nel simbolo, più orientale che nostro, dell'arco, ad intitolazione dell'omonima prima raccolta: in cui l'immagine viene ad agire come metafora di tensione interiore, esistenziale in genere, quale esplicita suggestione letteraria mutuata dalla Dickinson ("Existence's whole arc, filled up, / with one small diadem"), come arco della luce, del sole - esaltandone dunque la valenza allusiva di conoscenza, di tutto ciò che spezza le tenebre del male, di unione agognata con il divino, di potere della divinità stessa. Da qui derivava la tendenza a contrarre la scrittura, ricorrendo ad anacoluti, a giustapposizioni sintattiche e ad apposizioni svariate, rese più evidenti da una ridottissima punteggiatura, nel tentativo di comunicare al lettore delle vere e proprie epifanie, delle illuminazioni mistiche, come in Grazia: [...]; o in A una nuova vita: [...]. Il nome di Paul Celan non ricorrerebbe invano; Maura Del Serra lavora infatti nella direzione di una poesia di grande tensione etica e di pregnanza intellettuale, la "poesia pensante" di memoria hölderliniana, ma il suo sembra piuttosto l'Amor Dei Intellectualis d'ascendenze spinoziane. Perché la poesia della Del Serra è ricca non solo di riferimenti all'opera di Onofri, Rebora, Leopardi, Lasker-Schüler, Weil, etc. e, sul piano metrico-ritmico, anche a Ungaretti, Saba, Betocchi e via dicendo; ma anche di aspetti contenutistici e più genericamente formali che attingono alla cultura cinquecentesca e barocca. Basti ricordare in proposito il titolo così tipicamente ossimorico della seconda raccolta di versi La gloria oscura, testi di Meridiana come la mente [...]; oppure Punti cardinali.
[...] Potremmo parlare di concettismo, che corre talvolta il pericolo formale di un eccesso di oscurità (come accadeva in Grazia) o d'astrattezza, a cui pure possono portarlo l'aggettivazione spesso colta, il lessico prezioso, stilemi e forme della tradizione simbolistico-ermetica. Si pensi alla quasi costante anticipazione dell'aggettivo rispetto al sostantivo; a moduli grammaticali come "sagoma d'assenza", "cintura di mattino", "viso d'esilio" (in Concordanze), "prati di silenzio" (in Meridiana, dove, però, tale tipo sintagmatico diminuisce in proporzione all'evidente tentativo di congegnare un'argomentazione razionale più comunicativa); all'uso transitivo di verbi come sapere e parlare ("che sa il breve riposo", "parlando azzurro", colore luziano caratteristico, e non soltanto luziano, che compare in misura cospicua in Meridiana); le frequenti costruzioni con la preposizione semplice a, come nei casi "quieta incandescenza al cuore", "ma dure agli uomini, alle loro calde/catene", "uncina a finitezza" (sempre in Meridiana) etc. Da tutto questo scaturisce talora l'impressione di una sorta di "anacronismo di elezione" (come ha rilevato anche Mario Luzi nella prefazione alla silloge L'arco) che può però a volte tingersi di accenti ironici o, meglio semiseri: e allora, in una poesia che sembra programmaticamente optare per Ungaretti e la tradizione che egli rappresenta, si potrebbero scorgere dei toni pressoché alla Montale, che, peraltro, appare solo sporadicamente nel lavoro di Maura Del Serra. Eppure, quel suo ritorno a certe tipologie liriche in maniera quasi restaurativa - i cui richiami simbolici e la cui fluente musicalità sono il marchio di una perizia che si muove con agio dalle forme della canzonetta settecentesca al moderno verso lungo - è il crinale su cui procede una prassi poetica, che, in testi come ad esempio Il discrimine, il contrappasso (di Concordanze) o L'azzurro, Lo scarlatto, L'asceta, La mite etc., (in Meridiana), sa creare un'architettura intellettuale percorsa da un afflato sapienziale autentico e d'intonazione classica.
DANIELA MARCHESCHI
Pistoia, febbraio-marzo 1992 (inedito)
Maura Del Serra ha maturato la sua ricerca [...] su un'idea di poesia come conoscenza dei sensi e dello spirito, nutrendo le sue invenzioni liriche - da L'arco a La gloria oscura a Concordanze a Meridiana - su radici culturali che si diramano dall'eredità orfico-platonica alla tradizione vetero e neo-testamentaria, dai Vangeli gnostici alle tradizioni teosofiche orientali. A ragione, pertanto, Donato Valli, nell'introduzione a Meridiana, sottolinea in questa poesia le 'fonti di un'alta coscienza religiosa', intesa come scienza dell'umano e del divino attualizzati nell'evento della parola, di cui il poeta è insieme vittima e sacerdote, attore e mimo'. Un'esperienza, dunque, complessa, sinuosa, ardua, dove la poesia respira nel suo naturale mistero, in quella 'esmesuranza' che Maura richiama - dal 'suo' Jacopone - nel segno dell'oxymoron tra gaudio e sgomento, luce e abisso.
ALBERTO FRATTINI
(1992) (inedito)
Anche il teatro contro la guerra
Molte le occasioni interessanti offerte dal cartellone di "Voci umane sempre presenti", 23a edizione del festival teatrale di Sant'Arcangelo di Romagna, in programma dal 6 all'11 luglio. Qualche segnalazione: il Cristoforo Colombo che il boliviano Teatro de los Andes ha tratto dai polemici fumetti di Altan, e gli incontri con Gregorio Scalise, Maura Del Serra e Roberto Mussapi, fra i rari poeti italiani che praticano la scrittura teatrale. [...]
"Millelibri"
n° 66, luglio-agosto 1993
Nell'Atene dell'inizio del terzo secolo Avanti Cristo alle donne era vietato, pena la morte, di esercitare la medicina. Su questa notizia, tramandata da fonti medioevali la poetessa e saggista Maura Del Serra ha scritto un'opera teatrale di indubbio valore che i Rabdomenti hanno portato sulle scene del "Teatro Luciano Piano" alla vigilia del mese di marzo, mese notoriamente dedicato alla donna.
Agnodice, infatti, è la ribelle ragazza ateniese che spinta dalla passione per la medicina in abiti maschili si reca ad Alessandria, nota per l'insegnamento dell'arte medica.
Ritornata in patria viene però scoperta, processata e condannata a morte, ma viene liberata dalle ateniesi insorte contro quella legge ingiusta ed emarginante nei confronti delle donne. Agnodice ottiene la grazia e la facoltà di poter esercitare la professione medica anche in abbigliamento femminile.
Gli attori sono riusciti a interpretare nel migliore dei modi il testo di Maura Del Serra guidati dall'attenta regia di Maria Rosa Moneti.
"Emmeci"
"L'Incontro", marzo 1995
La poesia di Maura Del Serra
L'autrice - che insegna letteratura italiana nell'Università di Firenze ed è apprezzata per i suoi lavori critici su poeti italiani del Novecento, ma anche per opere di teatro e come traduttrice da varie lingue - ha iniziato con L'arco (1978) la sua esperienza poetica, innervata su profonde radici culturali, dall'eredità greca, orfico-platonica, alla tradizione vetero e neo testamentaria, senza escludere suggestioni teosofiche orientali. Nella sua lirica - come si verifica in questa silloge-bilancio [Corale] - può cogliersi all'inizio qualche incidenza dell'ermetismo fiorentino, ma il suo linguaggio si è poi sempre più arricchito e personalizzato su un'istanza di scavo e di autorivelazione in musicali figure ed emblemi dove tutto l'uomo è coinvolto, fra il dramma della storia e l'arcano dell'essere. Nell'introduzione a Meridiana (la terza raccolta del 1987), Donato Valli sottolineava in questa poesia le "fonti di un'alta coscienza religiosa, intesa come scienza dell'umano e del divino attualizzati nell'evento della parola, di cui il poeta è insieme vittima e sacerdote, attore e mimo". Nelle pagine premesse a Corale G. Barberi Squarotti indugia sulla caratterizzazione del linguaggio di questa straordinaria avventura poetica come "viaggio di conoscenza nell'essenza del mondo, della vita", dove "sublimità lirica e funzione conoscitiva e rivelativa della poesia coincidono". Molte liriche potrebbero citarsi a comprova dalle varie raccolte qui ricordate: per esempio, da Meridiana, Il sogno del poeta, "scherzo allo specchio", dove l'inflessione ironica, a contrasto con un'apodittica fermezza, coinvolge il senso di una tensione esistenziale totalizzante.
Uno status dell'essere che si fa trasparenza del segreto destino dell'uno in tutto, e che trova riscontro anche nelle "inedite": in Senza niente la parola-metafora è ancora testimonianza totale, ontica, nella sua transliminare concretezza.
ALBERTO FRATTINI
"Libri e riviste d'Italia", maggio/agosto 1995
Sfida le altitudini con ali d'aquila
La pessima circolazione della poesia, in un mercato librario già di per sé così asfittico da rasentare la paralisi, non mi ha consentito prima di conoscere e apprezzare la produzione poetica di Maura Del Serra, docente di letteratura italiana nella Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze. Saggista e traduttrice assai solerte e sensibile, nonché scrittrice di teatro, Maura Del Serra ha collezionato anche numerose sillogi poetiche accompagnate da ottimi studi sulla sua poesia a firma di Giorgio Barberi Squarotti, Donato Valli, Mario Luzi, Claudio Varese, Ferruccio Ulivi, Margherita Harwell, ecc. tutti illuminanti sulla natura e la portata della sua vocazione lirica che viene inquadrata nella grande tradizione orfica, anche se non si risolve solo in questa.
Da una raccolta all'altra (Concordanze, ed. Giuntina, Meridiana ed. Giuntina, Infinito presente ed. Giuntina, Sostanze ed. Confronto, Aforismi ed. Ocra Gialla) nell'arco di dieci anni questa donna ancora giovane dai capelli neri e gli occhi chiari, fiera e dolce a un tempo, è capace di esprimere in poesia un alto senso della misura cosmica dell'umanità, come se da sempre la sua ricerca poetica si sia sposata con la ricerca filosofica e sia approdata a una dimensione metafisica che la colloca con naturalezza ad una altitudine rarefatta da cui le è possibile guardare allo scorrere del tempo e dei fatti umani come da un traguardo già raggiunto di saggezza e di equilibrio in cui le passioni si stemperano, gli odi e gli amori della vita si placano, le cose umane trovano la loro giusta collocazione nella scala dell'essere, e quindi i contrasti si frantumano, apparentemente senza neppure lo scotto di sofferenza della creatura, e i gradini dal non essere all'essere diventano una agevole scala per attingere l'infinito di Dio da cui tutto promana e a cui tutto torna con logica sequenza imperturbabile.
A monte di tutto questo traluce una cultura solida e sudata di tradizione classica e contemporanea, di confronti fra culture tesi sempre a carpirne le segrete connessioni pur tra le differenze, una sintesi ad alto livello dei succhi più vitali dell'umana speculazione, soprattutto una capacità di coniugare le regioni dell'arte e della creatività con i principi filosofici puramente speculativi per approdare a una pienezza di sentire e pensare in sintonia col Principe dei Principi, col Dio Creatore a cui la creatura anela già prefigurandosi la sua collocazione eterna.
Da ciò si deduce la continuità di battito poetico che percorre le varie sillogi che, più che un percorso ascensionale, testimoniano come Maura Del Serra si sia decisa a pubblicare versi solo a traguardo raggiunto, in modo che fin dall'inizio la sua espressione poetica rappresentasse non un iter in progress, ma un unicum, un'offerta finita all'infinito che ciascuno di noi rappresenta nella visione del Tutto, una testimonianza non già di fede incondizionata, ma una certezza, filosoficamente intesa, del nostro destino di creatura nell'ambito della Creazione Universale.
La tensione emotiva e intellettiva dà al verso una scansione di classica compostezza che naturaliter cerca e trova la forma più giusta, solenne, ampia, sublime, senza mai tracimare in retorica, conservando il battito profondo.
Una poesia di sfolgorante bellezza. Una donna, una vestale dell'arte poetica, assolutamente da conoscere, specie in tempi aridi e confusi come questi che stiamo vivendo: per imparare a non disperare, a guardare oltre e alto.
MARIA MARCONE
in "Puglia" e in "Lucania", 13 settembre 1995
Commento di Milvia Maria Cappellini ai testi Alle stagioni e Mimesi di Maura Del Serra, ne Lo spazio del testo a cura di A. Fattori, F. Roncoroni, M. Sboarina, Arnoldo Mondadori Scuola, 1995, pp. 1326/27 - 1329/30
Alle stagioni da Meridiana, 1987
L'inarrestabile e inavvertibile fluire del tempo. La superiore armonia che regola l'universo. La ciclicità degli eventi nel perenne mutare delle cose e degli uomini. La natura come garante e depositaria della vita. I temi della lirica che segue sono quelli di sempre. La tecnica espressiva, invece è nuova e suggestiva: sia per la scelta di visualizzazione, attraverso alcune analogie, (i concetti espressi nelle figure-simbolo delle stagioni) sia per l'originalità delle soluzioni espressive. Così, nella lirica, attraverso un linguaggio denso e allusivo, le stagioni, con il loro avvicendarsi, i loro colori e la loro funzione, diventano l'immagine stessa del gioioso ritmo vitale dell'universo.
Metro: versi liberi, per lo più endecasillabi.
Lo spettacolo della natura è una trama stupefacente di manifestazioni e fenomeni il cui linguaggio e il cui significato la poesia cerca da sempre di intendere e di esprimere. Nella lirica di Maura Del Serra, le stagioni sono l'immagine sensibile del ritmo universale. Esse sono le sintesi tra il mutare incessante delle cose - l'eterna vicenda di nascita, trasformazione e morte - e l'eternità perfetta dell'ordine universale; esse permettono ai nostri sensi parziali e al nostro intelletto limitato di percepire il tempo, quindi l'eternità, e di intuire le profonde analogie tra le cose: perfino le manifestazioni della storia dell'uomo, che pure appaiono così effimere, acquistano un senso dal fatto che sono da esse rispecchiate.
Dal punto di vista stilistico-espressivo, la lirica si caratterizza per la ricchezza di simboli e di immagini che contiene e per l'ampio respiro sintattico della sua trama concettuale: è, infatti, costituita da un unico periodo che, sviluppandosi in forma di apostrofe alle stagioni, si articola in una serie di definizioni che si susseguono e si intrecciano, evidenziate e connesse dall'uso attento della punteggiatura. Il linguaggio è essenziale e rarefatto, adatto all'espressione di idee nette e di immagini intensamente liriche. Il ritmo è agile e mosso, dilatato di continuo dagli enjambements, e dal frequente ampliamento dell'endecasillabo di base in versi più lunghi.
Mimesi da Infinito presente, 1992
La poesia contemporanea, senza inibizioni di sorta, affronta in termini problematici anche il sempre complesso nodo dei rapporti fra l'uomo e Dio, il tema senza fondo della fede.
Si veda come, nella lirica che segue, Maura Del Serra rappresenta, in immagini di folgorante intensità che danno voce a una vicenda comune a molti, la sua drammatica ma appagante esperienza religiosa.
Metro: versi liberi costituiti da endecasillabi inframmezzati da settenari e da versi di quattordici sillabe.
L'uomo, che è fatto a immagine di Dio, su Dio si modella. Quando Dio fugge da lui anch'egli fugge da Dio; quando Dio torna da lui, anch'egli torna da Dio. E l'uomo che Dio torna a visitare o che torna a Dio - dopo una dialettica anche aspra e drammatica di rifiuti e dimenticanze - ritrova, affidandosi fiduciosamente alla vita, quella corrispondenza tra forma divina e forma delle cose che è alla base della creazione e dell'universo: soprattutto, scopre nell'infinita multiformità della vita la trasparenza che permette di intravedere il disegno divino. Compito del poeta a questo punto diventa quello di testimoniare - con la parola - la forma perfetta e infinita di Dio che si manifesta attraverso la molteplicità delle forme del creato: Maura Del Serra, infatti, conclude la lirica affermando la sua volontà di "narrare" le infinite forme di Dio.
Dal punto di vista stilistico ed espressivo, la lirica è caratterizzata da una struttura sintattica compatta che chiude nel giro di un unico periodo ritmato dalle anafore, dai parallelismi e dalle antitesi concettuali l'intero discorso - confessione-professione di fede della poetessa. La lingua è ricca di immagini ardite ("mi feci grotta"; "mi acuminai in disdegno"; "mi sciolsi in oblio" ecc.), di grande effetto emotivo. Il ritmo musicale, affidato all'alternanza di versi brevi e lunghi e a una serie di assonanze, è serrato e incalzante nella prima parte della lirica, più pacato e disteso nella seconda parte.
[...] Accanto a Luzi la personalità più interessante del "teatro di poesia" è Maura Del Serra. La sua drammaturgìa nasce da un sentimento lirico dell'esistenza, ma, poi, riesce a trovare una chiave teatrale solida e rigorosa.
GIOVANNI ANTONUCCI,
Storia del teatro italiano del Novecento
Roma, Studium, 1996
El certamen reúne hoy en el Palau de la Musica la voz de 13 autores
[...] la italiana Maura Del Serra representa a la poetisa de raza y métrica tradicional, que considera la poesia como "la traducción de lo invisible a lo visible" [...]
"El Periódico de Catalunya"
Barcelona, 15 maggio 1997
Barcelona durante unas horas la capital internacional de la poesía / El certamen llega a la decimotercera edición consolidando su éxito
[...] a Maura Del Serra le interesa unir el alma con la historia; [...] Tal y como expresa Maura Del Serra, la poesía puede convertirse en lengua y monedas común. [...]
"El Mundo"
Barcelona, 15 maggio 1997
Concert de poesia / Tretze poetes reciten els seus versos al Palau de la Música
[...] Maura Del Serra: Italiana. Va dir que conreava una poesia que bevia de la tradició clássica i del simbolisme francés. "La poesia és una traducción de l'invisible", va afegir aquesta escriptora i traductora que va debutar amb el llibre L'arco (1978). [...]
"Avui"
Barcelona, 15 maggio 1997
El Festival de Poesia mezcló en el Palau estilos y voces de tres continentes
[...] la italiana Maura Del Serra, que puso bellas imágenes al servicio de temas come el destino, la humildad o el despertar interior.[...]
ROSA MARIA PIÑOL
"La Vanguardia"
Barcelona, 17 maggio 1997
XIIIe Festival Internacional de Poesia de Barcelona
El dia 15 de maig es va celebrar el XIIIè Festival Internacional de Poesia de Barcelona al Palau de la Música Catalana. Va esdevenir l´acte de cloenda del cicle Set dies de poesia a la ciutat.
Aquest any hi figuraven tretze poetes; es volia que hi participés el mateix nombre de persones que el número de l´edició de l´acte. Per primera vegada s´hi presentaven tres llengües noves: el bengalí, el persa i el polonès.
Els poetes eren: Lokenath Bhattacharya (bengalí), Enric Casassas (català), Maura Del Serra (italiana), Bernard Heidsieck (francès), Diego Jesús Jiménez (castellà), José Jiménez Lozano (castellà), Bernard Mauciet (occità), Biel Mesquida (català), Manuel Rivas (gallec), Yadollah Royaï (persa), J. N. Santaeulàlia (català), Zoé Valdés (cubana), Adam Zagajewski (polonès).
En el marc d´un escenari primaveral va obrir l´acte el poeta i novel·lista Biel Mesquida, que va aconseguir una gran acollida sobretot amb el poema Mirall de miratges fet.
MIRALL DE MIRATGES FET
volen els seus dits de sal
Filar i desfilar trames
d´un espill brodat de pell.
Esfilagarsar imatges
estimades sense amor, temps
caçat per les juntes del vers
més trencadís, més fet.
Qui no sap l´endevinalla?
Morir-se i després saber.
(Notes de temps i viceversa, Manacor, 1981)
El poeta i novel·lista gallec Manuel Rivas va transmetre un gran entusiasme al Festival amb els seus poemes i, fins i tot, va crear expectació en el moment en què va començar a cantar alguns versos del poema Alivanta Rock´n roll, poema que tant pel contingut com per la forma denotava innovació.
ALIVANTA ROCK´N ROLL
Això no,
això no és rock´n roll.
É unha cousiña branca.
Alivanta rock´n roll.
Alivanta rock´n roll.
En el medio de la mare
hai unha cousiña branca.
Això no,
això no és rock´n roll.
É unha cousiña branca.
Què serà?
Què no serà?
É o mar que se alivanta.
Alivanta rock´n roll.
Alivanta rock´n roll.
Ai nena, t´estimo perquè no!
Traducció del gallec d´Àlex Susanna
Potser una de les característiques del Festival va ser la diversitat de tons que es va poder escoltar. Així contrastava la interpretació del poeta anterior amb la de la poeta, dramaturga, traductora i crítica literària Maura Del Serra, en la qual es van poder sentir la sobrietat i el refinament de la seva recitació.
He escollit el poema "Sense res" de Maura Del Serra, poeta que concep la poesia com la traducció de l´invisible al visible.
SENSE RES
Matar la mort amb la mort,
com l´arbre fet
estrelles i pàgina blanca als pensaments,
nau i bol i icona i porta i fusta de creu;
matar la veu
de la il·lusió - la pantalla potent
i vàcua del present - amb l´autèntic present
que és alta llum del cor, i no consola i no ment;
viure sense res
en la gota que és tota la font.
Traducció de l´italià d´Àlex Susanna
El poeta francès Bernard Heidsieck ens va sorprendre amb la interpretació de "Lletra "K"", ja que va recitar aquest poema amb l´acompanyament d´una cinta enregistrada a través de la qual es podien escoltar fragments del poema i sons diversos com cops sords sobre una porta.
També vam poder escoltar poesia polonesa, darrerament guardonada amb el Premi Nobel de Literatura. Vam comptar amb la presència d´Adam Zagajewski, un dels poetes polonesos actuals de més projecció internacional. Entre els guardons que ha rebut, figuren el Premi Kurt Tucholsky del Pen Club Suec, el Premi Jurzykowski de Nova York, el Premi Jean Malrien francès i el Premi Internacional Eslovè Vilenica.
Segons Adam Zagajewski la poesia polonesa és una poesia molt oberta, que sent el neguit permanent de poder accedir a un gran públic i que s´esforça per trobar respostes a qüestions essencials. Un dels poemes recitats va ser "Ruïnes", en què va podem sentir la força de l´expressivitat del poema.
RUÏNES
Fins una capsa aixafada de cerilles,
que a l´alba resta
sobre la platja freda de l´asfalt,
és viva.
La llum de l´aurora,
que ja ho ha vist tot,
tendra i mandrosa, n´acarona
les parets i les voltes.
Heus aquí les ruïnes
d´una catedral gòtica,
el riure
i la destrucció.
Traducció del polonès de Josep M. de Segarra
Una vegada més, mentre mirava el Palau de la Música Catalana tot ple, pensava com podia ser que la poesia fos "la germana pobra" de la literatura o, si més no, per què s´entesten a fer-nos-ho entendre d´aquesta manera si les localitats estaven exhaurides i si hi ha persones que encapçalen algun esdeveniment, que senten important, amb algun vers perquè saben o intueixen que la poesia té una profunda força.
Segurament el Palau era ple perquè sabíem que escoltaríem el poder de la paraula.
VICTÓRIA FERRANDO
Barcelona, maig 1997
Armonie di sera fra antiche mura Torna "Musica nei Cortili" Armonie di sera fra antiche mura
Milano - Una sera d'estate, all'aperto, avvolti da antiche mura. Strana sensazione, sembra d'essere a mille miglia dalla metropoli e, insieme, nel cuore della sua e della nostra storia. L'emozione si ripete. Ritorna "Musica nei Cortili", la rassegna di concerti en plein air nuovamente organizzata dal Comune, dopo tre anni di sospensione. La formula è semplice e felice, abbinare un melodioso divertissement alle bellezze architettoniche che Milano, con tipico "pudore", spesso nasconde. Gli spazi sono due, il piccolo cortile di Casa Manzoni, in via Morone, e il chiostro di San Simpliciano. L'esordio del ciclo, martedì 1° luglio, è segnato appunto fra le colonne quattrocentesche del chiostro annesso alla Basilica del Carroccio e un tempo affrescato dal Bergognone (piazza Paolo VI, ore 21, biglietti 20 / 15 mila, prevendite al Centro Servizi del Comune in Galleria, tel. 62.08.33.93). Sarà una full immersion barocca, col complesso "Il Giardino armonico" impegnato in una Sinfonia di Vivaldi e in quattro Concerti grossi di Corelli e di Haendel. Tre appuntamenti nella Casa del Manzoni accostano poi la musica alla poesia. Guido Oldani, Maura Del Serra e Maurizio Cucchi leggono i loro versi sullo sfondo di varie e frizzanti armonie: Joplin, Piazzolla e Gershwin con un quartetto di sassofoni (3 luglio); pagine di Vivaldi, Hotteterre e Couperin per flauto e clavicembalo, ispirate al canto e al volo degli uccelli (il 15); suggestioni post-moderne col duo Mortara-Prandina, pianoforte e arpa (il 24). In San Simpliciano si torna l'11 luglio con Le mystère des voix bulgares, il coro femminile della Radio di Sofia, specializzato nel fascinoso canto gutturale e "microtonale" del folclore balcanico; e il 22 luglio, quando il sax di Jan Garbarek intreccerà le sue variazioni di rarefatto spirito jazzistico alle remote polifonie medioevali intonate dallo "Hilliard Ensemble". Oltre a "Musica nei cortili", lo anticipiamo, l'estate del Comune dovrebbe proporre alcune serate con l'Orchestra Verdi (tre appuntamenti sinfonici al Lirico, dal 18 luglio; otto da camera, nel Cortile della Seta, sede della Banca Commercio & Industria, in via Moscova) e la solita serie di concerti in notturna (ore 22), protagonisti il piano e l'organo, a Villa Simonetta.
Gian Mario Benzing
"Corriere della Sera"
28 giugno 1997
Una regina in catene
L'ultimo numero di "Horisont" contiene fra l'altro quattro brevi poesie dell'autrice italiana Maura Del Serra. È la prima volta che la sua lirica è tradotta in svedese. Della amabile versione risponde Vibeke Emond che ha tradotto anche la pièce della Del Serra Nijnskij [Lo Spettro della Rosa], che fu messa in scena al Lilla Theater di Lund durante la settimana della cultura italiana del settembre scorso.
Maura Del Serra appartiene alla generazione "più giovane" degli autori italiani (è nata nel 1948) che è meno nota da noi. In patria è reputata fra gli eminenti. È anche docente di Letteratura Italiana Moderna all'Università di Firenze e ha tradotto una lunga serie di romanzi, pièces e poesia da diverse lingue: fra cui opere di Shakespeare, Proust, Woolf. Ecco una delle poesie di "Horisont".[...]
KARIN NIHLÉN
"Arbetet", Stoccolma, 6 settembre 1997
(trad. dallo svedese di Daniela Marcheschi)
"L'intensa capacità di lode, la gloria che oscuramente disegna una via di salvezza nell'intreccio dolente del mondo e della storia" … È Roberto Carifi, recensendo L'età che non dà ombra (1997), a fare il punto sull'alto lirismo sapienziale di Maura Del Serra (Pistoia 1948), un'autrice importante, nel panorama della nuova poesia, anche studiosa e traduttrice di prim'ordine (ricordiamo i suoi lavori su Campana, Rebora, Pascoli, Ungaretti, Jahier) e le sue versioni dalla Else Lasker-Schüler, dalla Woolf, da Simone Weil, Juana Inés de la Cruz, etc.; e le raccolte La gloria oscura, 1983; Concordanze, 1985; Meridiana, 1987; Infinito presente, 1992). "Più che altrove", scrive Carifi, "Maura Del Serra attraversa le dolorose stazioni dell'età nichilista, di questa epoca perduta 'nel fondiglio del non senso', in 'giorni di creature divise', di 'arroganti rovine'; interroga la 'barbarie ricorsa', la 'guerra dei dogmi senza fede', scommette sulla responsabilità della poesia, sulle sue istanze etiche, sulla vocazione a cercare 'in nuova lingua/verde l'antico giardino dei nomi'. In realtà "il personaggio che sostiene con la sua presenza gran parte dei componimenti del libro" - e qui Giorgio Barberi Squarotti si riferisce a Corale, una bella antologia del '94 - "è una figura d'allegoria: la natura che conserva in sé le radici della vita, il compendio e il deposito delle radici delle cose, la 'messaggera' non celeste, ma terrena che porta notizie assolute sull'essenza del cosmo in quanto opera della creazione divina". E a questa sacra istanza, divina, creaturata essenza della Natura, si rivolge e si conforma tutta la poesia della Del Serra.
"'Natura come corpo'," - conferma Anna Dolfi in un commosso saggio intitolato e dedito a tale Ombra in luce - "terra, materia, nero (opacità si direbbe in perpetua ricerca della sua forma occultata, presente dolorosamente ferito, dalla collettiva e individuale perdita dell'originaria unità con il Tutto e il Divino); Anima come bianco (sublimazione, intangibilità, trasparenza), acqua e aria insieme (inconsistenza di una forma formante che tende, da vicino, al suo principio), luogo dove agire le mani (che carezzano, sfiorano, dando e ricevendo forma); Spirito come fuoco, spazio/tempo combusti in una rubedo che attraverso la fiamma (medium possibile tra Anima e Spirito) si riconduce al bianco, alla totalità della luce e alla sua impossibilità (ombra come luogo di alonatura, ai margini dell'ossimoro permanente: così la stessa gloria oscura)".
PLINIO PERILLI
in Melodie della terra. Novecento e Natura
Milano, Crocetti, 1997
Consanguineità di terre e di cieli
[...] E campaniane sono le febbri che con diversa intensità marchiano di un inconfondibile tremore le pagine di altri pistoiesi, come Maura Del Serra che di Campana è tra l'altro una delle maggiori studiose non solo in Italia. E per quanto in Maura Del Serra prevalga la lieve e generosa prossimità della Grazia che inginocchia il dissidio tragico nella lode e nell'Alleanza, a Campana rimandano certe vertiginose accensioni che aprono nel suo canto improvvisi lampi di dolore. [...]
ROBERTO CARIFI
"Il Tremisse pistoiese", 65/6, 1/2
gennaio-agosto 1998
La poesia di Del Serra
Aprirà con un incontro con Maura Del Serra, lunedì 23 novembre (ore 17,30) al Museo Marini, nel palazzo del Tau, il ciclo di appuntamenti con la poesia organizzato dal comune di Pistoia, dal Centro e Fondazione "Marino Marini" con la collaborazione dell'Associazione "Via del Vento". L'incontro sarà introdotto dal critico Monica farnetti, mentre l'attrice Cinzia Cedola leggerà testi della poetessa pistoiese.
Musiche per violoncello saranno proposte da Lilith Fiorillo e Carolina Calamai.
Poetessa e drammaturga, Maura Del Serra, docente di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea nell'Università di Firenze, è autrice di importanti traduzioni e studi di critica letteraria.
L'incontro di Pistoia precede una serie di appuntamenti che vedono protagonista l'autrice pistoiese. A Vicenza parteciperà a "Vivere la poesia" mentre a Padova, nel corso di una giornata internazionale di studi dedicata alla "Poesia e il sacro", riceverà il premio Camposampiero assegnatole per l'insieme della sua opera poetica. Infine altri appuntamenti in Austria, Francia e in Grecia.
"La Nazione" / Giorno e Notte
venerdì 20 novembre 1998
Successi italiani all'estero 1997
[...] In maggio, Barcellona è stata la capitale mondiale della poesia con un calendario ricco di diverse iniziative, conclusasi con il momento culminante del 13° Festival internazionale di Poesia, che ha avuto luogo al Palau de la Musica Catalana gremito da 1800 spettatori che hanno ascoltato e applaudito le letture di 13 poeti di diversi Paesi e lingue del mondo. La poesia italiana è stata rappresentata da Maura Del Serra che ha letto testi tratti dalle sue raccolte Corale e L'età che non dà ombra, tradotti in catalano dal poeta Alex Susanna. La poetessa italiana, insieme al polacco Adam Zagajewski, è stata poi invitata ad una lettura straordinaria dei suoi testi nella Biblioteca Centrale di Santa Columna de Gramenet, dove ha dialogato con il pubblico, tracciando, fra l'altro, un panorama della situazione della poesia in Italia.
Parliamo ancora di poesia con un convegno dedicato al poeta Dino Campana organizzato dall'University College of London, nell'ambito del Progetto sviluppato dalle Università di Berlino, Siena e Londra, con il sostegno della Comunità Europea e dedicato al poeta di Marradi.
Dopo l'introduzione di Emmanuela Tandello dell'U.C.L., hanno fatto seguito le relazioni di Gabriel Cacho Millet, che ha parlato degli intrecci fra biografia ed opera nella figura di Campana; la relazione di Maura Del Serra, dal titolo Dioniso e Faust: il viaggio "tragico e morale" nei 'Canti orfici' e l'intervento di Silvio Ramat Altre osservazioni su 'La Chimera' [...].
Bollettino della S.I.A.E
Anno 70, n. 2, marzo-aprile 1998
CATHERINE O'BRIEN, Changing colours in the poetry of Maura Del Serra, Convegno Internazionale di Italianistica (Chicago [USA], aprile 1998)
Una poetessa in trasferta
Successi e riconoscimenti internazionali per la pistoiese Maura Del Serra, docente di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea all'Università di Firenze, che ha recentemente partecipato [...], la Del Serra ha proseguito la sua trasferta scandinava con alcuni incontri e letture a Stoccolma [...]. Tra breve sarà anche a Taranto, dove riceverà il premio "Magna Grecia" per il suo testo teatrale Specchio doppio.
"La Nazione"
29 agosto 1998
Brillante successo di Maura Del Serra in USA dove per una decina di giorni ha partecipato ad incontri, letture e tavole rotonde, presentando il suo lavoro poetico e teatrale in occasione del simposio "Italian Poets in the United States" organizzato dall'Ipsa (The Italian Poetry Society of America) in collaborazione con il College of Charleston in South Carolina e la Sonia Raiziss Gip Charitable Foundation di New York. L'iniziativa, alla quale sono stati invitati anche i poeti Giuseppe Conte, Milo De Angelis e Valerio Magrelli, oltre al prof. Giuliano Manacorda dell'università "La Sapienza" di Roma, prelude alla traduzione e alla pubblicazione negli Stati Uniti d'America di alcune delle voci poetiche più significative nel panorama italiano contemporaneo.
Nel corso degli incontri a Charleston e a New York, la Del Serra è stata festeggiata anche per le recenti versioni inglesi dei suoi Versi per la danza usciti nella rivista newyorkese "Gradiva" e per le versioni delle sue poesie dell'irlandese Catherine O'Brien, presentate durante gli incontri americani.
"La Nazione"
8 novembre 1998
La poesia della Del Serra
Aprirà con un incontro con Maura Del Serra lunedì 23 novembre (ore 17,30) al Museo Marini, nel palazzo del TAU il ciclo di appuntamenti con la poesia organizzato dal Comune di Pistoia, dal Centro e Fondazione "Marino Marini" con la collaborazione dell'associazione "Via Del Vento". L'incontro sarà introdotto dal critico Monica Farnetti, mentre l'attrice Cinzia Cedrola leggerà testi della poetessa pistoiese.
Musiche per violoncello saranno proposte da Lilith Fiorillo e Carolina Calamai.
Poetessa e drammaturga. Maura Del Serra, docente di letteratura italiana moderna e contemporanea nell'Università di Firenze, è autrice di importanti traduzioni e studi di critica letteraria. L'incontro di Pistoia precede una serie di appuntamenti che vedono protagonista l'autrice pistoiese. A Vicenza parteciperà a "Vivere la Poesia", mentre a Padova, nel corso di una giornata internazionale di studi dedicata alla "Poesia e il Sacro", riceverà il premio Camposampiero assegnatole per l'insieme della sua opera poetica. Infine, altri appuntamenti in Austria, Francia e in Grecia.
"La Nazione"
20 novembre 1998
Uno degli ultimi più emblematici titoli delle raccolte di poesia di Maura Del Serra è Infinito presente, nel quale Claudio Varese ravvede la dimensione che "si attua nel problema e nella soluzione dell'infinito, che scende e si dispone con rinnovata e attiva urgenza nel presente dell'umano e nel rapporto tra presente e infinito, che cerca e trova continuità nelle parole e nei versi". C'è una grammatica del tempo, la cui storicità e metastoricità è garantita d'un tratto solo dalla stessa sostanza temporale: così, l'infinito è raccolto nel suo essere presente, e quindi evoca implicitamente l'essere che con la sua presenza garantisce all'infinito stesso il suo statuto; eppure, il presente è ammesso a partecipare dell'infinito nella misura in cui è quest'ultimo che si lascia aggiogare alla sempre sospesa forca del transitorio. In altre parole, al rischio della staticità, della fissità della grammatica, la poesia risponde con la trama sintattica dei rimandi, degli scambi di ruolo tra infinito e presente, nell'intelaiatura del pentagramma. Non a caso, l'autoantologia di Maura Del Serra porta il titolo di Corale, con la conseguente evocazione della umanità e dell'unanimità di contro al rischio dell'individualità, del canto e della sua musica di contro al parlato ed alla chiacchiera, della religiosità del dettato di contro alla profanità del pensiero [...].
Dodici poesie inedite
YIP (Yale Italian Poetry)
vol. II, 1, 1998, pp. 61-72
MARGHERITA PIERACCI HARWELL (University College of Chicago), Maura Del Serra: signora della parola, obbediente alla regola, in "Il Tremisse", anno XXIII, n. 3, settembre-dicembre 1998
[leggi il testo]
LAURA STORTONI, Introduction to the Translation of some Lyrics by Maura Del Serra, "Esperia Press", Berkeley, California, February 20, 1999
[leggi il testo]
Orgogliosamente fuori dal centro
A Firenze un convegno sulle scrittrici del Novecento tra scandalo e contestazione
Eccole, lancia in resta, le donne tutte insieme: le intellettuali e le scrittrici che hanno rinnovato la letteratura novecentesca contestando con la forza del loro sesso tutto ciò che è stabile e consolidato, in filosofia come in religione, in narrativa come in poesia, nell'etica come in estetica. Eccole tutte quante, luminose nel loro genio, a contrastare un'ordine forzatamente maschile, a rivendicare la loro orgogliosa posizione fuori dal centro e lontane da ogni canone. Ci saranno Virginia Woolf e Simone Weil, Ingeborg Bachmann e Katherine Mansfield, Elsa Morante e Amelia Rosselli, Margherita Guidacci e Annamaria Ortese. Tutte a Firenze, nelle parole delle loro relatrici, in un convegno che si annuncia importante, giovedì e venerdì prossimi al Viesseux.
L'organizzazione è dello Smith College, l'anima è Monica Farnetti, egregia studiosa della migliore letteratura al femminile. Egregie anche le relatrici, molte toscane: anch'esse donne a tutto tondo, cervello e cuore e carne, critici letterari e poetesse e narratrici e giornaliste e commediografe al tempo stesso, senza le divisioni obsolete dell'universo maschile che si ingessa in ruoli e manca della fluidità con cui le donne relazionano fra loro e con il mondo: ed ecco la pistoiese Maura Del Serra, traduttrice impareggiabile, a parlare delle "sue" Woolf, Weil, Mansfield, Else Lasker-Schuler e della fiorentina Margherita Guidacci che a sua volta fu impareggiabile traduttrice di Emily Dickinson [...].
DAVID FIESOLI
"Il Tirreno", Tempo libero e Cultura
martedì 9 maggio 2000
[...] Espressione della post-modernità, [...] è la versificazione quasi dialogata di Maura Del Serra, sostenuta da una limpidezza invidiabile e da un certo riconoscibile gusto didascalico. La sua poesia è colta e originale a un tempo: si risente tutta una tradizione di poesia femminile (specialmente quella russa, dall'Achmatova alla Cvetaeva) senza che si possa, però, ritrovarne traccia sicura nel lessico e nei metri [...].
DANIELE MARIA PEGORARI
dalla prefazione a
La voce dolce di resa. Omaggio a Rosita
Antologia poetica a cura di Enrico Cerqueglini
Ascoli Piceno, Stamperia dell'Arancio, 2000
Il caso Maura Del Serra
Ancora un obiettivo centrato in pieno da una donna: nel 1996, con la pistoiese Maura Del Serra, prima in classifica per Agnodice. Il risultato ha gratificato un'autrice fattasi notare in precedenza per testi teatrali su Simone Weil, Juana Inés de la Cruz e Don Milani, conosciuta inoltre come poetessa e per le frequentazioni critiche di Campana, Rebora, Pascoli, Claudel, Jahier, Ungaretti, Pasolini.
Quello della Del Serra è un vero e prorio "caso", divisa fra cattedra e scena, se si pensa che insegna letterartura italiana moderna e contemporanea, traduttrice, critico letterario, con la vocazione per il teatro scoperta soltanto in data recente.
Agnodice prende spunto da un preciso riferimento storico. Si chiama così la protagonista, una giovane donna che pratica l'arte medica in una società (quella greca), in cui la medicina è esclusiva prerogativa degli uomini che non tollerano nella loro "classe" la presenza femminile anche se persona sufficientemente preparata per la professione. Il tutto comunque si ricollega emblematicamente ai nostri tempi alludendo alla difficile equiparazione fra mondo maschile e mondo femminile.
Un tema delicato affrontato con vigore e sensibilità e soprattutto con una densità che svela nell'autrice una intellettuale preparata e rigorosa. Una personalità come quella della Del Serra, poetessa e studiosa di grande rigore e assolutezza di postulati, si è rivelato un prezioso acquisto per il teatro. Una scrittrice e drammaturga in grado di perseguire un'austera ricerca interiore. La sua poesia e la sua cultura si alimentano di un ampio arco di esperienze filosofiche e musicali attinte alle arti figurative e alle letterature straniere [...].
ETTORE ZOCARO
Per una scrittura drammatica di ricambio.
25 anni d'attività del premio "Fondi-La Pastora"
per la letteratura drammatica 1974/1999,
Latina, Ulisse Edizioni, 2000, pp. 69-70
Convegno I segni della Santa Russia (Peccioli 24-25 novembre 2000)
Nel piccolo, ma antico comune di Peccioli si è aperto un museo di icone russe donate dall'ex corrispondente da Mosca del "Giorno" e ora di "Panorama", Francesco Bigazzi [...]. Nell'occasione della inaugurazione di un museo che è un raro, se non l'unico, esempio di avvicinamento di due culture - italiana e russa - diverse, ma unite dalla comune matrice cristiana, come ha giustamente sottolineato il sindaco Macelloni, erano presenti il Vescovo di Volterra Mansueto Bianchi unitamente al suo vicario e parroco locale Volpi e il prorettore dell'Accademia Teologica di San Pietroburgo Nikolaj Ivanovic Preobrazenskij e il parroco della chiesa russa di Firenze Blatinskij. Ha inviato il suo saluto molto impegnato il metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad. È stato quindi un avvenimento di ispirazione ecumenica.
È stato un fatto di cui hanno scritto e parlato diversi organi di stampa, reso possibile dalla sinergia di diversi istituti italiani e russi [...] con la collaborazione del Museo Ermitage di S. Pietroburgo [...], che ha fornito per l'occasione ben 20 icone della sua ricca collezione, che si aggiungono alle 60 donate da Bigazzi [...]. Il Convegno per merito dei due interventi di Maura Del Serra e di Luciano Martini offre due possibili soluzioni alle antinomie finora enucleate fra arte occidentale e dell'Europa orientale. L'intervento di Maura Del Serra è centrato, infatti sull'inedito parallelismo simbolico e conoscitivo fra due famose estetiche: la poesia e l'icona, due scienze della soglia, in apparenza dissimili ma in realtà congeneri, viste appunto come "soglie" e ponte fra il visibile e l'invisibile, il fisico e il metafisico, l'individuale e l'impersonale, in rapporto alla percezione e alla visione delle immagini spirituali archetipiche che le hanno nutrite, attraverso il tempo della tradizione occidentale, dal Medioevo al Novecento. [...]
RENATO RISALITI
"Koinonia"
XXIV, 2 (241), febbraio 2001, pp. 32-33
Autori sulla via del successo
Rappresentati i testi di Severi, Del Serra, La Rosa
Dal "Fondi-La Pastora" alla ribalta nazionale. È il percorso sul quale si sono incamminati tre autori: Alberto Severi, Gabriella La Rosa, Maura Del Serra. A darne notizia è l'organizzazione del Premio che, ricordando l'esempio concreto della vitalità della nostra scrittura drammatica, testimoniato anche dalle tre opere che hanno trovato la via della scena, auspica che gli spettacoli vengano inseriti nei circuiti dei grandi teatri italiani.
Ma andiamo per ordine partendo da Maura Del Serra, vincitrice del "Fondi-La Pastora" nel 1996. Il prossimo 24 marzo al teatro Manzoni di Pistoia debutterà la sua Agnodice. Il testo narra una storia ancora oggi di grande attualità. "Protagonista è una donna giovane e bella, ma non disponibile ad accettare il ruolo marginale che al suo sesso veniva assegnato nell'Atene di Manandro" scrive lo storico del teatro Giovanni Antonucci. Una cultura inaccettabile per lei, che la induce a travestirsi da uomo per esercitare il mestiere di medico, vietato alle donne pena la morte. Agnodice è medico del corpo e dell'anima: la sua sensibilità "al femminile" incanta e conquista i pazienti. [...]
"Latina Oggi", marzo 2001
Monica Menchi, una voce per i versi di Maura Del Serra
Con una lettura di poesie di Maura Del Serra da parte dell'attrice Monica Menchi e un'intervista di Milva Maria Cappellini e Stefano Bindi alla scrittrice e drammaturga pistoiese, prenderà il via venerdì la stagione di appuntamenti culturali organizzati dal circolo "Maritain" [...].
Le poesie scelte per la lettura pubblica sono tratte da Corale (Newton Compton, 1994), L'età che non dà ombra (Le Lettere, 1997) e Adagio con fuoco. Poesie. Versi per la danza (Le Lettere, 1999) e costituiscono una piccola scelta antologica rappresentativa dei principali temi dell'ispirazione poetica di Del Serra col suo incessante interrogarsi sul destino e sulla sorte dell'uomo, sui legami tra visibile e invisibile [...].
CESARE SARTORI
"La Nazione", mercoledì 24 ottobre 2001, p. XXVIII
Monica Menchi legge Maura Del Serra
Domani sera alle ore 21, organizzato dal centro studi Jacques Maritain, al convento di San Domenico a Pistoia, si svolgerà un incontro dedicato alla poesia della pistoiese Maura Del Serra. La serata segna l'inizio del calendario di appuntamenti del centro.
La serarta prevede gli interventi di Mariangela Maraviglia e Stefano Bindi, che presenteranno la poesia di Del Serra, l'intervento dell'autrice, infine letture eseguite dall'attrice Monica Menchi
La serata vuol essere un "viaggio" all'interno della poesia di Maura Del Serra: come nasce, come è realtà significativa nel contesto culturale attuale, come è mezzo di analisi dell'uomo del nostro tempo, come è elemento di armonia per analizzare approfonditamente l'armonia e la non armonia della realtà umana. [...]
ILARIA MINGHETTI
"Il Tirreno", giovedì 25 ottobre 2001, p. VIII
Incontro con la poetessa Maura Del Serra
Serata all'insegna della poesia, quella che ha inaugurato il ciclo d'incontri organizzati dal Centro Culturale Maritain per l'anno 2001-2002.
Interlocutrice d'eccezione di una conversazione che ha toccato i tanti significati del fare poesia, è stata Maura Del Serra, personalità del mondo letterario contemporaneo che, all'attività universitaria presso l'ateneo fiorentino, affianca un impegno poetico e drammaturgico di notevole valore. Contributi critici su autori come Pascoli e Ungaretti, numerosi autori tradotti tra i quali Simone Weil e Borges, testi teatrali: un materiale vasto percorso dal filo rosso della poesia.
Maura Del Serra esordisce come poetessa nel 1978 con L'arco, raccolta di poesie, e nel tempo che è trascorso da allora la sua scrittura poetica si è evoluta, così come una personalità cresce attraverso il contatto con la realtà.
Gradualmente, il reale si è sempre più radicato, "accomodato", nelle sue poesie; da un verso che rimanda ad un enigma insondabile si passa ad un verso che accoglie il reale senza essere descrittivo: la poesia si è fatta transitiva, aperta, non perdendo la carica d'inquietudine dovuta al suo essere testimonianza della vita non consolazione testimonianza che non illude e che non può perciò essere pacifica.
Poesia inquieta e pregnante, non statica, che nasce dalla dinamicità degli opposti: è una poesia dell'ossimoro, della coincidenza travagliata di ciò che è diverso: in questo senso il poeta è femminile, perché ha il ruolo di intermediario, di mediatore tra gli opposti, crea per citare la stessa Del Serra "arcobaleni tra terra e cielo" rendendo l'invisibile attraverso il visibile.
Questa presenza di un invisibile carica i versi poetici di una forte tensione religiosa, che trae nutrimento dalla tradizione cristiana, dal mondo ebraico ed orientale e dal mito classico: è un senso del sacro che viene fuori da più tradizioni facendosi universale, punto d'incontro di diverse dimensioni esistenziali che non appiana ma tiene insieme le differenze che vanno al alimentare la poesia.
Poesia personale e cosmica al tempo stesso, creaturale e civile insieme, perché nasce dalla penna di una poetessa che ha due cose la natura e la società e che si sente cittadina del mondo pronta ad ascoltare le parole ed i bisogni degli altri.
Scrivere versi è tradurre la vita, modificare la materia vitale senza intaccarne l'essenza, e la vita è anche nella produzione teatrale di Maura Del Serra, fino al testo al quale sta lavorando, Scintilla d'Africa, dedicato all'Agostino non ancora convertito. È un teatro di poesia e drammaticità che vive della compresenza di più voci e di tutti i registri stilistici.
Maura Del Serra è una scrittrice completa che molto deve ai classici, ai romantici e ai simbolisti, capace tuttavia di portare avanti un discorso poetico originale e di grande spessore esistenziale.
MATILDE PALANDRI
"La Vita", 40, 11 novembre 2001
Di squisita e palpitante sensibilità femminile, tutta tesa alla scoperta del Divino nell'esistenza, è sostanziata la spiritualità di Maura Del Serra [...].
G.L.
in Così pregano i poeti, Milano,
Edizioni San Paolo, 2001, p. 193
[...] Caso a sé è quello di Maura Del Serra, poetessa tra le più originali del panorama nazionale e instancabile critico, che ha intrapreso nella seconda metà degli Anni Ottanta un'intensa ricerca poetico-drammaturgica, dando vita a testi in versi come Agnodice, La fonte ardente e Dialogo di Natura e Anima, e in prosa quali L'albero delle parole. [...]
TIZIANO FRATUS
in La poesia che stringe i teatri
"Atelier"
a. VII, n. 26 (giugno 2002), p. 68
Guardate nel mio cuore, guardate ciò che è. È forma senza forma, indefinibile, intatta. È in alto, ma non è luce. È in basso, ma non è buio. È terra nella terra, cielo nel cielo, rosa eterna. La rosa è senza perché, fiorisce perché fiorisce. Se i bruchi la divorano, lei lascia cadere un altro seme alle radici, e rivive e rifiorisce, e non sa come. Io sono lo Spettro della Rosa. Sono la rosa bianca, la rosa rossa... rossa... Russia. Madre, madre mia. Io amo mia madre. Amo mia moglie... Amo mio marito. Ecco il mio cuore di gioia: prendetelo, mangiatelo, guarite il mondo dal suo dolore.
Nijnskij - Lo Spettro della Rosa, l'intenso atto unico teatrale che la poetessa pistoiese Maura Del Serra ha dedicato nel 1995 al grande ballerino e coreografo russo (1890-1950) - uno dei più grandi di tutti i tempi - inaugurerà il 21 maggio prossimo, con una produzione italo-russa e interpreti dei due Paesi, una nuova struttura polivalente dotata delle attrezzature tecniche più aggiornate e con le caratteristiche tipiche dei teatri-studio che l'attore e regista Adriano Miliani e il collega Alexej Merkouchev presenteranno in aprile in un capannone industriale riadattato di Cerbaia Val di Pesa (Chianti fiorentino).
Il monologo di Del Serra, che debuttò nel '96 al "Lilla Teatern" di Lund (Svezia), non è mai stato rapprersentato in Italia, "anche se anni fa - ci informa l'autrice - fu testo di riferimento per una giornata di studio sul 'teatro totale' che si tenne al 'Teatro dell'Angelo' di Roma". Dopo Cerbaia e il passaggio in alcune arene estive italiane, è previsto che il Nijnskij da settembre vada in scena a San Pietroburgo nell'ambito del cartellone di iniziative dedicate al 300° anniversario di fondazione della città russa dove il grande ballerino nacque e dove ebbe la sua formazione prima di diventare l'étoile dei "Balletti" di Diaghilev. Ma non è l'unica novità che riguarda la produzione teatrale di Maura Del Serra; anzi si può dire che il 2003 sarà per lei da questo punto di vista un anno di grazia. "Mi emoziona - confida la scrittrice - l'attesa per l'allestimento che dell'Agnodice, dedicato all'affascinante e 'scandalosa' donna-medico vissuta tra Atene e Alessandria in età ellenistica, farà il regista greco Antonis Papadopoulos. Il debutto è fissato ad Atene in giugno".
Intanto il Comune di Poggio a Caiano e la casa madre delle Suore Minime sono impegnati nella messa in scena di La Minima, l'unico lavoro teatrale che Maura Del Serra ha scritto su commissione in occasione della beatificazione, una decina di anni fa, di madre Margherita Caiani.
E nel cassetto c'è qualcosa di inedito? "Ho da poco ultimato un testo dedicato a Pier Paolo Pasolini. Da tempo l'amico pittore friulano Giuseppe Zigaina, che fu sodale dell'autore di Ragazzi di vita fin dagli anni della gioventù, mi esortava a scrivere qualcosa per il teatro incentrato sul 'personaggio' Pasolini. E così ho fatto".
E dev'essere nato sotto la buona stella quel testo se, appena terminato, è stato letto da Laura Stortoni Hager, editrice e traduttrice di San Francisco nonché instancabile mediatrice culturale tra gli Usa e l'Italia, che lo ha subito tradotto e portato con sé a Berkeley dove dovrebbe andare prossimamente in scena.
Ce. Sa.
"La Nazione"
martedì 4 marzo 2003
A Maura Del Serra il "Rosso di San Secondo". Il prestigioso riconoscimento ottenuto su un lotto di 80 drammaturghi europei
È stata assegnata alla poetessa e scrittrice Maura Del Serra la VI edizione del Premio Teatrale "Rosso di San Secondo", patrocinato dalla Regione Lazio, dal Sindacato Nazionale Autori Drammatici, dalla rivista teatrale "Prima Fila" e destinato al testo teatrale di un autore dell'Unione Europea e a interpreti e operatori teatrali distintisi nella promozione del repertorio del '900.
La commissione giudicatrice ha esaminato i lavori di 80 drammaturghi europei ed ha deciso di assegnare il primo premio al "poema scenico" Isole di Maura Del Serra.
Il testo - di prossima pubblicazione per i tipi di Ianua di Roma, con prefazione di Ugo Ronfani - "è centrato sul problematico rapporto femminile, classico quanto profondamente contemporaneo, con l'archetipo maschile, rappresentato da un Ulisse ibernato e silente. Quattro donne, ispirate ad altrettante figure dell'Odissea omerica (Nausicaa, Circe, Penelope ed Anticlea) e che rappresentano le quattro età della vita e sono quattro incarnazioni del femminile: la fanciulla, l'amante, la moglie e la madre (corrispondenti alle stagioni dell'anno), agiscono in rapporto drammaticamente dialettico con la figura maschile; rapporto, reale e simbolico, che evolve verso un finale di sorprendente attualità".
La consegna del premio è avvenuta a Roma, nel teatro "Tordinona", lunedì 26 aprile nel corso di una festosa ed affollata cerimonia durante la quale è stato premiato anche l'attore Virginio Gazzolo per le sue interpretazioni da autori novecenteschi.
"La Nazione"
29 aprile 2004
L'UNESCO ha 60 anni! Si celebra in tutto il mondo il 60° anniversario della costituzione dell'UNESCO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza, la Cultura e la Comunicazione.
La data ricorda la conclusione di un processo iniziato mentre il conflitto mondiale dispiegava tutta la sua violenza. Il punto di partenza di questo percorso si colloca, infatti, nel 1942, nel pieno della seconda guerra mondiale, quando si svolse nel Regno Unito, su iniziativa del ministro britannico dell'educazione, Butler, la Conferenza dei Ministri Alleati dell'Educazione (CAME: Conference of Allied Ministers of Education) con l'obiettivo di individuare le vie da seguire per ricostruire, una volta raggiunta la pace, i sistemi educativi travolti dagli eventi bellici. Su proposta del CAME venne convocata dall'1 al 16 novembre del 1945 una Conferenza delle Nazioni Unite per lo stabilimento di una organizzazione educativa e culturale (ECO/CONF).
Spronati da Francia e Inghilterra, due degli Stati più colpiti dalla guerra, i delegati di 44 paesi discussero sulla creazione di un'organizzazione che avrebbe dovuto incarnare un'autentica cultura della pace creando "una solidarietà intellettuale e morale del genere umano". Alla fine della Conferenza, appunto il 16 novembre 1945, trentasette Stati fondarono l'UNESCO firmandone lo Statuto. Questo entrò in vigore il 4 novembre dell'anno successivo, dopo la ratifica da parte di venti Stati.
Il periodo dal 16 novembre 2005 al 4 novembre 2006 vedrà susseguirsi presso la sede dell'UNESCO a Parigi e negli Stati membri, su iniziativa delle rispettive Commissioni Nazionali, numerosi eventi destinati a celebrare i 60 anni dell'Organizzazione e a riflettere sulla strada fin qui percorsa e sulle prospettive future.
Anche in Italia il 16 novembre prendono avvio le manifestazioni organizzate o promosse dalla Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO.
Il Centro UNESCO di Firenze organizza, il 7 dicembre 2005, in Palazzo Vecchio, Sala dei Duecento (tutta la giornata) il Convegno di studio: "UNESCO 60 ANNI - 57° ANNIVERSARIO DELLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI - IL DIRITTO A CONOSCERE IL PATRIMONIO CULTURALE"
Partecipano: Sindaco di Firenze, Assessore alla Cultura e Patrimonio UNESCO, Commissione Italiana UNESCO, Sovrintendente Paolucci, prof. Robbiano, prof Sermonti, la Presidente della federazione italiana dei Centri UNESCO M.L. Stringa e la Prof. Maura Del Serra che interverrà sul tema: "La traduzione per conoscere il patrimonio culturale".
"Educazione&Scuola - Board"
15 novembre 2005
Giochi di colore nella poesia di Maura Del Serra. Poetessa, drammaturga, traduttrice. Mediatrice tra visibile e invisibile. Una poesia che "mostra il cammino al sole". L'alternarsi delle stagioni al ritmo gioioso dell'universo. Infinito presente. L'età che non dà ombra.
Sebbene la poesia di Maura Del Serra sia fatta generalmente rientrare nell'ambito delle nuove tendenze della poesia italiana degli ultimi decenni - con particolare riferimento alla produzione femminile - l'abbondante varietà di raccolte da lei pubblicate fino ad oggi le hanno conferito un riconoscimento particolare nel panorama della poesia italiana contemporanea. Poetessa, drammaturga, traduttrice e critico letterario ha pubblicato volumi e saggi dedicati ad autori del Novecento italiano ed europeo, numerose raccolte poetiche, testi teatrali e traduzioni dall'inglese, tedesco, francese e spagnolo. Nonostante le sue opere siano poco diffuse fuori dell'Italia, dal 1978 le sue raccolte vengono curate da prestigiose case editrici nazionali. (1)
Il fatto che Maura Del Serra non è molto conosciuta all'estero può essere attribuito a numerosi fattori, i quali non riguardano esclusivamente il suo caso, ma quello di molti altri poeti italiani contemporanei. Tali cause possono essere suddivise in due categorie, una delle quali fa riferimento alla posizione odierna della poesia in Italia, mentre l'altra riguarda la carenza di traduzioni delle sue opere, le quali permetterebbero di portare la sua produzione all'attenzione di un pubblico più ampio, anche fuori dei confini nazionali. È bene notare che esistono alcune traduzioni delle sue poesie in russo, tedesco, svedese ed inglese, ma nessuna di queste fornisce una visione esaustiva della sua opera. In Italia la produzione della Del Serra è apprezzata da critici, poeti e lettori dotati di un interesse di ampio respiro verso il linguaggio lirico, i quali si identificano con la sua visione poetica e della vita in generale, e che sono in sintonia con l'uso che la Del Serra fa della lingua, spesso soggettivo e di difficile interpretazione.
Come è avvenuto per molti altri poeti della sua generazione, solo raramente i suoi lavori hanno trovato posto all'interno delle principali antologie di poesia italiana contemporanea, ma ciò può essere attribuito all'arbitrarietà degli editori nel riguardi di lei e anche di tanti altri poeti e poetesse della sua generazione. Ciò è dimostrabile, per esempio, nelle critiche rivolte all'antologia intitolata Poeti italiani del secondo Novecento 1945-1995 (ed. 1996) (2) a causa della selezione di autori operata e per l'inspiegabile assenza, tra quelli inseriti, di scrittori di fama quali Sbarbaro, Rebora, Gatto, Penna, Risi, Spaziani, Cattafi, Ripellino, Guidacci, Mussapi, Frabotta ed Insana. Le implicazioni e la gravità di queste omissioni sono un'ulteriore presa di coscienza sulla precarietà, arbitrarietà e mutevolezza delle selezioni antologiche, il che mette in discussione l'intero processo decisionale adottato per questo genere di raccolte.
Di origini toscane, la poesia di Maura Del Serra è indissolubilmente legata alla sua attività come docente di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea all'Università di Firenze, dove ha concentrato i propri sforzi soprattutto nella valutazione critica di numerosi autori italiani ed europei del XX secolo quali Pascoli, Campana, Rebora, Ungaretti, Jahier, Caproni, Penna, Montale, Guidacci, Proust, Woolf, Borges. Affermata traduttrice con tedesco, inglese, francese e spagnolo come lingue di lavoro, ha tradotto componimenti di Else Lasker-Schüler, Shakespeare, Francis Thompson, Viriginia Woolf, Katherine Mansfield, Marcel Proust e Juana Inés de la Cruz, e ha scritto numerose opere teatrali. Il suo primo amore rimane comunque la poesia, che le permette di sviluppare la sua complessa filosofia di vita in maniera sintetica e concisa. Dalle sue stesse parole possiamo comprendere ciò che questo significhi per lei:
La poesia è comunicazione, come lo è la musica, come lo è il linguaggio di tutte le arti: una comunicazione molto intensa [...] nel mio caso si scrive poesia per testimoniare, per gettare un ponte [...] per stabilire dei legami autentici fra sé e il mondo, e questo lo si fa per tutti, a nome di tutti: il poeta è semplicemente un testimone, e non ha, in questo senso, nessun diritto all'autoesaltazione, a un senso di elezione "profetica" o di importanza particolare: è un testimone, un interprete dell'umano; è un traduttore dall'invisibile al visibile e viceversa, quindi, se è un buon traduttore avrà il merito appunto di aver ben tradotto questo testo invisibile che leggiamo tutti e da cui tutti siamo letti. (4)
Il ruolo che la Del Serra attribuisce a se stessa come poeta è quello di mediatrice tra ciò che è visibile e ciò che è invisibile, ed inoltre quello di traduttrice ed interprete dei messaggi che è in grado di desumere dai testi scritti. Perciò l'uso che fa del linguaggio assume un'importanza vitale, in quanto strumento attraverso il quale sviluppa pensieri ed intuizioni da trasmettere al lettore. Lo stile da lei utilizzato è sintetico e denso di contenuti, riuscendo ad esprimere, con il ricorso a vari tipi di immagini e metafore, il rapporto tra l'uomo ed il mondo che lo circonda. Particolarmente significativi a questo riguardo possono essere i titoli di alcune raccolte quali La gloria oscura e L'età che non dà ombra, ove l'accento ricade con forza sulle tinte cupe di "oscura" ed "ombra", sebbene la tendenza a sottolineare le variazioni di colore sia una delle caratteristiche predominanti della sua poesia. Questa particolare attenzione attribuita ai colori non esprime soltanto valori realistici e simbolici, ma fornisce in aggiunta precise indicazioni sulla poetessa e sul suo rapporto con la parola scritta.
Il critico Giorgio Bàrberi Squarotti rileva nella poesia della Del Serra l'uso di immagini magiche ed orfiche, le quali richiamano da vicino poeti quali Dino Campana e Mario Luzi. Ma al di là dei possibili parallelismi con questi autori, la poesia della Del Serra dimostra inoltre un ampio ricorso a simbolismi e costruzioni allegoriche, il che evidenzia un non trascurabile substrato di credenze e convinzioni religiose. (5) La poesia Equilibrio afferma in maniera precisa ed inequivocabile quali siano i legami che uniscono poeta e lettore al testo stesso:
Ora che il tempo passa
su noi col suo colore
e siamo due farfalle
dentro lo stesso fiore,
ogni cosa ci svela
la sua forma perfetta.
Il poeta e il lettore (le "due farfalle") sono accomunati simbolicamente da un destino umano e finito ("dentro lo stesso fiore") ed allegoricamente uniti nella comune consapevolezza dello scorrere del tempo ("il tempo passa"), in quanto ciò che è finito richiama l'infinito, ciò che è imperfetto la perfezione ("ogni cosa ci svela / la sua forma perfetta").
Quali sono pertanto gli elementi che ritroviamo nella poesia di Maura Del Serra? Le sue opere mostrano stati d'animo e cambiamenti che riflettono l'intero processo di metamorfosi sperimentabile da parte dell'uomo; esse rappresentano inoltre un'indagine dell'anima e del mondo, in particolare in ciò che l'uno riflette dell'altro. Tale studio è accompagnato da un'ulteriore investigazione del linguaggio poetico, in quanto poesia e verità si fondono nello sviluppo lineare dei testi stessi. L'"orfismo" in Maura Del Serra (per usare la terminologia di Bàrberi Squarotti) è diretto, ascetico e preciso, mentre le immagini o visioni presentate sono ben delineate e decisamente di scarso contenuto emotivo.
Anche la memoria gioca un ruolo fondamentale nella poesia di Maura Del Serra, poiché riconduce ai primi misteriosi contatti della poetessa con la vita ed ai suoi tentativi di scoprire il modo in cui essa intervenga nella sua storia personale e, di riflesso, in quella degli altri. Il saper dominare un linguaggio intuitivo le permette di svelare le analogie tra le cose, assicurandole inoltre di comprendere ed apprezzare le trasformazioni ed interazioni continue che si generano tra le persone. Queste riflessioni forniscono materiale primario per le sue poesie, come nel caso di Ritratto 1954, scritto nel momento in cui Maura Del Serra scopri di aver preso il posto di un fratellino molto amato, morto in tenera età. Fu un evento traumatico dal quale la madre non si riprese mai, mentre la figlia, fin dall'età più giovane, si rese conto di poter contribuire ben poco ad alleviare questo dolore incolmabile:
La bambina perduta nella casa
a lottare con l'ombra d'angelo del fratello
che a vita oscura il respiro ed il riso
nuovo del corpo a lei. La madre arsa
conta i doni mancati
alla sua icona...
La bambina presa
già da un suo stemma di parole contro
il nulla vi si cerca ed accarezza
la sua gatta nel sole dell'attesa. (7)
Esperienze di questo tipo le danno la certezza che l'uso e l'elaborazione creativa della parola scritta possano avvicinare con grande efficacia poeta e lettore al cuore dell'argomento trattato. Pertanto la poesia per la Del Serra diviene:
l'inutile certezza d'ogni rosa creata
nel lume chiuso dell'apparsa danza
mostra il cammino al sole. (8)
I versi appena riportati rivelano l'essenza di ciò che appare - ma anche di ciò che è celato - nelle parole scelte dalla poetessa. Quest'opera illumina il cammino al lettore, superando l'oscurità dei due aggettivi "inutile" e "chiuso" attraverso la luminosità proveniente dall'immagine radiosa del "cammino al sole", la quale conduce alla conclusione della poesia e ne domina la parte finale. Qui poesia e pensiero diventano due aspetti della stessa esperienza, in quanto ciò che in senso letterale può essere considerato reale e concreto lascia il posto alla luce, alla gioia ed alla luminosità della "danza" e del "sole".
Una poesia come questa può essere paragonata ad un fuoco segreto che penetra le profondità del significato: ciò appare chiaramente dai titoli enigmatici e deliberatamente provocativi che la Del Serra sceglie per i suoi componimenti. Come molti altri poeti è pienamente consapevole del potere proprio della parola di dare significato, scendere in profondità e manifestare valori intrinseci, nascosti fra le righe. Il suo obiettivo è quello di scoprire e rivelare analogie su livelli diversi, di assaporare i mutamenti e le trasformazioni costanti che avvengono nella vita, esprimendoli attraverso la suggestione lirica della poesia. Ne L'Arco l'immagine, presente nel titolo scelto per la sua prima raccolta, diventa metafora di una tensione interna, alla quale la stessa Emily Dickinson si riferisce nel versi "Existence's whole arc, filled up, I with one small diadem". (9) Questo "arco" abbraccia, o ingloba, luce e sole, e dà particolare enfasi al valore della conoscenza e di tutto ciò che è in grado di aprire una breccia nell'oscurità e vincere le forze del male. Questo aspetto conferisce particolare importanza ad ogni elemento considerato eterno o divino, mezzi capaci di allontanare le tenebre del silenzio e della disperazione.
Per la sua seconda raccolta Maura Del Serra scelse il titolo contraddittorio La gloria oscura, che sottolinea una delle tante modalità delle quali si serve per dipingere di colore la sua poesia. Attraverso l'ossimoro qui utilizzato si vuol far riferimento alla capacità - più che alla certezza - propria della condizione umana di raggiungere la gloria. Questa dualità spicca nell'ampio ricorso da parte della poetessa a colori contrastanti e ad immagini quali "la gloria oscura", (10) "disputa in nero e rosso", (11) "l'azzurra quiete" (12) o a versi come "sarò cerchio perpetuo di lume / scritto nel punto oscuro", (13) il tutto usato per enfatizzare i conflitti riscontrabili nel mondo intorno a lei.
Al contrario, il titolo della raccolta successiva, Concordanze, racchiude un concetto più ampio, in quanto concentra l'attenzione sul modo in cui apparenti opposti della vita umana come luce ed ombra, gioia e disperazione, possano risolversi armonicamente. Nella poesia Preghiera la Del Serra esprime così l'idea di concordanza:
sia favilla che sana
l'incendio della notte
goccia che scava dalla sabbia nostra
la sua guglia indelebile dispersa
nell'oltresole (14)
Il senso di dualismo è una costante della sua opera poetica, espresso nel contrasto tra bianco e nero, finito ed infinito, realtà e potenzialità, dubbio e certezza. Poesia non significa soltanto segni neri su carta bianca, bensì essa diviene lo strumento rivelatore di una dimensione religiosa nella vita. Di conseguenza, il lessico utilizzato da Maura Del Serra fa ricorso ad elementi vitali quali l'acqua, il fuoco, la terra, l'aria, l'alba, la notte, la cometa, lo specchio, la pietra, il deserto, la stella, l'ombra ed il viaggio, tutti termini che aiutano a comprendere la verità sulla vita e sull'esistenza e che sono associati a colori dominanti quali il nero, il bianco, il rosso, ed alle emozioni ad essi correlate di disperazione, gioia e passione. L'esperienza della poetessa è parallela a quella di chiunque decida di intraprendere un viaggio tra vette e abissi alla ricerca della conoscenza e di una possibile dimensione religiosa della vita stessa.
Nel 1987 la Del Serra scelse l'immagine simbolica della "meridiana" come titolo ad una delle sue raccolte. La combinazione di luce del sole ed ombra come indicatori dell'ora solare sono un ulteriore indizio della dualità che domina l'esistenza. In questo senso la poesia di Maura Del Serra si muove da una condizione soggettiva di confessione e metamorfosi, fino ad un coinvolgimento corale ad aspetti di vita quotidiana, attraverso un'alternanza universale di elevazione ed annullamento. Il passaggio dall'armonizzazione degli eventi ad una successiva riflessione o valutazione del loro valore prevede implicitamente una fase di concentrazione sul soggetto riflesso. La meridiana si tramuta nel simbolo di questa condizione, in quanto utilizza luce ed ombra sintetizzando in sé sia la realtà tangibile del tempo, sia l'essenza della sua natura fugace.
Nella poesia Alle stagioni (15) vengono messi in primo piano temi quali lo scorrere inevitabile del tempo, l'armonia superiore che è regola dell'universo, la natura come garante e depositaria della vita e del carattere ciclico degli eventi del mondo. La tecnica espressiva utilizzata, qui come in altri casi nella poesia della Del Serra, è inusuale poiché il testo, attraverso l'uso del verso libero e, di preferenza, di endecasillabi, si sviluppa in un'unica lunga frase rivolta alle stagioni, la quale si suddivide in definizioni collegate fra loro grazie all'uso sapiente di virgola, punto e virgola e trattino. In questo modo il linguaggio, fortemente allusivo, conduce al centro della scena le stagioni nel loro continuo alternarsi, nei loro colori e peculiarità, diventando così immagine autentica del ritmo gioioso e vitale dell'universo. Questo aspetto è espresso chiaramente nei versi introduttivi:
In voi sole - oro, nero e azzurro - esiste
il tempo inesprimibile; voi siete
ogni viso che tanta strada porta
alla sua foce unanime, ed il moto
diamantino degli astri vi ripete in pensiero.
Le stagioni, con i loro colori in continua alternanza, sono un'icona del ritmo universale, che ciascuna riflette a suo modo. Sintetizzano pertanto sia l'incessante cambiamento che segna nascita, trasformazione e morte di persone e cose, sia l'eternità dell'universo ordinato nel quale viviamo. Attraverso la nostra sensibilità finita ed intelligenza limitata esse ci offrono indicazioni sul tempo e sull'eternità, lasciando trasparire le profonde analogie esistenti tra ciò che è finito e ciò che non lo è:
- in voi la storia ha rotondo
incorruttibile specchio; voi, carne
della luce, spingete il mutamento
sull'altalena dell'eterno [...] siete
lo spazio che nel cuore nuovo canta.
La similitudine di fondo espressa tramite questi giochi di colore che riassumono le caratteristiche vitali di primavera, estate, autunno e inverno, accompagna e riflette con precisione le diverse tappe della vita umana, muovendosi e sviluppandosi attraverso nascita, adolescenza, maturità, fino a giungere alla morte e alla corruzione.
Simile nei toni e nei sentimenti a questa composizione ritroviamo la poesia Foglie, (16) nella quale si mette in evidenza il carattere ciclico della natura nel cambiamento in forma ed aspetto subìto dalle foglie, in armonia con il ritmo delle stagioni e secondo un processo di naturale rigenerazione. Propria di questa lode è la gratitudine della poetessa verso le umili "foglie", il cui colore verde è allo stesso tempo simbolo del sostentamento vitale che esse offrono durante la vita, così come della speranza offerta dal loro continuo riapparire ogni anno. Per la Del Serra esse sono le "Verdi madri dell'aria che ci nutre", ed il nostro debito verso di loro è espresso con chiarezza:
carne ciclica e chioma al mantello della terra,
voi dell'albero siete docile leggerezza
che dà parola al vento:
Il massimo tributo di speranza e certezza da loro offerto trova spazio nei versi conclusivi:
rinascete in silenzio, e ancora e sempre la morte
in primavera nuova cancellate.
Quando, nel 1992, Maura Del Serra pubblicò Infinito presente, scelse intenzionalmente questo titolo enigmatico. I due termini "infinito" e "presente" sono accomunati dal fatto di poter essere utilizzati sia come aggettivi, sia come sostantivi. La tematica che predomina in questa raccolta è quella del bisogno di armonia e felicità insito nell'uomo, e la sua costante ricerca di identità. Per la Del Serra il "presente" può essere visto come un prezioso rifugio:
... e chiamo là
il presente, la sua musica piena
di lieta forza.
(Lavoro) (17)
In un'altra occasione esso è considerato come sintesi di passato, presente e futuro:
... occhio presente
gravido di futuro o di passato.
(Il simbolo) (18)
Il presente è inoltre in grado di confrontarsi con l'eternità:
ostaggio dell'eterno il tuo minimo presente.
(Monito) (19)
L'arte poetica disegna il legame tra ciò che è presente e ciò che è infinito, poiché ricerca e realizza un vincolo di continuità nelle parole e nei versi. La poesia Mimesi ci avvicina al tema della fede e del rapporto personale con il Creatore, aspetto comune a molti autori contemporanei, e che offre alla Del Serra la possibilità di narrare la sua drammatica e profonda esperienza religiosa:
Quando ti nascondesti,
oscurandomi in me mi feci grotta,
e quando mi cacciasti
mi acuminai in disdegno, e quando infine
tu mi scordasti, mi sciolsi in oblio:
ora che torni, amore delle sfere serene
e della cieca polvere, a far tempio
della mia tenda fuggevole, ferma
siedo sulle ginocchia di tua figlia la vita
nei suoi mille colori trasparente,
e narro ad ogni forma la tua forma infinita. (20)
L'uomo, fatto a immagine di Dio, modella se stesso a somiglianza di Lui. Se Dio lo abbandona, anch'egli lo abbandona, e quando Dio ritorna verso di lui, egli fa lo stesso. Chi torna a Dio ed ha fiducia nella vita scopre il legame tra il divino e l'umano, mentre il cielo infinito della vita testimonia il piano soprannaturale dell'esistenza sulla terra. Compito della poetessa è, pertanto, quello di esprimere, attraverso gli scritti, quale sia questo piano divino riflesso, sebbene in maniera imperfetta, nella sconfinata varietà della creazione. Tale proposito è presentato dalla Del Serra nel verso finale: "narro ad ogni forma la tua forma infinita". Questa è un'opera chiave poiché contiene la confessione dell'autrice e la sua professione di fede.
Dal punto di vista stilistico ella adotta la stessa struttura sintatticamente compatta, presente in molti altri componimenti. Alcune immagini utilizzate nella prima parte della poesia quali "mi feci grotta", "mi acuminai in disdegno" e "mi sciolsi in oblio", proiettano una vivida immagine di oscurità e disperazione. L'espressione "ora che torni" demarca l'inizio della seconda parte, insieme al ritorno della speranza, evidenziato dal ricorso a parole come "serene", "vita", "colori", "trasparente" ed "infinita", che esprimono nella loro natura la speranza e l'emozione simbolica, e che vengono associate a colori chiari e splendenti.
Attraverso l'uso rigoroso del linguaggio, il ricorso corale al nero, al bianco, al rosso, e grazie al costante riferimento al quattro elementi primari di terra, acqua, aria e fuoco, la poesia di Maura Del Serra ci propone un'interpretazione della vita e getta un'àncora verso l'ignoto. Non è solo una serie dì simboli o di allegorie: è l'essenza della verità, una sorta di rivelazione che, nella sua forma imperfetta eppure illuminante, ci avvicina alla realtà della vita e dell'esistenza, ed alla dimensione religiosa presente in essa.
Nella sua ultima opera L'età che non dà ombra (1997), la Del Serra rimarca nuovamente il concetto di potere della parola scritta, richiamando la convinzione di Mario Luzi secondo il quale le parole, se usate sapientemente, possono raggiungere mete celesti. Scrive Luzi a questo riguardo:
Vola alta, parola, cresci in profondità,
tocca nadir e zenith della tua significazione
[...] sii
luce, non disabitata trasparenza... (21)
Come abbiamo detto, l'opinione della Del Serra sull'argomento si avvicina a quella di Luzi, ed il suo cammino lungo questo sensazionale sentiero si esplicita nella definizione del proprio ruolo come poeta affrontata nel componimento che dà il titolo alla raccolta:
Eretta dentro il mio filo di spada
cammino nell'età che non dà ombra,
spargendo l'acqua e il pane
in parole, sciogliendo e riformando
la mia bocca segreta dentro il pozzo corale;
guardo il cristallo fare eterno l'astro,
la neve e il sale -
l'uccello, primavera del suo ramo,
risolfeggiare in lucida canzone
la nostra inconoscibile illusione;
e madre e solitudine mi chiamo.
(L'età che non dà ombra) (22)
Malgrado le tenebre che altri autori avvertono attorno alle loro opere, in questo caso la poesia ha dato alla Del Serra accesso ad una dimensione di vita illuminante, che le dà il coraggio di immergersi in essa e di dichiarare: "Cammino nell'età che non dà ombra". Attraverso le parole usate nelle sue poesie, ella distribuisce "l'acqua" e "il pane", essenziali per il sostentamento, e trova conforto nell'immagine singolare del "pozzo corale", che chiude la prima parte del componimento. La seconda parte assume grande forza proprio dall'uso dell'aggettivo "corale", che enfatizza la dimensione di solidarietà della vita.
Il percorso tracciato finora dalla poesia della Del Serra manifesta il prevalere della luce, anche se il limite di tale luce è spesso dipendente dalle ombre che la accompagnano. Anche la "meridiana" per funzionare ha bisogno di luce ed ombra, cosicché essa diviene il simbolo dello sforzo della Del Serra nel voler misurare la propria vita ed attività creativa, opposto alla meridiana della nostra storia esistenziale. L'immagine orizzontale dell'ombra e quella verticale della luce, entrambe riflesse sul piano della meridiana, simbolizzano allo stesso modo lo sforzo di coloro i quali ricercano una dimensione verticale di luce, luminosità e chiarezza, non disposti ad accettare un'estensione orizzontale di oscurità. La sua opera dona alla poesia italiana contemporanea uno stile forte e positivo, mentre la profondità del suo linguaggio riflette in maniera esemplare un pensiero ottimistico, in contrasto con qualsiasi filosofia negativa. Possiamo affermare pertanto che l'obiettivo principale della poesia di Maura Del Serra, della sua "solitudine corale", è di dare enfasi a questo aggettivo, il quale supera la solitudine e l'isolamento del nome che lo accompagna. Così facendo la Del Serra rimarca il tema della solidarietà umana, proponendo la sua poesia come faro sul cammino di chiunque si identifichi con il suo pensiero.
Galway / National University of Ireland, Maggio 2005
Catherine O' Brien
in "Città di vita"
a. LX, n. 3, pp. 311-322
NOTE
(1) L'Arco (1978), La Gloria Oscura (1983), Concordanze (1985), Meridiana (1987) e Infinito presente (1992) sono state pubblicate da Editrice Giuntina, Firenze; l'antologia Corale (l994) è stata pubblicata da Newton Compton Editori, Roma, mentre L'età che non dà ombra (1997) è stata pubblicata a Firenze da Le Lettere.
(2) Poeti italiani del secondo Novecento 1945-1995, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, Milano, Mondadori ("I Meridiani"), 1996.
(3) Nata a Pistoia nel 1948, la Del Serra vive attualmente nella sua città natale.
(4) Intervista a Maura Del Serra, 1986.
(5) Introduzione a Concordanze, p. 5.
(6) Infinito presente, p. 12.
(7) Concordanze, p. 9.
(8) Ibid., p. 10.
(9) "L'intero Arco dell'Esistenza, riempito, / Da un solo - piccolo Diadema -" (Connie Ann Kirk, The Complete Poems of - Tutte le poesie di Emily Dickinson [http://www.emilydickinson.it/ed0501-0580.html], data di consultazione 27/03/2005).
(10) La gloria oscura, p. 9.
(11) Ibid., p. 10.
(12) Ibid., p. 10.
(13) Ibid., Jacopone da Todi, p. 14.
(14) La gloria oscura, p. 13.
(15) Alle stagioni: "In voi sole - oro, nero e azzurro - esiste / il tempo inesprimibile; voi siete / ogni viso che tanta strada porta / alla sua foce unanime, ed il moto / diamantino degli astri vi ripete in pensiero: / inverno, amore secco e freddo, oscuro / sussistere del tempo nella pietà di fine; / e primavera accesa nella sua mano, azzurra / potenza sprigionata dalla brama bambina / che cresce in vampa estiva e colma d'estasi il moto / delle cose; calante perfezione / dei sapori d'autunno - in voi la storia ha rotondo / incorruttibile specchio; voi, carne / della luce, spingete il mutamento / sul l'altalena dell'eterno, e infine / bianche nel centro della ruota, siete lo spazio che nel cuore nuovo canta" (Meridiana, p. 72).
(16) Foglie: "Verdi madri dell'aria che ci nutre. voi date / carne ciclica e chioma al mantello della terra, / voi dell'albero siete docile leggerezza / che dà parola al vento; / arcipelaghi di geometrie sotto il sole, / fucine d'oro estatico smeraldino, che pare / sospeso nell'estate dell'eden, e d'un tratto / snuda il tempo spargendo la sua fragile gloria / sulle strade bagnate; sorelle degli uccelli, / come loro, come ogni creatura da nostra / stolta violenza strette e minacciate, / rinascete in silenzio, e ancora e sempre la morte / in primavera nuova cancellate" (Meridiana, p. 62).
(17) Infinito presente, p. 14.
(18) Ibid., p. 33.
(19) Ibid., p. 47.
(20) Ibid., p. 60.
(21) M. Luzi, Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1988, p. 591.
(22) L'età che non dà ombra, p. 49.
(23) Armonie di donna, Pistoia, 1995.
Poeti cristiani del Novecento: ricognizione e campionature
[...] Per i testi di Maura Del Serra, nata a Pistoia nel 1948, docente di Letteratura Comparata nell'Università di Firenze, la scheda firmata da Bàrberi Squarotti nei Poeti cristiani del Novecento rileva le ragioni della vita, il dolore e lo smarrimento, le contraddizioni intrinseche della creazione e dell'anima messe a confronto con Dio e con la sua luce. Di rincalzo, la prefazione di Daniela Marcheschi a L'opera del vento (Marsilio, Venezia 2006), raccogliendo quarant'anni di attività poetica della Del Serra, ne rimarca le larghe, multiformi frequentazioni (fonti bibliche, rimandi alle voci novecentesche più altamente meditative: Eliot, Weil, Rebora, Luzi). Di estrema chiarezza, di folgorante valore esplicativo il titolo-simbolo L'opera del vento. Assurgendo alla funzione di tema-chiave, di idea-forza, "il vento (precisa la Marcheschi) è l'orientamento dell'essere umano nella direzione della verità sempre cercata e che perciò, nell'antagonismo con la sofferenza, l'inquietudine, la disperazione, sfida attivamente l'epoca di gelata possessione"; come leggiamo nell'energico componimento In aenigmate, destinato a placarsi nel canto e nella sete dell'Allodola (entrambe le poesie nella silloge La gloria oscura).
Le traduzioni dal barocco elisabettiano portano la Del Serra a una risolutiva intesa con il teatro. Nascono i drammi in versi La fonte ardente. Due atti per Simone Weil, La Minima, La Fenice, dedicata a suor Juana Inés de La Cruz, L'albero delle parole, consacrato alla figura di don Lorenzo Milani, la favola drammatica Specchio doppio, Kass, dedicato a Katherine Mansfield, Scintilla d'Africa, scene ispirate alla donna amata in giovinezza da Agostino d'Ippona.
La corruzione e il disordine del mondo presente sono condannati e lacrimati in altrettante lasse cristiane a largo respiro. Così i versi Ai giovani cinesi rievocano l'eccidio del 4 giugno 1989, quando il ventisettesimo battaglione dell'esercito maoista massacrò migliaia di studenti, operai, contadini accorsi in solidale protesta antigovernativa sulla piazza Tien An Men di Pechino: "Ma come starvi accanto, figli nostri, tra il sangue, / le grida, il muro unanime disperato di corpi / e volontà ne la Piazza Celeste / spezzato, non piegato, dal pollice dei vecchi Saturni ed elefanti che cercano la fine / mettendo fra sé e il branco la distanza mortale / del potere che venera la propria / forma come sostanza (il cancro antico della ragione / sotto tutti i cieli)?" (nella mitologia Saturno divorava i suoi figli, a loro volta gli elefanti sono i fanatici dell'ideologia marxista da reggere a qualunque costo).
Gli altri avvenimenti dell'anno tornano testimoniati nel Congedo dal 1989: crollo del muro di Berlino, apertura della porta di Brandeburgo, caduta ora pacifica e ora sanguinosa dei regimi comunisti in Cecoslovacchia, Ungheria, Romania.
Oltre la denuncia irata, al di là del lancinante rinfaccio, per comprendere Ai giovani cinesi e Congedo dal 1989 bisogna anche cogliere il loro segreto affanno, la ferma, inguaribile mestizia di chi - come Maura Del Serra - deve purtroppo riconoscere in quelle vicende altrettanti gesti da Caino, altrettanti infami delitti storici pensati e compiuti da uomini [...].
Renato Bertacchini
in "Studium"
2007, 1, pp. 151-153
Dalla parità alla pari opportunità: il lungo cammino della medicina al femminile
Nel campo specifico della medicina, la parità prima e ora la pari opportunità hanno incontrato storicamente dissensi ma anche favori e consensi.
Noi veneti ricordiamo con un certo orgoglio la data del 25 Giugno del 1678 data in cui Elena Cornaro Piscopia, dal nome del feudo che i suoi avi ebbero nell'isola di Cipro, discusse la tesi dottorale in dialettica (così allora era chiamata la filosofia) dopo un corso di studi che, come racconta Francesco Zanotto nella sua Storia Veneta data alle stampe nel 1867, riscosse "ammirazione quando agli studii delle lingue e della musica aggiunse quelli delle scienze più astruse e severe compresa la medicina".
Continua Zanotto: "La insolitezza della cerimonia chiamò in Padova un numero straordinario di spettatori, a tale che non credendosi bastare il solito luogo fu scelta in quella vece la cattedrale, nella quale si collocò la tribuna a lato all'altare della Madonna; e, alla presenza di più di migliaia di persone, giunta Elena prostrossi innanzi tratto a piè della vergine invocando il suo aiuto e quindi espose, come volea l'uso del tempo, il testo del filosofo, ed ebbe quindi per unanime consentimento la corona d'alloro, la quale unitamente all'anello e mozzetta dottorale, le fu data da Carlo Rinaldini suo promotore".
Era la prima donna laureata nella storia e non lo fu in seguito in Teologia nonostante avesse terminato gli studi, non "perchè meno valesse in questa scienza" scrive ancora Zanotto, "che nell'altra, ma perché, messa in discussione la cosa tra uomini reputati, fuvvi tra essi chi con l'autorità di San Paolo che scrisse: Mulieres non docent, conchiuse non doversi ciò fare".
Il 1678 è una data miliare per le donne perché con questa cessa la discriminazione che impediva di fatto la loro frequenza degli insegnamenti universitari che era stata motivo nel medioevo persino di processi.
Ma le donne hanno esercitato la medicina pure in epoca antica, anche se dovettero costantemente battersi vincendo la diffidenza della società maschilista del tempo. Molte di esse si distinsero con coraggio nell'arte medica.
Erodoto ci racconta che donne operavano in Egitto nel V secolo a.C.; oggi sappiamo con certezza che effettuavano parti cesarei. Ma ancora prima la regina egiziana Hatshepsut nel 1485 circa a.C. viene ricordata e citata in una epigrafe come famosa conoscitrice dell'arte medica.
Nell'Atene dell'inizio del terzo secolo avanti cristo alle donne era vietato, pena la morte, di esercitare la medicina. Questa notizia, tramandata da fonti medioevali, ha una semileggendaria protagonista: Agnodice. Era questa una donna giovane e bella, non disponibile ad accettare il ruolo che al suo genere veniva assegnato in quell'epoca: quello cioè di moglie e di madre. Si racconta che Agnodice non sia stata solo medico del corpo ma anche dell'anima, fino a sedurre psicologicamente le pazienti e far ingelosire i loro mariti. Per esercitare la professione del medico fu costretta a travestirsi da uomo assumendo il nome di Leonida. Scoperta e condannata, ottenne la grazia con l'appoggio delle altre donne ateniesi che iniziarono lo sciopero sessuale così come avviene nella Lisistrata di Aristofane. Sarà l'unica fra le donne a poter esercitare l'arte medica per giunta in veste femminile.
Da questo episodio è stata tratta una versione teatrale di Maura Del Serra, una delle voci più intense e più originali della poesia italiana.
Un secolo dopo è ormai provato che una donna dal nome di Antioca divenne tanto esperta e famosa da essere citata da Galeno come fonte di utili prescrizioni. Gli abitanti di Tlos, antica città della Licia, le dedicarono una statua.
A Roma l'ostetricia era appannaggio delle donne; una di queste scrisse un libro sul ciclo mestruale e sull'aborto (Elephantis) nel secondo secolo d.C. Nella gravidanza e nel parto si compie quindi l'unico ruolo socialmente concesso alle donne.
Cornelio Celso autore di Artes, un vasto trattato enciclopedico, loda le donne medico romane. Ma il medico figura maschile sostituisce la levatrice quando la generica competenza tecnica di un universo tipicamente femminile deve essere supportata e sostituita dall'abilità teoricamente strutturata che consente l'uso di uno specifico strumentario.
Nel medioevo il ruolo della donna si esprime quasi totalmente nell'assistenza infermieristica e nella pratica ostetrica.
Ed è proprio nel primo periodo della scuola Salernitana, intorno all'anno mille, che emerge una figura rappresentativa di donna medico di nome Trotula assieme anche ad altri nomi: Abella, Mercuriade, Rebecca, Guarna e Costanza Calenda.
Trotula, che proveniva dalla famiglia salernitana De Ruggiero di origine longobarda, era, secondo la tradizione, una bellissima donna, tale da far innamorare quanti frequentavano la scuola. Il suo femminismo era tale che nei suoi insegnamenti non mancava di evidenziare costantemente il ruolo essenziale rivestito dalla donna nelle varie fasi della vita. Si dice che fosse così brava che non c'era a Salerno chi potesse competere con lei.Ci ha lasciato diversi insegnamenti raccolti nel De mulierum passionibus in, ante et post partum, che, come si può evincere dal titolo, è incentrato sulla gravidanza e puerperio, ma si allarga anche a comprendere la malattia della epilessia e l'odontoiatria. In un altro testo a lei attribuito, Pratica brevis è interessante questa raccomandazione: "Quando visiti il paziente chiedigli dove ha male, poi sentigli il polso, tocca la sua pelle per sentire se ha febbre, chiedigli se ha preso freddo e quando ha incominciato a star male e se sta peggio di notte. Guarda l'espressione della sua faccia, verifica la tensione dell'addome, chiedigli se l'urina passa con facilità, guarda con cura l'urina, verifica se vi sono macchie sul corpo e se non ne ha chiedigli se ha consultato qualche altro medico e quale era il suo responso. Chiedigli se non ha mai avuto un malore e quando. Poi, avendo trovato la causa del male, sarà facile determinare la cura". Una raccomandazione che conserva ancora oggi tutto intero il suo significato.
Ma se in Italia la donna sembra aver ricevuto in tutte le epoche un'educazione medica e in casi eccezionali ha occupato anche cariche di insegnamento, nel resto del mondo ciò non si è verificato se non molto tardi; basti questo episodio ad esprimere quali pregiudizi esistevano e ponevano le donne su di un piano morale separato che ci illumina sugli abiti mentali del tempo.
Il dott. James Barry (1797-1865), ufficiale medico dell'esercito inglese, godette di una reputazione di abile chirurgo per circa 50 anni. Era di bassa statura con voce stridula e faccia glabra. Durante l'esercizio professionale questo suo aspetto non sollevò mai dubbi nel corpo degli ufficiali, tra l'altro fu anche un provetto tiratore. Ma Barry era una donna, confermata solo alla sua morte dall'autopsia. Il ministero della guerra e tutta la classe medica del tempo furono colti da tale imbarazzo che la inattesa scoperta fu nascosta all'opinione pubblica del tempo e ufficialmente il dott. Barry fu sepolto come ufficiale e uomo di Sua Maestà.
Questi pregiudizi li ritroviamo anche nel mondo nuovo negli U.S.A e sono così radicati che negli atti dell'A.M.A. (American Medical Association) possiamo trovare questo breve intervento che la dice lunga sul ruolo della donna nella società del tempo (1871): Un'altra malattia è diventata una epidemia. "La questione della donna, in relazione alla medicina, è solo una delle forme in cui la Pestis Muliebris infastidisce il mondo. In altri modi essa attacca l'aula del tribunale, dibatte fra i banchi della giuria, e chiaramente ha intenzione di salire sopra il seggio parlamentare; essa lotta, invano, per raggiungere l'abito sacerdotale e tuonare dal pulpito; urla agli incontri politici, arringa nell'aula universitaria, infetta le masse con il suo veleno e trafigge persino il triplice ottone che circonda il cuore del politico".
Solo nel 1915 alle donne fu data piena partecipazione all'A.M.A. e nello stesso anno fu fondata l'American Medical Women's Association.
L'Italia non pose mai, apparentemente sola nel mondo civile, ostacoli alle donne ad accedere alle università e all'insegnamento.Voglio ricordare a tal proposito Anna Morandi Manzolini (1716-1774), che, per poter aiutare il marito pittore che doveva eseguire modelli anatomici in cera, perfezionò gli studi di anatomia fino al conseguimento della cattedra di Anatomia umana nell'Università di Bologna.
La Rivoluzione Francese introdusse tra le altre cose la parità uomo-donna e questa fu riconosciuta per legge anche nell'ambito dello studio e della pratica medica. Comunque sacche di resistenza sono state presenti fino a molto tempo dopo anche in Francia.
Marie Curie, scomparsa nel 1934, ricevette il premio nobel in fisica nel 1903 e nonostante avesse attirato l'attenzione del mondo scientifico per questo premio si è vista rifiutare l'ingresso nell'Accademia Francese delle Scienze. Il rifiuto venne deciso per un voto ed è da notare che la scienziata aveva già ricevuto il riconoscimento della Legion d'Onore che poi rifiutò. E questo rifiuto si rivelò ancora più assurdo dopo il secondo Nobel, questa volta ottenuto per gli studi di chimica (era per la prima volta per una donna). Se questi risultati scientifici dimostravano che una donna poteva brillare intellettualmente, avere tra l'altro un matrimonio felice coronato da due figli, i pregiudizi di genere erano duri a morire.
Tra i suoi appunti c'è un brano scritto nel 1921 (era vedova dal 1906) che dimostra il carattere e la tenacia di questa donna che era andata avanti a dispetto della sofferenza fisica, della indifferenza e anche di difficoltà finanziarie: "L'umanità certamente ha bisogno di uomini pratici, che offrono il meglio del loro lavoro, e senza dimenticare il benessere generale, salvaguardano i propri interessi. Ma l'umanità ha bisogno anche di sognatori, per i quali lo sviluppo disinteressato di una impresa è così accattivante che diventa impossibile per loro dedicare la loro attenzione ai loro profitti materiali".
Negli ultimi 50 anni le donne sono entrate prepotentemente nella professione medica ed hanno contribuito in maniera peculiare allo sviluppo della scienza e arte medica. Nel 1947 annoveriamo la prima donna premio Nobel per la medicina e la fisiologia. Si chiamava Gerti Theresa Cori. I suoi studi avevano dimostrato un importante concetto di genetica, cioè che un difetto enzimatico poteva essere congenito e causa di un disordine metabolico. Trenta anni dopo Rosalyn Yalow per suoi studi di radioimmunologia ricevette il secondo premio Nobel attribuito ad una donna.
E non possiamo dimenticare, a questo punto, Rita Levi Montalcini (Torino 1909), che ha svolto attività di ricerca nel Missouri e Nashville, scoprendo il fattore di crescita della fibra nervosa, Nobel per la medicina e prima donna ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze.
Siamo giunti a questi livelli con molta fatica e il cammino non può dirsi concluso. Ritengo positivo che non sia così, perchè ulteriori passi avanti che permettano l'avanzamento della donna nella società e che non siano limitati come nel passato in ambiti ristretti, sono un segnale con innegabili risvolti positivi per la nostra società. Non è comprensibile (voglio solo limitarmi alla politica della Fnomceo) che, quando discutiamo di codice di deontologia medica, quando parliamo di procreazione assistita, di clonazione e di riproduzione, le nostre donne non siano partecipi a queste discussioni. È innegabile che i contenuti risentano di tale mancanza e lo sviluppo del pensiero complessivo verso sempre migliori condizioni di vita ne abbia a soffrire.
La donna medico si è conquistata uno spazio sempre più ampio, un ruolo sempre più incisivo nella professione, dando prova di doti che tra l'altro non sono mai state messe in dubbio di efficienza e capacità. Questo dimostra che il lungo cammino di conquista attraverso i secoli ha reso le donne sicuramente molto meno pigre degli uomini e quindi più determinate e a mio avviso più brave.
12/06/2007
Maurizio Benato
Vice Pres. FNOMC e O e Pres. OMC e O Padova
Maura Del Serra f. 1948 från Pistoia är docent i litteratur vid universitet i Florens men är samtidigt en produktiv poet, dramatiker och översättare sarnt författare till litteratur kritiska verk om författare från Italien och andra länder Debuten som poet kom 1978 med L'arco (Valvet). Därefter har följt elva diktsamlingar och 2007 gavs samtliga hennes dikter ut i volymen L'opera del vento (Vindens verk). Som dramatiker har hon gjort sig ett namn med lyriskt genomarbetade pjäser bl.a om historiska personligheter som Scintilla (Augustinus hustru), Agnodice (grekisk fysiker från 300-talet f.kr.) och balettdansören Nijinskij.
Maura Del Serra har mottagit en rad priser för sina diktsamlingar och pjäser, vilka även blivit översatta till flera andra europeiska språk.
I sin poesi intresserar sig Maura Del Serra för det existentiella eller snarare för ett sökande i det existentiella genom att med språkets hjälp tränga in i flera nivåer av det mänskliga samtidigt. Själv menar hon att poetens uppgift år att vara översättare av det osynliga. Maura Del Serra djkter är ofta emblematiska där bilder som “Vi sitter i rummen, vi irrar i städerna / hjärtan i kött i hjärtat av sten", "skepp och skäl och ikon och dörr och kors av trä" eller “I folkens och generationernas vingärd” kondenserar betydelserna av det synbart enkla. Det poetiska sökandet kan försiggä i vardagliga miljöer - pä växlingskontoret, i en flygplanskabin eller i sängarna "där vi vilar som vallmor i strömmen" medan det förflyttar läsaren till en magisk tilivaro 'bortom" där poesin som intuitiv vetenskap medlar mellan olika motsatsförhållanden som föreställning - form, elier upplevelse - substans men framför allt mellan jaget och världen.
I dikter som "Ordet", “Ödet” och “Bakorn solen och natten” antar hon en profetisk ton, och visar hur platonskt-kristna religioner men även österländsk visdom är köllor ur vilka hon hämtar sitt tankestoff. Det centrala för Del Serra är dels poesin i sig - “Poesin är för mig moder och mästare pä djupet", säger hon, dels poesin som medel fär att utforska det gudomliga i människan. Detta läter sig dock inte göras en gång för alla utan varje dikt är ett fragment i detta arbete: som t.ex. i “Medvetande”: "Jag, en drottning i kedjor / --- / sitter på tronen av vatten jord eld / och luft: svävande mellan kända och okända väridar".
Åven dikter som gestaltar naturen och dess besjälning som “Till vindens lov” eller "Vägens grönska", talar lika mycket om människan och hennes inneboende andlighet och hur vi genom denna andlighet är länkade till naturen. Det är också där vi får kontakt med det poetiska som i sin tur hjälper oss att efterforska oss själva och så är cirkein sluten.
Ida Andersen, författare och litteraturvetare
Texten är från 2008
Carovana poetica tra Toscana e Francia
Si inaugura oggi, a Pistoia, la carovana poetica "Poesia sulle mura. Le mura dei poeti", gemellaggio tra poeti toscani e francesi. Tre giorni di reading, conferenze e laboratori di traduzione, incentrati sul tema delle mura così come furono cantate da Piero Bigongiari, uno dei grandi esponenti dell'ermetismo del Novecento (sua la raccolta Le mura di Pistoia, interamente tradotta in francese). Tra i partecipanti, i francesi Olivier Bastide, Angèle Paoli, Dominique Sorrente, André Ughetto, e i toscani Martha Canfield, Alessandro Ceni, Maura del Serra e Paolo Fabrizio Iacuzzi. Pistoia, biblioteca S. Giorgio, v. S. Pertini, dalle 17 di oggi fino a venerdì 24 (info su www.comune.pistoia.it)
"La Repubblica"
22 aprile 2009
Patrikios: "Poesia rimedio all'oblìo"
L'Aquila - "La sua poesia è un rimedio all'oblio, un'inesausta esortazione al ricordo... La vitalità traspare anche nei momenti più cupi ed è nutrita dalla profonda consapevolezza che la natura, anche nelle sue manifestazioni più minacciose, è un'apertura alle sensazioni e ai sentimenti".
Questa la motivazione del riconoscimento attribuito a Titos Patrikios, poeta greco, ospite d'onore dell'ottava edizione del premio letterario internazionale intitolato a Laudomia Bonanni. Un'edizione speciale quella di quest'anno, che espunge l'aspetto competitivo e lascia spazio all'omaggio in versi che i poeti, vincitori delle passate edizioni hanno voluto rendere a L'Aquila. La poesia di Patrikios bene si presta al particolare momento che la città dell'Aquila sta vivendo. Ne è convito Renato Minore, giornalista e componente della giuria: "La sua poesia è un momento balsamico per l'animo umano. Ci sono molte poesie di Patrikios che hanno come sfondo il terremoto della Grecia e la ricostruzione. Ricostruzione non solo delle case, ma anche delle stanze, simbolo degli affetti, delle anime".
Convinti della necessità di proseguire la tradizione del premio intitolato a Laudomia Bonanni sono Pietro Spataro e Marialuisa Spaziani. "Il premio di quest'anno è più importante degli altri anni, per la testimonianza di affetto che vogliamo dare a questa splendida città - afferma Maria Luisa Spaziani, componente della giuria. - Una città che ha radici profonde. Gli aquilani stanno facendo di tutto per mantenerle salde e non perdere l'unicità della cultura".
"La scelta di dedicare il premio a L'Aquila ferita credo sia la migliore - ha dichiarato Spataro, uno dei vincitori delle passate edizioni. - Subito dopo il sisma ho avuto un grande senso di sconforto e ho voluto comporre dei versi per una città alla quale sono legato da anni. Un legame che il Premio Bonanni ha rafforzato".
"Era assolutamente necessario dare un segnale di continuità. Lo abbiamo voluto fare con questa edizione - ha affermato il presidente Carispaq Antonio Battaglia. - Vorrei ringraziare tutti per quello che hanno fatto per L'Aquila. Noi aquilani abbiamo bisogno di cibo, ma non di essere imboccati. Vogliamo nutrirci da soli".
"Il mostro ha segnato un baratro tra il prima e il dopo - ha commentato Stefania Pezzopane. - Nei giorni dopo terremoto, la prima necessità è stata quella di ritrovarci, di stringerci attorno a dei segni delle nostra identità, alle nostre radici. Abbiamo compreso che non potevamo mollare su niente. Neanche sull'organizzazione di un premio che andava però rivisto".
Nel corso della serata conclusiva, condotta in maniera brillante dal giornalista RAI Andrea Fusco, sono state lette le poesie dei vincitori delle passate edizioni. Paolo Ruffilli Dalle pareti aperte, Maurizio Cucchi Abruzzo, Alba Donati Il grande lupo, Daniele Cavicchia Lei siede immobile, Valerio Magrelli Lo sciame, Pietro Spataro Descrizione della scena e Maura Del Serra L'Aquila, dopo.
Tra i poeti anche due giovani aquilani: Ugo Capezzali Frantumi di tempo e Manuela Ardingo Come ti chiami.
Poesie lette dalle splendide voci di Bartolomei Giusti e Eva Martelli.
"Vorrei dedicare il premio alle mie figlie che mi hanno costretto a venire qui. Sono rimasto profondamente colpito dal silenzio mortale di questa città e dalle finestre aperte del centro storico - ha infine detto Patrikios. - E poi sono rimasto colpito da una parola che gli aquilani usano spesso in questi giorni... Nonostante... Io spero che presto recupererete la voglia di dire grazie a..."
"In Abruzzo" 31 ottobre 2009
Una poesia per L'Aquila
ROMA (3 novembre) - Dopo la consegna delle prime casette, si dovrà ancora ricostruire all'Aquila e serviranno infissi, travi, mattoni per rimettere in piedi le vecchie abitazioni o costruirne di nuove. Ma per ricostruire dopo quella notte che ha scardinato tutto, case e chiese, luoghi di lavoro e luoghi d'incontro, servono anche le parole.
Quelle parole speciali che portano impresse nel DNA il lutto e la gioia, il dolore e la pietà, l'emozione e il fervore conoscitivo, il suono e la memoria, il paesaggio reale e il paesaggio interiore dell'anima. E segnano la via della possibile speranza in modo che svanisca l'incubo dell'annientamento di ogni terremoto nella memoria dei sopravvissuti. E che si alimenti il desiderio della continuità dell'esistenza ferita da una scossa che sembrava non essersi mai arrestata, che ha visto stravolta ogni abitudine, ogni certezza di sé negli spazi e nei tempi della propria vita, con l'emergenza continua nel volto dei tanti disagi di una vita frantumata e scenari futuri ancora imprevedibili.
Servono le parole solidali dei poeti, quei poeti che hanno scritto una poesia per l'Aquila e l'hanno letta nell'Auditorium della Carispaq durante la cerimonia del Premio Internazionale "Laudomia Bonanni". Sono Daniele Cavicchia, Maurizio Cucchi, Maura Del Serra, Alba Donati, Paolo Ruffilli e Pietro Spataro, cioè i vincitori delle precedenti sei edizioni. Ognuno ha raccontato il terremoto a suo modo, versi di dolore, di rabbia, di sconcerto, di speranza.
L'impressione è quella di una cronaca profonda, di un racconto diverso di quell'evento che pure è stato mostrato, commentato, vissuto da tutti. I poeti si sono chiesti (come Alba Donati e Daniele Cavicchia) chi potrà costruire le "stanze" dentro le case che sorgeranno. Si sono interrogati (come Maura Del Serra e Pietro Spataro) sulla memoria ferita che "ci chiama al suo battesimo di coscienza civile". Hanno scoperto la "natura carnivora" (è il caso di Maurizio Cucchi e Valerio Magrelli) come nella Ginestra di Leopardi, quella natura madre-madrigna da maledire e da adorare, che si vince solo obbedendo alle sue leggi che sono sempre meno rispettate.
Diceva bene Titos Patrikios, il poeta greco che quest'anno ha ottenuto al "Laudomia Bonanni" il previsto riconoscimento internazionale. Servono le parole solidali dei poeti, non a caso in più versi di quelli nati per l'Aquila si parla di una spinta solidale che porta alla ricostruzione. La poesia indica che nella vita c'è il dolore e lo struggimento, e c'è anche la possibilità della speranza, la difficile speranza che la vita colpita al cuore continui. Muovendo pensieri e parole e soffiandovi via tutta la convenevole patina, i poeti sono eroici, disarmati e materni nell'impresa di sostenere, con corpo e con anima, i nostri sentimenti, di fronte ai grandi eventi dell'esistenza, con tutti i suoi beni e i suoi mali, le sue verità e i suoi inganni, inestricabilmente legati tra loro e tra loro indistinguibili.
RENATO MINORE "Il Messaggero" 3 novembre 2009
Maura Del Serra con Titos Patrikios, al Premio "L. Bonanni" 2009
Mastrocola vincitrice del Camaiore poesia "Una vittoria che non mi aspettavo" - ha commentato Paola Mastrocola - "È il riconoscimento di un duro lavoro".
Viareggio, 12 settembre 2010 - Paola Mastrocola è la vincitrice del Premio Letterario Camaiore di poesia. Con La felicità del galleggiante (Guanda), si è aggiudicata la 23/a edizione del Premio convincendo, con la sua opera, la giuria popolare che ha dovuto scegliere tra i cinque finalisti. "Una vittoria che non mi aspettavo - ha commentato Paola Mastrocola - È il riconoscimento di un duro lavoro. Il mio primo libro lo scrissi a 35 anni e ci sono voluti anni per vederlo pubblicato. È difficile occuparsi di poesia in un mondo basato sullo spettacolo, sul successo e sul denaro". Mastrocola, con 23 voti, ha avuto la meglio su Alessio Brandolini con Il fiume nel mare (Lietocolle, 15 voti), Antonio Riccardi Aquarama e altre poesie d'amore (Garzanti, 4 voti), Giorgio Luzzi Sciame di pietra (Donzelli, 3 voti) e Alberto Toni Alla lontana, alla prima luce del mondo (Jaca Book, 2 voti).
Durante la cerimonia finale la giuria tecnica presieduta da Francesco Belluomini e composta da Alberto Bevilacqua, Corrado Calabrò, Giorgio Celli, Paolo Di Stefano, Paola Lucarini e Mario Santagostini ha anche consegnato premi speciali a Gianni D'Elia per Trentennio (Einaudi), Maura Del Serra con Tentativi di certezza (Marsilio) e Maria Luisa Spaziani per La radice del mare (Tracce).
Una menzione speciale per Tomaso Pieragnolo, curatore di Eunice odio - questo è il bosco (Via del vento). Premio Internazionale a Ernesto Cardenal con l'antologia Nicaragua mondo universo (Le Lettere) e Seamus Heaney con l'opera District and circle (Mondadori). Per conto dell'anziano poeta irlandese ha ritirato il premio l'Ambasciatore d'Irlanda Patrick Hennessy. Il Camaiore Proposta è andato a Giacomo Panicucci per Suite di prose liriche (Genesi). Mastrocola ha già vinto il Campiello nel 2004 con l'opera Una barca nel bosco, con La gallina volante il premio Calvino inedito nel 1999 e il premio Selezione Campiello nel 2000.
"La Repubblica"
12 settembre 2010
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