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STUDI ROMEI Orlando L'Orlando innamorato del Boiardo è "un testo
che - a poco più di una generazione di distanza - appare sensibilmente
invecchiato. La lingua in cui è scritto, l'emiliano 'illustre' dell'autore,
suona sgradevole all'orecchio educato dalla nuova letteratura che trova
nel Bembo il suo principale riferimento. Si allestiscono pertanto riscritture
'grammaticali'". Michel Bonelli è uno degli autori che si cimentano
nella riscrittura del poema (riscrittura che Neil Harris denomina "raffazzonamento")
(pp. 1-2) VIRGILI Nei "primi anni del Cinquecento [la creatività dell'ingegno italiano], che abbondò nei secoli [precedenti], era esausta: perfezionare imitando o [...] copiare era il principale intento dell'arte: non si [voleva] più dire né sentir cose nuove, ma dirle e sentirle dir bene. Tutti i generi erano ormai stati tentati"; solo resisteva: "la poesia che narrasse, e narrasse cose non utili e vere, ma immaginarie e piacevoli" (p. 299). Tutto questo poi avveniva in tempi che si facevano sempre più duri e difficili per l'Italia. L'Orlando del Boiardo era rimasto incompiuto a causa della morte dell'autore, così, pochi anni dopo, iniziarono ad apparire i primi continuatori (il Virgili ne cita solo alcuni). Nel 1506 venne stampato nuovamente il poema a Venezia, con l'aggiunta di un quarto libro di undici canti, autore del quale era Niccolò degli Agostini. Successivamente (nel 1514) uscì un secondo libro aggiunto, sempre dell'Agostini (ne compose anche un terzo di soli sette canti). Un altro continuatore fu un certo Raffaello Valcieco da Verona, che stampò, nel 1518 a Milano, i tre libri boiardeschi con in più due suoi tutti nuovi. Gli autori che competevano per questa impresa erano numerosi, ma il maggiore fu sicuramente Ludovico Ariosto, che nel 1516 a Ferrara fece stampare per la prima volta il suo Orlando furioso, che era praticamente la seconda parte dell'Orlando innamorato e dal quale non poteva essere scisso. Per quanto riguarda invece i rifacimenti, sembra che alcuni scrittori, come Teofilo Folengo, Pietro Aretino e Ludovico Dolce, fossero tentati dall'idea di "riscrivere" l'Innamorato, ma non la misero in pratica; altri invece si cimentarono in raffinamenti e rifacimenti (era infatti consuetudine dell'epoca per opere stilisticamente poco pregiate come poteva essere quella del Boiardo). È il caso di Francesco Berni e Ludovico Domenichi, il quale fece stampare per la prima volta il suo rifacimento nel 1553 (pp. 299-305) |