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TOMMASO GIUNTI
editore

(1494 - 1566)

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DEL TESTO

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Rime


 

 

STUDI



 

VIRGILI


       La famiglia Giunti di Firenze divenne prestigiosa in Italia grazie alla sua fortuna nel commercio librario (p. 154) 
       La stessa famiglia fondò una casa editrice anche a Venezia acquistando grandi ricchezze. Con la morte di Lucantonio Giunti, titolare, la gestione della stamperia veneziana (che prese il nome di Eredi di Lucantonio Giunti) passò ai successori Mariotto, Giovan Maria e Tommaso; quest'ultimo era capo e direttore di questa (pp. 562-563) 

       Sul finire del terzo decennio del 1500 si aprì un forte battibecco, a suon di sonetti e lettere, fra il poeta Gian Alberto Albicante e Pietro Aretino, un tempo amici. Questa disputa acquista per noi un significato particolare in quanto ci ricollega alle vicende del rifacimento dopo la morte del suo autore. Infatti, l'editore Francesco Calvo aveva, in questi anni, intenzione di pubblicare per la prima volta il rifacimento del Berni, avvalendosi della collaborazione di un poeta, il quale era proprio Gian Alberto Albicante. Giunto a conoscenza di ciò l'Aretino, che si trovava nel bel mezzo della "zuffa" suddetta, e preoccupandosi per quella stampa del rifacimento, nel quale era sicuramente contenuto anche il suo nome, associato a parole o concetti poco lusinghieri, pensò bene di interrompere quel battibecco volgendolo ai propri fini. Ecco quindi il "divino Aretino" umiliarsi di fronte all'Albicante con efficaci richieste di pace, in cambio di una raccomandazione presso Francesco Calvo. A questo punto ci occorre menzionare una lettera che l'Aretino inviò al Calvo il 16 febbraio del 1540, nella quale, molto gentilmente, si impone all'editore una scelta: "sète obbligato o a non dar fuora il libro, o a purgarlo da ogni maladicentia". Il docile Calvo, forse impaurito dal famoso temperamento dell'Aretino, decise così di stampare il libro privo di quelle maldicenze (pp. 543-546) 

       La prima edizione del rifacimento uscì il 1 gennaio del 1542 dalla tipografia di Andrea Calvo a Milano, riveduta e corretta da Gian Alberto Albicante. Andrea Calvo era infatti il fratello di quel Francesco sopra citato; quest'ultimo, vero padrone della tipografia, volle forse rimanere nell'ombra in questa vicenda inserendo nella stampa il nome del fratello (pp. 555-556) 

       La revisione del rifacimento da parte dell'Albicante fu scrupolosa e lunga (occorsero infatti due anni). Oltre ai tagli che il rifacimento subì si possono scoprire anche numerose aggiunte sicuramente nel primo canto, in parte del secondo e negli ultimi due. In questi brani la mano dell'Albicante, con l'aiuto certamente dell'Aretino, è senza dubbio riconoscibile (pp. 561-562) 

       Ma c'è un altro punto da trattare: esiste infatti un'edizione del rifacimento datata ottobre 1541. Questa edizione, che secondo la data dovrebbe essere la prima, fu stampata a Venezia con l'autorevolissimo nome dei Giunti. Sembra però che, anche in questo caso, ci fosse lo zampino dell'Aretino. Infatti le due edizioni si scoprono esattamente identiche: gli stessi errori, le stesse lettere sbagliate o fuori riga, gli stessi spazi. Insomma le due stampe sono in realtà una sola e Tommaso Giunti, amico devoto di Pietro Aretino, accettò di inserire l'onorato nome Giunti di Venezia su un libro stampato invece dal Calvo a Milano. A prova di tutto ciò un sonetto dell'Albicante in lode del Berni, che compare sia nell'edizione del Calvo che in quella dei Giunti, e un marchio tipografico anomalo della casa veneziana, che forse la dice lunga sull'accaduto. Infatti, sul frontespizio dell'edizione del 1541 non compare il notissimo marchio dei Giunti ma una specie di piccolo giglio, molto simile ad "un asso di fiori", forse un indizio del pudore di questi. Sapendo inoltre che il Berni chiese nel 1531 il privilegio di stampa al Senato veneto, ottenuto per dieci anni, e considerando la data della stampa milanese avvenuta proprio allo scadere di quei dieci anni (primo gennaio 1542), si può pensare che occorresse proprio la necessità di una prima stampa (falsa), nel luogo dove il Berni aveva ottenuto il privilegio prima di morire, succeduta poi da quella milanese che doveva esser creduta diversa e seconda rispetto alla veneziana. In questo modo il rifacimento corrotto acquistava certamente una maggior credibilità, garantita da due diversi editori, dei quali uno autorevolissimo (pp.562-566) 

       Ma "la soverchieria dell'Aretino", come la chiama il Virgili, "non passò poi così liscia" (p. 571) Tre anni più tardi, infatti, nel giugno 1545, comparve a Venezia un'altra edizione giuntina che riportava sul frontespizio le seguenti parole: "Aggiunte in questa seconda edizione molte stanze dell'autore che nella prima mancavano" (p. 571) E questa volta i Giunti (Tommaso era ancora capo e direttore di questa stamperia) dissero il vero, poiché questa stampa era veramente la seconda e non la terza. Non solo, il piccolo marchio stilizzato dell'edizione del 1541 fu sostituito con quello originale e decorato della stamperia Giunti con tanto di iniziali del titolare (Luca Antonio). Ora, se la stampa del 1541 fosse stata una falsificazione i Giunti sicuramente se ne sarebbero lamentati in questa del 1545, ma in essa non c'è traccia di lamentele. È molto probabile invece che questi, tre anni dopo, volessero o riparare all'infamia a cui avevano collaborato oppure (e ciò è più credibile), "allettati dal lucro [...] che non avrebbe mancato di dare questa seconda edizione, si ritraessero dalla partita giocata a disdoro del povero Berni" (p. 575) 
       È inutile dire che nella stampa del 1545 non c'è traccia dell'Albicante. "Le prime ottantadue stanze sono [infatti] diverse da quelle sconcissime che corrispondono loro nella prima edizione, e queste della seconda sono certamente del Berni" (p. 577) Quanto alle stanze propriamente nuove, in questo primo canto, ne troviamo solo tre, quelle cioè che dedicano il rifacimento ad Isabella D'Este e Vittoria Colonna. Dalla stanza ottantatreesima, poi, ricominciano le conformità con la passata edizione, ma compare anche un discorso molto importante: "Le poche stanze che seguono sino alla fine del primo Canto, e dubitiamo d'alcune ancora del secondo, non sono del presente autore M. Francesco Berni, ma di chi prosuntuosamente gli ha voluto fare tanta ingiuria" (p. 577) 
       Nonostante questo rimangono purtroppo nel rifacimento molti tratti anomali, punti vuoti o sottratti, che non è possibile rintracciare e dei quali non è lecito incolpare né l'Aretino né altri (pp. 571-580) [Vedi Storia del testo]