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(Caprese, 6 marzo 1475 - Roma, 18 febbraio 1564) |
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TESTI
STUDI ROMEI Berni e berneschi Secondo una celebre lettura continiana, ciò che
il Berni apprezza nel linguaggio poetico michelangiolesco è
la capacità del Buonarroti di avvalersi di "parole evocatrici, di
[...] parole-cose", in grado di manifestare "un senso della concretezza",
la capacità di assegnare alla parola il compito della rappresentazione
del reale. Le caratteristiche di questo linguaggio sembrano contrapporre
radicalmente l'autore "all'evanescente petrarchismo delle parole-parole".
Non solo: secondo Contini, considerato l'ascendente popolaresco che soggiace
a questo linguaggio, si potrebbe affermare che fra la rimeria petrarchistica
e la poesia di Michelangelo si frappone il genere burlesco e satirico.
Per quanto riguarda il rapporto fra la poesia di Michelangelo e il petrarchismo del Bembo si deve aggiungere che, mentre il primo rifiuta drasticamente la teoria linguistica proposta dal secondo, non rinuncia in tutto al suo modello letterario, aderendo nella fase più tarda della sua poesia a una forma di petrarchismo spirituale non troppo difforme da quello del Bembo (pp. 143-144) Da un confronto fra la poesia bernesca e la poesia di Michelangelo risultano evidenti analogie, rintracciabili soprattutto sotto il profilo dei "riti compositivi" e degli "schemi fraseologico-metrici" che entrambi ereditano da un retroterra condiviso; soltanto nel capitolo Risposta di fra Bastiano Michelangelo adotta per la prima volta il capitolo epistolare bernesco, nonché forme tipiche del poeta di Lamporecchio. Al di là della 'professionalità' poetica del Berni di fronte ad una sorta di 'dilettantismo' professato dallo stesso Michelangelo, si può dire che la linearità, la scorrevolezza del primo sono lontane dalla frammentazione, dall'asprezza (comunque tutta ragionata e letteraria) del secondo (pp. 148-149) La poesia di Michelangelo è in gran parte irriducibile
a contesti biografici puntuali. Completamente diverse, invece, le motivazioni
della rara produzione d'impegno politico e della più numerosa produzione
burlesca. In questi casi si tratta, infatti, di poesia d'occasione, legata
ad eventi, fatti, stimoli esterni. Non solo, il secondo genere risulta
dominato da un malessere sottostante, da una profonda insoddisfazione:
è la poesia del disagio e della crisi, che assume l'apparenza del
gioco e dello svago. Si può pensare al capitolo I' sto rinchiuso
come la midolla, composto fra il 1546 e il 1550. Anche in questo caso
parlare di "realismo" sarebbe assolutamente fuori luogo, semmai si potrebbe
parlare di deformazione violenta della realtà, di una realtà
tutta interiorizzata. L'occasione del componimento burlesco è un'occasione
dolorosa, l'analisi spietata della propria condizione esistenziale: un
bilancio amaro che induce alla condanna di quanto di mondano c'è
stato nella propria vita, senza risparmiare né l'arte né
l'amore.
Concludendo possiamo affermare che la poesia burlesca di
Michelangelo si rifà essenzialmente a canoni quattrocenteschi. Nonostante
la sua presenza a Roma proprio negli anni in cui l'Accademia dei Vignaiuoli
raggiunge la sua massima fertilità (fra l'altro Michelangelo è
legato da rapporti di amicizia con alcuni membri di questa), la poesia
dell'artista rimane isolata e indipendente, quasi in coerenza con il suo
animo schivo, appartato e solitario. Romei afferma chiaramente che "il
'bernismo' di Michelangelo [...] non esiste [...]; solo in risposta a una
provocazione diretta [l'artista] si accosta alla nuova tecnologia del capitolo
epistolare, mantenendo peraltro la voce di asprezza e di sottigliezza che
gli è propria e inconfondibile" (p. 166)
ROMEI Introduzione Uno dei generi prediletti dal Berni è la parodia.
La maggior parte della sua produzione parodica si ha nel triennio compreso
fra 1524 e il 1527, ma è "anticipata già nel 1523 (XX)".
La poesia parodistica "implica la questione dell''antipetrarchismo' bernesco.
[...] Non all'intangibile Petrarca si volta il veleno del Berni, ma alla
rimeria meccanica dei petrarchisti [...] di contro all'aspra e dolorosa
poesia di Michelangelo ('tacete unquanco, pallide
vïole / e liquidi cristalli e fiere snelle: / e' dice cose e voi dite
parole' [LXV 29-31]). I bersagli puntuali sono d'eccellenza: il
Castiglione (XX), il Bembo (XXX, XXXI). [...]
VIRGILI Nel 1534 il Berni scrisse un capitolo a fra' Bastiano del Piombo, nel quale si esalta Michelangelo Buonarroti. Il capitolo ebbe una risposta, sempre in nome di fra' Bastiano, scritta dallo stesso Michelangelo, nella quale si legge un sincero sentimento di affetto e di stima reciproca. I due artisti ebbero modo infatti di conoscersi e forse anche frequentarsi, sia nel breve periodo che il Berni trascorse a Roma nei primi mesi del 1534, sia durante il soggiorno a Firenze del Buonarroti nel 1533, occupato nei sepolcri Medicei e nella libreria di San Lorenzo (pp. 467-470)
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