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TESTI
STUDI LONGHI Col termine parodia si intende "il capovolgimento e l'alterazione del senso di un testo preesistente di altro autore, conseguiti per mezzo di sostituzioni e spostamenti lessicali: la piena intelligibilità del componimento parodico si conquista solo con la scoperta dell'esemplare parodiato" (p. 5). Fra i componimenti del Berni ne troviamo alcuni che sono classici esempi di parodie: il sonetto Divizio mio, io son dove il mar bagna (1523) è un esplicito controcanto di un sonetto del Castiglione Cesare mio, qui sono ove il mar bagna; il sonetto Né navi né cavalli o schiere armate (1527) è la parodia di Mentre navi e cavalli e schiere armate del Bembo; e sempre maliziosamente contro la poetica bembesca è il sonetto Chiome d'argento fine, irte e attorte (1530), che rovescia i canoni dell'amore ideale e petrarchesco di Crin d'oro crespo e d'ambra tersa e pura e di Moderati desiri, immenso ardore. La parodia, quindi, stravolge completamente il significato del testo originario; andando a colpire polemicamente l'ideologia dell'autore parodiato, rendendola risibile, si manifesta un dissenso molto più aggressivo rispetto ad una contestazione seria e ragionata (pp. 5-6) ROMEI Introduzione La parodia bernesca esordisce nel 1523 con il sonetto a Monsignor Angelo Divizi da Bibbiena, con il quale non solo si parodizza un componimento del Castiglione ma si definisce, fin dai primordi, il principale bersaglio che ci si propone: il petrarchismo ortodosso. È necessario, però, specificare che l'aggressività del Berni non si rivolge direttamente al Petrarca, ma ai suoi imitatori, alla loro "rimeria meccanica", vuota, della quale deride "l'automatico incastro di statici frammenti (XXXI), il pomposo disimpegno (XXX), l'eterea vacuità, di contro all'aspra e dolorosa poesia di Michelangelo ([...] 'e' dice cose e voi dite parole' [LXV 31]). I bersagli puntuali sono d'eccellenza: il Castiglione (XX), il Bembo (XXX, XXXI). E non c'è dubbio che il nuovo gusto parodico riflettesse una delle vene più notabili del Dialogo contra i poeti [...]. La magra poesia di questi anni, dunque, se non è estemporanea e occasionale e non ha finalità diverse da quelle proprie dell'arte [...], è un'antipoesia, una poesia negativa [...], che non si discosta troppo dall'impegno di 'spoetarsi' assunto nel Dialogo" (p. 12) |