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STUDI MARTI "La ricercatezza formale, il gusto della perfezione linguistica, la smagata e sempre vigilantissima sapienza tecnica, sono, del resto, elementi che ai petrarchisti del Cinquecento accomunano il Berni, il quale – sotto questo profilo – potrebbe pur essere considerato proprio come un petrarchista dell'antipetrarchismo. Ma il Berni era portato a parodiare del petrarchismo l'irreale e stilizzata immagine femminile, l'infatuazione senza controllo e senza specifico vantaggio, la marea soffocante ed infine inutile dei risaputi giochetti lessicali e delle immagini rifritte; insomma la sua parte deteriore ed in effetti più caduca. Per questa via, anzi, egli giunge a proporre un concetto di poesia, che è solo capriccio e bizzarria singolare ed individuale, fuori dell'agghindato giardino petrarchesco" (pp. 226-227) NENCIONI L'utilizzo della rima parossitona trova un chiaro modello nell'Ariosto, nel Petrarca, in Dante, nel Pulci (p. XIV) "Non per nulla, mentre il Boiardo si appella ad una corte
effettiva, immersa nei miti cavallereschi, il Berni petrarchista 'malgré
lui', dichiarava di narrare per un astratto pubblico di anime petrarchescamente
elette e innamorate (si confronti la protasi del Boiardo con la bernesca)"
(p. XXIII)
ROMEI Orlando "In XXV [I xxv] 6 del rifacimento leggiamo:
[...] citazione [...] del Petrarca:
[...] Petrarca contro la letteratura cavalleresca, sintetizzata in versi famosi proprio nei Trionfi:
I 'sogni' dei cavalieri 'erranti' sono degno pasto del
'vulgo' ignorante: la cultura è ben altra cosa. E non si dimentichi
che la polemica viene fatta propria e sviluppata dalla schiera dei commentatori
dei Trionfi e custodita [...] dall'umanesimo, che persevera nel
disdegno di questa materia da cantimbanchi. E non si dimentichi che il
Berni nasce umanista. Umanista – beninteso – in pieno sfascio" (p. 13)
ROMEI Introduzione "Fra le due opere in prosa del Berni, entrambe di questo periodo, conviene partire dal Dialogo contra i poeti, pubblicato anonimo forse nel 1526. È un opuscolo di gusto paradossale e [...] lucianesco, connotato da una fioritura giocosa persino farsesca, in carattere con la stilizzazione più coerente dell'autore. Ma è, nella sostanza, un opuscolo acremente polemico, con punte di autentica crudeltà [...] che denuncia e condanna l'inane protervia, lo squallore morale, l'empietà della poesia umanistica [...]. Le complicità ideologiche che traspaiono dal dialogo (la disputa rigorista contro la poesia, la disputa sull'imitazione [...]) escludono perentoriamente che vi si possa leggere una poetica delle 'bagatelle', del disimpegno giocoso, o, al contrario, dell'impegno realistico, malgrado le istanze di petrosa concretezza che vi sono espresse [...]: per la poesia non c'è scampo [...]" (pp. 10-11) Durante il periodo compreso tra 1524 e il 1527 il "Berni
non smise ma diradò l'attività poetica in volgare: una decina
di sonetti in tre anni (ed è appunto stagione del sonetto) è
il frutto del primo periodo gibertino. Se si eccettuano gli occasionali
(XXII, XXIII, XXVI, XXVII, XXVIII) e il 'grave' a Vittoria Colonna (XXV)
[...], le voci più distinte di questa fase poetica sono la satira
politica e la parodia. Della prima (XXIV, XXIX, XXX) [...], abbiamo già
anticipato qualche motivo [...]. La seconda, anticipata già nel
1523 (XX) [testo], implica la questione dell''antipetrarchismo' bernesco.
[...] Non all'intangibile Petrarca si volta il veleno del Berni, ma alla
rimeria meccanica dei petrarchisti [...] di contro all'aspra e dolorosa
poesia di Michelangelo ('tacete unquanco, pallide
vïole / e liquidi cristalli e fiere snelle: / e' dice cose e voi dite
parole' [LXV 29-31]. I bersagli puntuali sono d'eccellenza: il Castiglione
(XX), il Bembo (XXX, XXXI)" (pp. 11-12)
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