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("cuoco") |
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TESTI
STUDI LONGHI Potrà sembrare piuttosto curiosa la scelta che il Berni compie assegnando il ruolo di interlocutore ad un cuoco (Piero Buffet) in ben tre importanti capitoli (quelli in lode della peste e in lode d'Aristotele) nonché nelle stanze autobiografiche del rifacimento. In realtà il tema della cucina, che comprende inevitabilmente anche il protagonista di questa (ovviamente il cuoco), appartiene ad una tradizione burlesca ormai consolidata. Il "linguaggio del cibo" viene sfruttato da numerosi autori giocosi del '400 e del '500 (oltre ai cardi, alle anguille, alle pesche, alla gelatina del Berni, si può pensare per esempio al Pulci che fa cuoco il suo Margutte, al Burchiello, all'Aretino, al Mauro, al Bini) proprio per la sua capacità intrinseca di abbassare il tono di ciò di cui si sta trattando; non solo, non "c'è realtà che [questo linguaggio] sia inadeguato a descrivere: nel capitolo bernesco in lode d'Aristotele [LIV], le azioni e i gesti della pratica quotidiana della cucina mimano i procedimenti analitici del filosofo, che 'comincia dalle cose generali, / e le squarta e sminuzza e trita e pesta' (57-58); e l'eccellenza di Aristotele, il suo 'vantaggio' rispetto agli altri, qualitativamente differente da 'quel ch'è fra la quaresima e fra l'unto' (16). Argomenti buoni a convincere, grazie a questi professionali ammicchi, l'interlocutore cuoco; ma vale insieme il richiamo generale a un nuovo e più diretto rapporto tra le parole e le cose: 'Hanno gli altri volumi assai parole: / questo è pien tutto di fatti e di cose, / ché d'altro che di vento empier ci vuole' (79-81)" (p. 93) Se la poesia burlesca può essere definita refrattaria ad ogni ascesi, è vero anche che essa dovrà "di necessità passare attraverso il corpo, e misurarsi con la fisicità del reale. Per questo l'attività del poeta può essere assimilata alle operazioni del cuoco; e i capricci del Berni possono nascere da una spinta identica a quella che produce i "pasticci di castagne" di Piero Buffet [LIV 103-106] (p. 94) Ma c'è dell'altro, il linguaggio del cibo "non è
[...] un discorso univoco, ma ambivalente e doppio [...]. I cibi sono decrittabili
sempre come metafore [...] di oggetti sessuali; la normativa per la loro
confezione e imbandigione è nello stesso tempo esperta regia di
gesti e comportamenti erotici" (p. 82) Un esempio calzante in questo senso
si può trovare nel Capitolo delle Pesche del Berni, che si
ricollega alla tradizione giocosa duecentesca e al Pulci, dal quale traspare
il senso nascosto dell'omosessualità dell'autore, "frecciata convenzionale
alla presunta pederastia degli ecclesiastici" (pp. 82-83)
ROMEI Introduzione Lasciata Padova e rientrato a Verona, "marcando il definitivo
distacco dall'ideologia gibertina, [il Berni] tornava alla poesia matta
e disperata - incredula, ormai, di ogni riscatto e di ogni impegno edificante
- dei capitoli di lode; non più equivoca, peraltro, ma schiettamente
paradossale. Scelto ad interlocutore il maître della magra cucina
del Giberti (coprotagonista delle stanze 'autobiografiche' dell'Innamorato
e della mitizzazione del 'letto' che vi si celebra), il Berni cantava due
volte la peste e il debito e - a rovescio - Aristotele" (p.
16)
ROMEI Orlando Nel rifacimento dell'Orlando innamorato ci sono "dei riferimenti non mordaci a personaggi contemporanei di modesto affare [...]: [...] maestro Piero Buffet, [improbabile] cuoco di Matteo Giberti (LXVII [III vii] 36-57)" (p. 3) Questo ambiguo personaggio compare anche nel significativo
episodio che conclude l'Orlando innamorato. "Tra i cavalieri ospiti
delle ninfe della Fonte del Riso (LXVII [III
vii]) il Berni mette anche se stesso. Ma non coinvolto negli spassi
che rallegrano il tempo delle creature del Boiardo, bensì in uno
stato che sconfessa tutta la buona volontà, tutta la saggezza, tutta
la cristiana operosità dispiegata nel poema. [...] ha per solo compagno
una sorta di gemello, un 'alter ego': l'improbabile cuoco del vescovo Giberti,
maestro Piero Buffet [interlocutore, non per caso, degli ultimi capitoli
veronesi, quelli che si potrebbero dire - si parva licet - i 'grandi
idillii' del Berni]" (p. 18)
VIRGILI Maestro Piero Buffet fu uno di quegli oscuri personaggi
che il Berni inserì nelle sue opere insieme ai principi e alle persone
importanti. Chi fosse veramente non c'è dato sapere: probabilmente
era francese e residente alla corte di Roma col Giberti, che poi seguì
anche a Verona. Non sappiamo se fu realmente un cuoco o se il suo grado
fu abbassato dal Berni (come spesso soleva fare, oltre che con se stesso,
con chi avesse a che fare con lui). Tuttavia, se fu cuoco, fu un cuoco
che godeva di benefici ecclesiastici e che leggeva l'ufficio. Lo ritroviamo
compagno del Berni nelle stanze autobiografiche ed interlocutore dei due
capitoli Della Peste e del capitolo In laude d'Aristotele
(p. 423)
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