ANNA ELENA GALLI
GIBERTO BORROMEO E GIULIO ROSPIGLIOSI
GIOV. GIACOMO DE ROSSI, Ritratto del cardinale Giberto Borromeo
Incisione, 195 x 140 mm. Milano, Raccolta Bertarelli
Giberto III nacque a Milano il 28 settembre 1615, figlio di Carlo III e Isabella; la madre, figlia di Ercole e Margherita d'Adda, già vedova del conte Carlo Barbiano di Belgioioso, si era sposata con il Borromeo l'8 febbraio 1612; la nonna paterna, moglie di Renato I, era Ersilia Farnese, figlia di Ottavio duca di Parma.
Secondogenito, venne avviato agli studi (prima dai gesuiti a Brera poi a Pavia, dove conseguì, nel 1636, la laurea in legge) che lo portarono a salire i gradi della carriera eclesiastica dopo il trasferimento a Roma (1638).
Entrato nell'entourage di Urbano VIII (probabilmente al seguito di Taddeo Barberini), ricoprì incarichi di carattere militare (vicelegato di Ferrara e governatore di Perugia 1644). Con l'elezione di Innocenzo X, Giberto III entrò al servizio dei Pamphili e, in particolare, affiancò il nepote Camillo in veste di segretario e, nel 1645, entrò a far parte della Legazione di Avignone. Nel 1654 pervenne al culmine della carriera con la nomina a cardinale, col titolo dei SS. Giovanni e Paolo; contemporaneamente fu nominato protettore dei Minori Conventuali, succedendo proprio a Camillo Pamphili, che aveva lasciato lo status ecclesiastico per sposare Olimpia Aldobrandini.
Alla morte di Innocenzo X, il Borromeo, in conclave, fece parte della fazione detta squadrone volante, che determinò l'elezione di Alessandro VII Chigi, che nel 1657 lo inviò per tre anni in Romagna come cardinal legato.
Con la morte di Alessandro VII, il 22 maggio 1667, si aprì il conclave che portò il 20 giugno 1667 all'elezione di Giulio Rospigliosi: fu un successo della politica dello squadrone e di Cristina di Svezia, che ebbe parte attiva nella scelta del nuovo pontefice con alcuni viaggi a Parigi, volti a mediare tra le istanze francesi e quelle dei cardinali a lei vicini.
Il nuovo pontefice conferì a Giberto Borromeo un ruolo consono alla sua preparazione giuridico-teologica: dal 1667 al 1668 prese parte ai lavori della Congregazione sopra gli errori di Giansenio. La congregazione che si occupò della questione giansenista annoverò tra i partecipanti anche i cardinali Azzolini, Ginetti, Ottoboni, Albizzi e Chigi: la presenza di alcuni esponenti dello squadrone volante induce a credere che non si trattasse solo di ricomporre una questione teologica, ma che fosse in gioco anche il delicato equilibrio politico e le relazioni con la corona francese. In questa occasione Giberto Borromeo brillò per erudizione teologica. [1] La profonda preparazione dottrinale fa ritenere al Lutz [2] che Giberto sia l'autore di un trattato manoscritto Adversus errores Jansenii, citato dall'Argelati come "Sententia ab eo erudite prolata adversos errores Jansenii"; [3] questa notizia lascia aperta l'ipotesi che prima del trattato vero e proprio, Giberto abbia enunciato le conclusioni della commissione in un componimento più breve (sententia) e solo in seguito abbia atteso all'eleborazione del trattato, di cui non si è trovata alcuna copia.
La presenza di Cristina di Svezia, [4] giunta a Roma il 19 dicembre 1655, dopo aver abdicato ed essersi convertita al cristianesimo, aumentò a dismisura il fervore delle iniziative artistiche e mondane: la sovrana prese parte attiva sia alla vita culturale che politica, in virtù dei legami personali instaurati con gran parte dei porporati della Curia, su tutti il cardinale Decio Azzolini, cui era legata sia a livello personale sia da comuni interessi culturali.
Assiduamente frequentati dai cardinali membri dello squadrone volante (Omodei, Azzolini, Odescalchi), questi cenacoli riunivano i seguaci delle teorie pampsichistiche (propugnate da Giordano Bruno) e alchemico-scientifiche che avevano acceso la curiosità di molti porporati romani; Giberto Borromeo possedeva "diversi ochialoni del Galileo di diversa lunghezza e sono di fattura finissima"; [5] e questo testimonia il condiviso interesse per le istanze neogalileiane e il formale sostegno alla nuova scienza.
Questo elemento porta a rafforzare ulteriormente il legame di Giberto con gli altri componenti dello squadrone volante, interessati alla nuova scienza, ma permette un'altra considerazione: che Giberto utilizzasse o semplicemente collezionasse cannocchiali, poco importa, certamente fa riflettere sul fatto che un cardinale si fosse posto su posizioni tanto delicate dopo il processo e la condanna di Galileo. Tuttavia questo consente di sottolineare la modernità della visione gibertiana: un uomo che osserva il mondo con strumenti nuovi e accoglie una nuova visione della scienza e dell'umanità, aprendo il suo campo visivo a realtà sconosciute, attesta una personalità moderna, libera e difficilmente condizionabile da opinioni non verificabili.
La vita culturale romana presentava per Giberto Borromeo un altro polo di interesse, condiviso con il fratello minore Vitaliano: il teatro.
Proprio a Vitaliano Giberto scrisse numerose lettere, nella quali descrisse le meraviglie delle rappresentazioni romane. Per il carnevale del 1666: "Qui habbiamo havuta una comedia in musica cantata da' migliori musici di Roma, e con apparato de bellissimi habiti fatto far dalla Regina di Svetia nel suo palazzo, e questa sera io li sentirò per la seconda volta». [6]
Isola Bella, veduta dei giardini
Parallelamente agli impegni curiali, gli interessi artistici di Giberto furono calamitati dalla grande impresa del fratello Vitaliano per la realizzazione del palazzo e dei giardini dell'Isola Bella: dal 1667 i fratelli Borromeo si occuparono di terminare il progetto, promosso negli anni '50 dal padre Carlo III. Giberto, benché ne fosse il prodigo finanziatore, non vide personalmente i lavori perché non ritornò nei luoghi natali; ne conobbe però ogni dettaglio grazie alla corrispondenza col fratello, in uno scambio assiduo di disegni e progetti.
Dall'epistolario l'Isola Bella appare animata dalle molteplici iniziative promosse da Vitaliano, quali le rappresentazioni teatrali che vennero allestite per gli illustri ospiti, ovvero i maggiori esponenti del patriziato milanese, in primis Bartolomeo Arese, presidente del senato milanese, nonché suocero di Renato, fratello di Giberto e Vitaliano. Infatti sull'Isola era stato edificato un grande teatro (oggi distrutto) così descritto da Vitaliano al fratello Giberto: "Il Teatro delle comedie è alto dieci braccia dal suolo al soffitto e viene ben proportionato e con spaccio molto sufficiente per il palco e le scene. La fabrica del medesimo non ingombra la vista della casa". [7]
Giberto, inserito nel clima suggestivo e magnifico della Roma barocca, cominciò ad inviare regolarmente al fratello Vitaliano materiale per le rappresentazioni teatrali che si allestivano all'Isola Bella. Si può dunque convenire con Roberta Carpani che "l'attività spettacolare coltivata dal Borromeo sul Lago Maggiore venne in tal modo ad aprirsi al raffronto diretto con alcuni degli esiti spettacolari di una capitale della produzione musicale nel XVII secolo. Non è improbabile che, anche tramite tale itinerario lacustre, la piazza operistica milanese accogliesse alcuni influssi che potevano pervenirle dai testi giunti da Roma".
Durante il 1666 Giberto spedì al fratello alcune "commediole di villa", donò il dramma per musica intitolato La Vita humana, verosimilmente da identificare con la fastosa partitura a stampa di un'altra opera di Marazzoli, La vita humana overo il trionfo della pietà su testo di Rospigliosi e rappresentata a Roma per Cristina di Svezia; [8] e che lo scambio fosse davvero intenso lo confermano le parole di Vitaliano: "Ho pronta la comedia in musica, che Vostra Eminenza favorì d'inviare l'anno passato. È veramente molto bella e vaga, e non vi è stato tempo per fare che i musici prendino a memoria la Dal male al bene" [9]
inviata quest'anno". [10]
Quanto all'opera Dal male il bene, Giberto scrive: "qui per l'espressione degli affetti, per la vaghezza et intrecciatura degli accidenti hebbe grande applauso, et io l'udii otto volte". [11] Inoltre, nelle corrispondenze citate dalla Carpani a proposito degli scambi tra Giberto e il fratello, si legge: "Quanto a le commedie San Alessio, San Bonifatio et Santa Teodora già dissi a Vostra Signoria Illustrissima che la prima fu stampata ma hora non se ne ritrova, la seconda non fu stampata in musica et della terza non fu stampata, né se ne ritrova che le parole manuscritte, ma non già la musica, la quale fu dal signor cardinale Barberino data al signor cardinale Sant'Angravio al quale fu rubbata; il signor cardinale Barberino che volea ad istanza della Regina di Svetia farla recitar di novo non è stata possibile il ritrovarla; chi volesse far coppiare le prime due forse si potrebbero havere ma la spesa sarà considerabile". [12] Questo testimonia la conoscenza diretta dell'opera romana da parte di Giberto, e conferma il ruolo di mediatore nei confronti del fratello.
La morte colse Giberto improvvisamente, nel corso di un soggiorno a Nettuno, presso Palazzo Pamphili: in conseguenza di un incidente occorsogli durante un'uscita in carrozza, nel volgere di poche ore le sue condizione di salute peggiorarono e morì la sera del 6 gennaio 1672. Il cadavere venne trasportato a Roma dove, nella chiesa dei SS. Ambrogio e Carlo furono celebrati i funerali e dove fu tumulato nel sepolcro che ancora oggi si vede nella cripta. Una lapide terragna con lo stemma cardinalizio in marmi mischi "mostra assai bene alla pubblica vista tanto per il suo buon disegno, e per la finezza e polizia del lavoro, come per la nobiltà del luogo, essendo situato anti l'Altar Maggiore, ch'è à dirlo in mezzo al consesso de' Sig. Cardinali quando intervengono collegialmente à far Cappella in quella Chiesa". [13]
Lapide di Giberto Borromeo, Roma, SS. Ambrogio e Carlo al Corso
ANNA ELENA GALLI, Giberto Borromeo: un cardinale barocco tra Milano e Roma, Tesi di Specializzazione in Storia dell'Arte, Università Cattolica del S. Cuore, Milano, aa. 2001-2002, relatore: prof. Andrea Spiriti; correlatori: prof. Luigi Spezzaferro, dott. Cinzia Cremonini
BIBLIOGRAFIA
- F. Argelati, Biblioteca Scriptorum Mediolanensium, 4
voll. in 2 tomi, Milano 1745-1755
- V. De Vit, Il Lago Maggiore. Stresa e le Isole Borromee. Notizie storiche colla vita degli uomini illustri dello stesso lago , Prato 1877
- L. von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medio Evo, trad. it., vol. XV, parte I, Roma 1938
- Hierarchia Cattolica, vol. IV, 1667–1730, Padova 1952, pp. 30-31
- G. Lutz, Borromeo Giberto, in Dizionario
Biografico degli Italiani, XIII, Roma 1971, pp. 51-52
- C. D'onofrio, Roma val bene un'abiura. Storie romane tra Cristina di Svezia, piazza del Popolo e l'Accademia d'Arcadia, Roma 1976
- C. Berton, Dictionnaire des cardinaux: contenant des notions générales sur le cardinalat, Westmead 1984
- A. Spiriti, Il cardinale Luigi Alessandro Omodei e la sua famiglia: documenti e considerazioni, in "Archivio Storico Lombardo", s. XI, CXIX (1993), pp. 107-128
- A. Spiriti, Festa barocca e concordia delle arti nelle accoglienze pesaresi a Cristina di Svezia (1655-1658), in "Ricerche di Storia dell'Arte", 54 (1994), pp. 17-24
- A. Spiriti, Luigi Alessandro Omodei e la riqualificazione di S. Carlo al Corso, in "Storia dell'Arte", 84 (1995), pp. 269-282
- R. Carpani Mecenatismo e spettacoli fra Isola Bella, Milano e Roma, in Verbanus, 18 (1997), p. 73-96
- R. Carpani, Drammaturgia del comico. I libretti per musica di
Carlo Maria Maggi nei teatri di Lombardia, Milano 1998
- G. Signorotto, Lo squadrone volante. I cardinali "liberi" e la politica europea nella seconda metà del XVII secolo, in G. Signorotto e M. A. Visceglia (a cura di), La Corte di Roma tra Cinque e Seicento "teatro" della politica europea, Roma 1998
- C. d'Afflitto, D. Romei (a cura di), I teatri del Paradiso. La
personalità, l'opera, il mecenatismo di Giulio Rospigliosi (papa Clemente IX), (Pistoia, Palazzo Comunale, Sale affrescate, 21 ottobre – 7 gennaio 2001), Montespertoli 2000
- Le lapidi di San Carlo al Corso, Roma 2002
- D. Pizzigalli, La regina di Roma. Vita e misteri di Cristina di Svezia nell'Italia barocca, Milano 2002
Per quanto attiene alle opere del Canetta, sono conservate in originale presso l'Archivio Borromeo (Isolabella):
NOTE
[1] Berton 1984.
[2] Lutz 1971, XIII, pp. 51-52.
[3] Argelati 1745, p. 201.
[4] D'Onofrio 1976; Spiriti 1994, pp. 17-24; Pizzigalli 2002, p. 203.
[5] ABIB, Famiglia Borromeo, Giberto III, Eredità e Legati Testatori Roma, 1672 gennaio 9.
[6] ABIB, Famiglia Borromeo,Giberto III, Corrispondenza 1666/747, 1666 febbraio 27; Carpani, p. 64, nn. 82-83.
[7] Carpani 1998, p. 50, n. 37; ABIB, Stabili, Isola Bella in genere, Milano, 1665 dicembre 16.
[8] Carpani 1998, p. 71, nn. 116-119. L'originale è conservato in ABIB.
[9] Messa in scena nel 1654 in occasione delle nozze fra Maffeo Barberini e Olimpia Giustiniani, fu riproposta in onore di Cristina di Svezia sia nel teatro dei Barberini sia a Palazzo Farnese.
[10] Carpani 1998, p. 66; ABIB, Stabili, Isola Bella, Chiesa a tutto il 1669, Vitaliano Borromeo a Giberto Borromeo, Isolabella, 1665 settembre 21.
[11] Carpani 1998, pp. 71-72; ABIB, Famiglia Borromeo, Vitaliano VI, Corrispondenza 1665, Roma 1665 agosto 29. Durante il 1666 il cardinale Giberto spedì al fratello la commedia La Vita humana overo il trionfo della pietà, su testo di Rospigliosi, rappresentata a Roma per l'arrivo di Cristina di Svezia (in Carpani 1998, p. 75).
[12] ABIB, Famiglia Borromeo, Vitaliano VI, Corrispondenza 1666, Roma, 1666 gennaio 9, in Carpani 1998, p. 75, n. 115.
[13] ABIB, Famiglia
Borromeo, Giberto III, Sepolcro Roma, 1680 giu 2.
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