Banca Dati 'Giulio Rospigliosi' indice

soggetti/chiesa

NEPOTISMO


 

 

BREZZI 7:

      [...] affettuoso verso i parenti, non fu nepotista, come era uso allora, ma diede loro solamente cariche secondarie nello Stato della Chiesa, né favorì matrimoni che ne migliorassero le condizioni economiche.


OSBAT 288a-b:

      Nei confronti dei suoi parenti non si discostò molto dalla linea che aveva seguito sino ad allora: la sua carriera ecclesiastica era l'occasione per un investimento sicuro da parte della famiglia che però non avrebbe dovuto contare se non sulle rendite collegate agli incarichi ricoperti. La stessa cosa accadde per suo fratello e i suoi nipoti fatti venire a Roma nell'estate del 1667 (con la facoltà di rimanervi solo per la durata del pontificato!) e posti a capo di uffici importanti ma non più fonte di rapidi e spettacolari arricchimenti.
      Il fratello Cammillo fu nominato generale della armata pontificia, suo figlio Tommaso fu Castellano di Castel Sant'Angelo, l'altro figlio Vincenzo capitano generale delle galere, Giacomo - già al seguito di Clemente IX in Spagna e poi internunzio a Bruxelles - fu cardinale e collaborò nella esecuzione delle direttiva papali in politica estera senza assumere l'importanza e conseguire le ricchezze che in passato avevano accompagnato la qualifica di 'cardinal nepote' che lo zio gli riconobbe. Camillo nel 1669, ricevette dal papa la donazione di tutta la sua quota dell'eredità paterna e materna. Inoltre si giovò di elargizioni che gli permisero di consolidare la sua posizione patrimoniale, acquistando nuovi immobili a Pistoia ed avviando la costruzione della villa Rospigliosi (o villa di 'Spicchio' dal nome della località) presso Lamporecchio, nucleo principale della proprietà fondiaria della famiglia. |
      Tutto ciò però non sarebbe comunque valso a fare dei Rospigliosi una delle prima famiglie della nobiltà romana se non fosse intervenuto l'imparentamento con la ricca famiglia genovese dei Pallavicini, per mezzo del matrimonio di Giambattista (figlio di Camillo), nominato dallo zio generale di Santa Romana Chiesa, con Camilla Pallavicini, nipote del cardinale Francesco Sforza Pallavicini ed erede delle signorie di Colonna e Gallicano nel Lazio. Il cardinale Lazzaro Pallavicini, già decano dei chierici della Camera Apostolica ed elevato alla Porpora da Clemente IX, istituì una primogenitura a favore di Giambattista Rospigliosi e gli trasmise il cognome dei Pallavicini.
      La moderazione di Clemente IX nei confronti della famiglia è stata considerata come un primo decisivo intervento contro il nepotismo che aveva fatto la fortuna dei Barberini, dei Pamphili e dei Chigi (per risalire solamente alle vicende appena trascorse). Una più attenta considerazione dei rendiconti dei pagamenti effettuati dal tesoriere generale e dai tesorieri segreti porterebbe a dire che Clemente IX tollerò o subì l'iniziativa del fratello Camillo ma ancor di più dei nipoti Giacomo e Vincenzo, i quali, in due anni di pontificato, seppero trarre da queste fonti diverse decine di migliaia di scudi ciascuno, cioè somme che il 'nepotista' Alessandro VII, nello stesso periodo, si era ben guardato dall'assegnare. La valutazione non completamente positiva della gestione delle entrate pontificie trova conferma anche quando si consideri la grande generosità dimostrata dal papa nei confronti dei cardinali e della famiglia di corte, la disinvolta utilizzazione dei denari del tesoro pontificio per opere di completamento delle maggiori basiliche romane, l'assenza di un preciso indirizzo alla politica finanziaria dello Stato (che andasse oltre provvedimenti di sicura popolarità come la riduzione della tassa sul macinato), la massa delle risorse impegnate a favore dei Veneziani per la difesa di Candia, in un'impresa che gravò essenzialmente sui finaziamenti pontifici quando era evidente l'interesse politico e militare esclusivo della Serenissima e delle potenze Europee alle vicende del conflitto con i Turchi.


PASTOR 548-550:

      [...] L'entrate attribuite al [cardinal] nepote [Giacomo Rospigliosi] furono modeste. Anche riguardo agli altri parenti Clemente dette ascolto alle ammonizioni del cardinale Pallavicino moribondo; egli ruppe con il costume di provvedere i nepoti a spese dello Stato, e con questo inflisse al nepotismo un colpo sensibile. Il papa si ricorda di tutto il mondo, salvo della sua famiglia, scrisse il duca di Chaulnes, che vide svanita la sua speranza d'influire sul papa attraverso i congiunti. Clemente IX procedette nella faccenda delicata con tatto | pari alla saggezza. I congiunti di Pistoia, ove si era festeggiata entusiasticamente l'elezione del concittadino, poterono venire a Roma al principio del luglio 1667, ma con facoltà di rimanervi solo durante il pontificato del nuovo papa. Il solito appellativo di "Don" rimase loro negato. Pure ottenendo posti nell'amministrazione, - il fratello di Clemente IX, Camillo, divenne nel settembre 1667 generale della Chiesa e suo figlio, Tommaso, castellano di Castel Sant'Angelo - essi dovettero però contentarsi delle entrate di questi uffici. Poiché inoltre il papa teneva a che i suoi parenti facessero figura conveniente alla loro posizione, essi non poterono accumulare ricchezze o fondare una nuova famiglia di nepoti coll'accrescimento del debito pubblico. Se i Rospigliosi, che abitarono al palazzo Ludovisi al Corso, finirono tuttavia per entrare nella serie delle grandi famiglie romane, lo dovettero solo al matrimonio del figlio Camillo, Giambattista, divenuto comandante della guardia pontificia, con una ricca Pallavicino di Genova. Anche a questo matrimonio il papa non acconsentì che con riluttanza, perché la sua intenzione primitiva era stata che i Rospigliosi, dopo la sua morte, rimanessero a Pistoia.
      Cedendo su questo punto, Clemente IX tenne fermo rigorosamente a che i suoi parenti non s'immischiassero in affari non di loro competenza. I Rospigliosi corrisposero interamente alle nobili mire del pontefice. Camillo Rospigliosi si comportava modestissimamente, e dopo la morte della moglie, Lucrezia Cellese, si dedicò prevalentemente ad opere di pietà e di carità. Si lamentava solo qualche volta, che suo fratello, da lui precedentemente sempre aiutato gli faceva arrivare troppo poco. Solo nel 1669 egli ebbe dal papa una donazione più cospicua, ma si trattò anche allora solo del trasferimento dell'eredità privata di lui.
      Un contemporaneo descrive Camillo come un nobiluomo vivente all'antica; sebbene non s'intendesse di complimenti, pure egli trattava tutti con gran cortesia. Del resto il papa gli aveva ristretto i poteri di ufficio, dando il posto di governatore di Borgo | al governatore di Roma, a fin di eliminare inconvenienti introdottisi durante il pontificato precedente. Dei molti figli di Camillo sono stati già nominati il cardinale Giacomo, nonché Tommaso e Giambattista. Vincenzo, il maggiore dopo il cardinale, divenne comandante delle galere papali, Felice, che era ecclesiastico, ebbe solo due abbazie nel regno di Napoli, che non rendevano più di 1000 scudi.
      Tutti i Rospigliosi si ditinguevano per la loro indole modesta, dolce e riservata. Anche la loro condotta rispetto alla nobiltà vien descritta come assai riguardosa. Allorché nell'estate del 1669 una febbre portò via Tommaso Rospigliosi, ch'era solo ventottenne, gli fu posta una statua d'onore nel Palazzo dei Conservatori per i suoi meriti verso la città.
 

Progetto
Bibliografia
Biografia
Documenti
Epistolario
Opere
Persone
Soggetti
Studi
Testi

Avvio