Fonti per alfabeto: Dante



DANTE ALIGHIERI

Inferno
  • Inf. 1.4:
    Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
    [=G.L. 4.10.5]

  • Inf. 1.53:
    con la paura ch'uscia di sua vista
    [=G.L. 18.17.6]

  • Inf. 1.79-80:
    'Or se' tu quel Virgilio e quella fonte
    che spandi di parlar sì largo fiume?'
    [=G.L. 20.130.7]

  • Inf. 2.7:
    O muse, o alto ingegno, or m'aiutate
    [=G.L. 6.39.5]

  • Inf. 2.8.9:
    O mente che scrivesti ciò ch'io vidi,
    qui si parrà la tua nobilitate.
    [=G.L. 1.36.1]

  • Inf. 2.121-123:
    Dunque: che è? perché, perché restai,
    perché tanta viltà nel core allette,
    perché ardire e franchezza non hai [...]?
    [=G.L. 16.33.2]

  • Inf. 2.127-129:
    Quali fioretti dal notturno gelo
    chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca,
    si drizzan tutti aperti in loro stelo
    [=G.L. 18.16]

  • Inf. 3.25-28:
    Diverse lingue, orribili favelle,
    parole di dolore, accenti d'ira,
    voci alte e fioche, e suon di man con elle
    facevano un tumulto, il qual s'aggira
    [=G.L. 3.6.1-4]

  • Inf. 3.79-80:
    Allor con li occhi vergognosi e bassi,
    temendo no 'l mio dir li fosse grave
    [=G.L. 4.94.1-2]

  • Inf. 3.85:
    Non isperate mai veder lo cielo
    [=G.L. 7.32.7]

  • Inf. 3.112-114:
    Come d'autunno si levan le foglie
    l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo
    vede a la terra tutte le sue spoglie
    [=G.L. 9.66.3-6]

  • Inf. 4.80:
    Onorate l'altissimo poeta
    [=G.L. 3.73.8]

  • Inf. 4.112:
    Genti v'eran con occhi tardi e gravi
    [=G.L. 7.58.1-2]

  • Inf. 4.151:
    E vegno in parte ove non è che luca.
    [=G.L. 10.69.8]

  • Inf. 5.22:
    Non impedir lo suo fatale andare
    [=G.L. 17.26.4]

  • Inf. 5.104:
    mi prese del costui piacer sì forte
    [=G.L. 5.61.6]

  • Inf. 6.13-15:
    Cerbero, fiera crudele e diversa,
    con tre gole caninamente latra
    sovra la gente che quivi è sommersa.
    [=G.L. 15.47.8]

  • Inf. 6.115:
    quivi trovammo Pluto, il gran nemico
    [=G.L. 4.1.3]

  • Inf. 8.70-72:
    E io: "Maestro, già le sue meschite
    là entro certe ne la valle cerno,
    vermiglie come se di foco uscite
    [=G.L. 13.27.5-8]

  • Inf. 9.6:
    per l'aere nero
    [=G.L. 4.3.4]

  • Inf. 9.93:
    ond'esta oltracotanza in voi s'alletta?
    [=G.L. 9.76.8]

  • Inf. 9.97:
    Che giova ne le fata dar di cozzo?
    [=G.L. 9.1.3]

  • Inf. 10.33:
    Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai?
    Vedi là Farinata che s'è dritto:
    da la cintola in sù tutto 'l vedrai".
    [=G.L. 11.27.4]

  • Inf. 10.73-75:
    Ma quell'altro magnanimo, a cui posta
    restato m'era, non mutò aspetto,
    né mosse collo, né piegò sua costa
    [=G.L. 8.14.5-6 e 18.85.1-2]

  • Inf. 12.38-39:
    colui che la gran preda / levò a Dite
    [=G.L. 4.11.5-6]

  • Inf. 13.22-45:
    [=G.L. 13.40]

  • Inf. 13.33-35:
    [=G.L. 13.42.5-6]

  • Inf. 13.43-44:
    sì de la scheggia rotta uscia insieme
    parole e sangue [...]
    [=G.L. 13.41.3]

  • Inf. 13.44-45:
    [...] ond' io lasciai la cima
    cadere, e stetti come l'uom che teme
    [=G.L. 13.45.4]

  • Inf. 13.70-72:
    L'animo mio, per disdegnoso gusto,
    credendo col morir fuggir disdegno,
    ingiusto fece me contra me giusto.
    [=G.L. 20.118.5]

  • Inf. 13.91-92:
    Allor soffiò il tronco forte, e poi
    si convertì quel vento in cotal voce
    [=G.L. 13.42.1]

  • Inf. 14.28-29:
    Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento,
    piovean di foco dilatate falde
    [=G.L. 10.61.2]

  • Inf. 14.31-33:
    Quali Alessandro in quelle parti calde
    d'Indïa vide sopra 'l süo stuolo
    fiamme cadere infino a terra salde
    [=G.L. 18.83.7-8]

  • Inf. 14.47:
    e giace dispettoso e torto
    [=G.L. 2.89.4 e 4.1.4]

  • Inf. 15.18-19:
    ci riguardava come suol da sera
    guardare uno altro sotto nuova luna
    [=G.L. 14.37.3-4]

  • Inf. 15.68-70:
    Quei [Capaneo] fu l'un d'i sette regi
    ch'assiser Tebe; ed ebbe e par ch'elli abbia
    Dio in disdegno, e poco par che 'l pregi.
    [=G.L. 1.63.2]

  • Inf. 15.95-96:
    però giri Fortuna la sua rota
    come le piace
    [=G.L. 10.24.1-2]

  • Inf. 16.38.39:
    Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita
    fece col senno assai e con la spada
    [=G.L. 1.1.3]

  • Inf. 16.82-84:
    Però, se campi d'esti luoghi bui
    e torni a riveder le belle stelle,
    quando ti gioverà dicere: 'I' fui'
    [=G.L. 15.38.7-8]

  • Inf. 16.124-125:
    Sempre a quel ver c'ha faccia di menzogna
    de' l'uom chiuder le labbra fin ch'el puote.
    [=G.L. 9.23.4]

  • Inf. 16.130:
    quell'aere grosso e scuro
    [=G.L. 4.3.4]

  • Inf. 18.86:
    Quelli è Iasón, che per cuore e per senno
    [=G.L. 17.32.7-8]

  • Inf. 19.103:
    io userei parole ancor più gravi
    [=G.L. 20.111.2]

  • Inf. 20.70-71:
    Siede Peschiera, bello e forte arnese
    da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi
    [=G.L. 1.67.3-4]

  • Inf. 22.22:
    ad alleggiar la pena
    [=G.L. 19.71.2]

  • Inf. 24.106-111:
    [=G.L. 17.20.6]

  • Inf. 24.119:
    Oh potenza di Dio, quant'è severa,
    che cotai colpi per vendetta croscia!
    [=G.L. 19.38.3-4]

  • Inf. 24.132:
    e di trista vergogna si dipinse
    [=G.L. 13.29.5]

  • Inf. 24.151:
    E detto l'ho perché doler ti debbia!
    [=G.L. 10.21.7]

  • Inf. 25.85-86:
    e quella parte onde prima è preso
    nostro alimento, a l'un di lor trafisse
    [=G.L. 9.68.7-8]

  • Inf. 25.112-114:
    Io vidi intrar le braccia per l'ascelle,
    e i due piè de la fiera, ch'eran corti,
    tanto allungar quanto accorciavan quelle.
    [=G.L. 10.66.5-7]

  • Inf. 26.94-97:
    né dolcezza di figlio, né la pieta
    del vecchio padre, né 'l debito amore
    lo qual dovea Penelopè far lieta,
    vincer potero dentro a me l'ardore
    [=G.L. 8.6.6-8]

  • Inf. 26.97-102:
    [=G.L. 15.26.1-2]

  • Inf. 26.106-109:
    Io e' compagni eram vecchi e tardi
    quando venimmo a quella foce stretta
    dov' Ercule segnò li suoi riguardi
    acciò che l'uom più oltre non si metta
    [=G.L. 15.25.5-6]

  • Inf. 26.124-126:
    e volta nostra poppa nel mattino,
    de' remi facemmo ali al folle volo,
    sempre acquistando dal lato mancino
    [=G.L. 15.26.1-2]

  • Inf. 26.133-135:
    quando n'apparve una montagna, bruna
    per la distanza, e parvemi alta tanto
    quanto veduta non avëa alcuna.
    [=G.L. 15.33.7]

  • Inf. 26.136-142:
    [=G.L. 15.26.3-4]

  • Inf. 27.76-77:
    Li accorgimenti e le coperte vie
    io seppi tutte, e sì menai lor arte
    [=G.L. 4.23.5-6]

  • Inf. 28.52-54:
    Più fuor di cento che, quando l'udiro,
    s'arrestaron nel fosso a riguardarmi
    per maraviglia, oblïando il martiro.
    [=G.L. 20.115.7-8]

  • Inf. 28.115-117:
    se non che coscïenza m'assicura,
    la buona compagnia che l'uom francheggia
    sotto l'asbergo del sentirsi pura.
    [=G.L. 8.41.7-8]

  • Inf. 30.64-67:
    Li ruscelletti che d'i verdi colli
    del Casentin discendon giuso in Arno,
    faccendo i lor canali e freddi e molli,
    sempre mi stanno innanzi [...]
    [=G.L. 13.60]

  • Inf. 33.4-6:
    [...] Tu vuo' ch'io rinovelli
    disperato dolor che 'l cor mi preme
    già pur pensando, pria ch'io ne favelli
    [=G.L. 4.12.1]

  • Inf. 33.49:
    Io non piangëa, sì dentro impetrai
    [=G.L. 12.101.3-4]

  • Inf. 33.55-57:
    Come un poco di raggio si fu messo
    nel doloroso carcere, e io scorsi
    per quattro visi il mio aspetto stesso
    [=G.L. 9.35.3]

  • Inf. 33.58:
    ambo le man per lo dolor mi morsi
    [=G.L. 4.1.6]

  • Inf. 33.58:
    ambo le man per lo dolor mi morsi
    [=G.L. 14.51.5]

  • Inf. 33.58:
    ambo le man per lo dolor mi morsi
    [=G.L. 6.38.2]

  • Inf. 33.58:
    ambo le man per lo dolor mi morsi
    [=G.L. 7.87.5-6]

  • Inf. 33.75:
    [...] più che 'l dolor, poté 'l digiuno
    [=G.L. 2.55.6]

  • Inf. 33.94-96:
    Lo pianto stesso lì pianger non lascia,
    e 'l dul che truova in su li occhi rintoppo,
    si volge in entro a far crescer l'ambascia.
    [=G.L. 16.36.3-4]

    TOTALE 70
Purgatorio
  • Purg. 1.4-6:
    e canterò di quel secondo regno
    dove l'umano spirito si purga
    e di salire al ciel diventa degno.
    [=G.L. 12.92.3-4]

  • Purg. 1.115-117:
    L'alba vinceva l'ora mattutina
    che fuggia innanzi, sì che di lontano
    conobbi il tremolar de la marina.
    [=G.L. 17.95.5-8]

  • Purg. 2.7-9:
    sì che le bianche e le vermiglie guance,
    là dov'i' era, de la bella Aurora
    per troppa etate divenivan rance.
    [=G.L. 10.14.5-6]

  • Purg. 2.34-36:
    Vedi come l'ha dritte verso 'l cielo,
    trattando l'aere con l'etterne penne,
    che non si mutan come mortal pelo
    [=G.L. 9.62.1]

  • Purg. 2.79-81:
    Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!
    tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
    e tante mi tornai con esse al petto.
    [=G.L. 14.6.5-8]

  • Purg. 2.112-114:
    'Amor che ne la mente mi ragiona'
    cominciò elli allor sì dolcemente,
    che la dolcezza ancor dentro mi suona.
    [=G.L. 13.49.4]

  • Purg. 3.7-9:
    El mi parea da sé stesso rimorso:
    o dignitosa coscïenza e netta,
    come t'è picciol fallo amaro morso!
    [=G.L. 10.59.6]

  • Purg. 3.135:
    mentre che la speranza ha fior del verde
    [=G.L. 19.53.6]

  • Purg. 5.108:
    ma io farò de l'altro altro governo!
    [=G.L. 9.40.3-4]

  • Purg. 5.113:
    e mosse il fummo e 'l vento
    [=G.L. 7.114.8]

    Purg. 6.63:
    e nel mover de li occhi onesta e tarda
    [=G.L. 7.58.1-2]

  • Purg. 7.1-2:
    Poscia che l'accoglienze oneste e liete
    furo iterate tre e quattro volte
    [=G.L. 18.5.1-2]

  • Purg. 8.11:
    ficcando li occhi verso l'orïente
    [=G.L. 18.14.4]

  • Purg. 8.80:
    la vipera che Melanesi accampa
    [=G.L. 1.55.7-8]

  • Purg. 9.10-11:
    quand'io, che meco avea di quel d'Adamo,
    vinto dal sonno, in su l'erba inchinai
    [=G.L. 18.14.8]

  • Purg. 9.57:
    sì l'agevolerò per la sua via
    [=G.L. 8.36.7]

  • Purg. 10.58-63:
    [=G.L. 16.2.7]

  • Purg. 11.30:
    la caligine del mondo
    [=G.L. 18.8.1]

  • Purg. 11.100-102:
    Non è il mondan romore altro ch'un fiato
    di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi,
    e muta nome perché muta lato.
    [=G.L. 1.22.5-6 e 14.63.6.8]

  • Purg. 14.148-150:
    Chiamavi 'l cielo e 'ntorno vi si gira,
    mostrandovi le sue bellezze etterne,
    e l'occhio vostro pur a terra mira
    [=G.L. 14.11.8]

  • Purg. 19.40-41:
    Seguendo lui, portava la mia fronte
    come colui che l'ha di pensier carca
    [=G.L. 10.17.5]

  • Purg. 20.73-75:
    Sanz'arme n'esce e solo con la lancia
    con la qual giostrò Giuda, e quella ponta
    sì, ch'a Fiorenza fa scoppiar la pancia.
    [=G.L. 19.126.8]

  • Purg. 20.94-96:
    O Segnor mio, quando sarò io lieto
    a veder la vendetta che, nascosa,
    fa dolce l'ira tua nel tuo segreto?
    [=G.L. 19.70.8]

  • Purg. 24.145-146:
    E quale, annunziatrice de li albori,
    l'aura di maggio movesi e olezza
    [=G.L. 3.1.1-2]

  • Purg. 25.72:
    spirito novo, di vertù repleto
    [=G.L. 8.62.4]

  • Purg. 26.20-21:
    ché tutti questi n'hanno maggior sete
    che d'acqua fresca Indo o Etïopo
    [=G.L. 13.65.7-8]

  • Purg. 27.133:
    Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce
    [=G.L. 17.96.2]

  • Purg. 28.7-9:
    Un'aura dolce, sanza mutamento
    avere in sé, mi feria per la fronte
    non di più colpo che soave vento
    [=G.L. 15.53.5-6]

  • Purg. 28.25-33:
    [=G.L. 15.55]

  • Purg. 28.112-113:
    e l'altra terra, secondo ch'è degna
    per sé e per suo ciel, concepe e figlia
    [=G.L. 7.76.8]

  • Purg. 28.112-114:
    e l'altra terra, secondo ch'è degna
    per sé e per suo ciel, concepe e figlia
    di diverse virtù diverse legna
    [=G.L. 18.26.3-4]

    Purg. 29.52:
    Di sopra fiammeggiava il bello arnese
    [=G.L. 7.82.1-2]

  • Purg. 29.73-75:
    e vidi le fiammelle andar davante,
    lasciando dietro a sé l'aere dipinto,
    e di tratti pennelli avean sembiante
    [=G.L. 8.32.1-4]

  • Purg. 30.48:
    conosco i segni de l'antica fiamma
    [=G.L. 16.52.1-2]

  • Purg. 30.73:
    Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice
    [=G.L. 19.82.4]

  • Purg. 30.76-78:
    Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;
    ma veggendomi in esso, i' trassi a l'erba,
    tanta vergogna mi gravò la fronte.
    [=G.L. 16.31.4-5]

  • Purg. 30.103:
    Voi vigilate ne l'etterno die
    [=G.L. 14.2.3]

  • Purg. 30.130-132:
    e volse i passi suoi per via non vera,
    imagini di ben seguendo false,
    che nulla promession rendono intera.
    [=G.L. 13.4.5-6]

  • Purg. 31.19-21:
    sì scoppia' io sottesso grave carco,
    fuori sgorgando lagrime e sospiri,
    e la voce allentò per lo suo varco.
    [=G.L. 12.96.5-6]

  • Purg. 31.43-45:
    Tuttavia, perché mo vergogna porte
    del tuo errore, e perché altra volta,
    udendo le serene, sie più forte
    [=G.L. 16.41.5-6]

  • Purg. 31.132:
    Volgi, Beatrice, volgi li occhi santi
    [=G.L. 16.21.3]

  • Purg. 32.22:
    quella milizia del celeste regno
    [=G.L. 11.2.3]

  • Purg. 32.109-110:
    Non scese mai con sì veloce moto
    foco di spessa nube, quando piove
    [=G.L. 3.16.5-6]

  • Purg. 32.154-155:
    Ma perché l'occhio cupido e vagante
    a me rivolse [...]
    [=G.L. 4.87.6]

  • Purg. 32.154-156:
    Ma perché l'occhio cupido e vagante
    a me rivolse, quel feroce drudo
    la flagellò dal capo infin le piante
    [=G.L. 14.59.1-2]

    TOTALE 45
Paradiso
  • Par. 3.58-61:
    [=G.L. 14.6.1-4]

  • Par. 5.136-138:
    per più letizia sì mi si nascose
    dentro al suo raggio la figura santa;
    e così chiusa chiusa mi rispuose
    [=G.L. 12.93.7]

  • Par. 6.7:
    e sotto l'ombra de le sacre penne
    [=G.L. 10.75.5]

  • Par. 7.13-14:
    Ma quella reverenza che s'indonna / di tutto me
    [=G.L. 5.15.8]

  • Par. 7.130:
    'l paese sincero
    [=G.L. 1.7.4]

  • Par. 10.1-3:
    Guardando nel suo Figlio con l'Amore
    che l'uno e l'altro etternalmente spira,
    lo primo e ineffabile Valore
    [=G.L. 11.7.2]

  • Par. 11.109:
    Quando a colui ch'a tanto ben sortillo
    [=G.L. 1.64.5]

  • Par. 12.40-42:
    quando lo 'mperador che sempre regna
    provide a la milizia, ch'era in forse,
    per sola grazia, non per esser degna
    [=G.L. 18.79.2]

  • Par. 13.136-138:
    e legno vidi già dritto e veloce
    correr lo mar per tutto suo cammino,
    perire al fine a l'intrar de la foce.
    [=G.L. 11.84.3-6]

  • Par. 15.13-14:
    Quale per li seren tranquilli e puri
    discorre ad ora ad or sùbito foco
    [=G.L. 3.16.5-6]

  • Par. 15.13-15:
    Quale per li seren tranquilli e puri
    discorre ad ora ad or sùbito foco,
    movendo li occhi che stavan sicuri
    [=G.L. 9.62.7-8]

  • Par. 16.61:
    tal fatto è fiorentino e cambia e merca
    [=G.L. 20.142.8]

  • Par. 16.76-78:
    udir come le schiatte si disfanno
    non ti parrà nova cosa né forte,
    poscia che le cittadi termine hanno
    [=G.L. 15.20]

  • Par. 22.133-135:
    Col viso ritornai per tutte quante
    le sette spere, e vidi questo globo
    tal, ch'io sorrisi del suo vil sembiante.
    [=G.L. 14.11.1-2]

  • Par. 23.97-100:
    Qualunque melodia più dolce suona
    qua giù e più a sé l'anima tira,
    parrebbe nube che squarciata tona,
    comparata al sonar di quella lira.
    [=G.L. 14.5.5-6]

  • Par. 24.1-2:
    O sodalizio eletto a la gran cena
    del benedetto Agnello, il qual vi ciba
    [=G.L. 11.14.1-2]

  • Par. 26.85-87:
    Come la fronda che flette la cima
    nel transito del vento, e poi si leva
    per la propria virtù che la soblima
    [=G.L. 19.19.3-4]

  • Par. 27.109-111:
    e questo cielo non ha altro dove
    che la mente divina, in che s'accende
    l'amor che 'l volge e la virtù ch'ei piove.
    [=G.L. 13.53.3]

  • Par. 28.37:
    la fiamma più sincera
    [=G.L. 1.7.4]

  • Par. 31.28-29:
    Oh trina luce che 'n unica stella
    scintillando a lor vista, sì li appaga!
    [=G.L. 9.56.6]

    TOTALE 20

TOTALE GENERALE 135     

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