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CARLO V
(Carlo D'Asburgo)

(Gand, 1500 - San Giusto, 1558)

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     Carlo V fu imperatore e re di Spagna nel periodo in cui visse il Berni. Fu in concorrenza con la Francia per allungare il proprio dominio sull'Italia. Il 3 agosto 1523 concluse una Lega con papa Adriano VI che univa quest'ultimo all'imperatore, all'arciduca Ferdinando, all'Inghilterra, a Venezia ed a Milano (p. 100)

     Il fallimento definitivo di questa si ebbe il 22 maggio 1526, quando il successore di Adriano VI, Clemente VII, dopo una serie di tentennamenti ed indecisioni (derisi, fra l'altro, dal Berni in un famoso sonetto [XXIV]) fra la causa imperiale e quella francese, decise di schierarsi per quest'ultima (considerata come minor male per l'Italia) dando vita alla Lega Santa, composta dal papa, Francesco I, Venezia, Firenze e lo Sforza, contro l'imperatore. Falliti i tentativi imperiali di dissuadere il papa dalla nuova Lega, Carlo V stipulò un patto segreto con la famiglia Colonna. Ecco quindi che i colonnesi, alcuni dei quali residenti a Roma, finsero di riconciliarsi con lui mediante un trattato, per poi attaccarlo improvvisamente (assolutamente contrario all'accordo era stato il Giberti). Invasa Roma senza incontrare resistenza, costrinsero il papa a rifugiarsi in Castel Sant'Angelo e saccheggiarono il palazzo apostolico. Fu così che il papa dovette arrendersi staccandosi dalla Lega francese e perdonando l'insulto della famiglia Colonna.
     Il Berni accennò a questi fatti in vari punti del rifacimento (per esempio in III 6; IV 64; XV 2; XLIX 21) e compose anche un capitolo, ormai introvabile, sull'accaduto. Ciò che eccitava lo sdegno del Berni non riguardava tanto il danno subito quanto la prepotenza e la soverchieria degli uomini (pp. 147-150) 

     Rotto poco tempo dopo l'accordo filo-spagnolo che gli era stato imposto con la forza, il papa tornò alla Lega Santa. La Francia prometteva grandi elargizioni di denari e concorso d'armati (anche se alle promesse non seguirono i fatti). L'imperatore si trovava in gravi angustie economiche, tant'è vero che il suo esercito che occupava la Lombardia rifiutava di muoversi da Milano per la mancanza di paghe. Insomma tutto faceva sperare per il meglio, quando Clemente VII, impaurito per varie ragioni, cominciò nuovamente a "tentennare" pensando ad un accordo con Carlo V (in relazione a queste vicende si ricordi il Sonetto di Papa Chimente). Fra l'altro, molti suoi consiglieri spingevano dalla parte imperiale, invasi di paura per l'avanzata sul territorio italiano dei Lanzichenecchi arruolati a proprie spese dal Frundsberg. Così il papa, abbandonata la Lega e speranzoso di pace, il 16 marzo 1527 concluse un armistizio con il vicerè di Napoli Charles de Lannoy, che implicava anche i Lanzichenecchi; ma questi, ricongiuntisi con gli spagnoli di Milano, proseguirono imperterriti la loro marcia verso Roma (pp. 167-174)

     Il 6 maggio del 1527 Roma fu presa al primo assalto e terribilmente saccheggiata per mesi per mano di spagnoli e tedeschi. Il papa era in pratica prigioniero in Castel Sant'Angelo.
     Queste atroci vicende romane sono ricordate dal Berni in alcune stanze del suo rifacimento (XIV 23-28 e proemio al canto XVII) (pp. 179-183)

     Negli ultimi mesi del 1529 Carlo V giunse a Bologna con il suo seguito per ricevere l'incoronazione dal papa. Ripartì dalla città il 23 marzo 1530. Il Berni derise L'entrata dell'imperadore in Bologna (pp. 220-221)