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LUDOVICO DOMENICHI
(1515 - 1564)
PREMESSA

GUIDA

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DEL TESTO

NOTA AL
TESTO

BIBLIOGRAFIA

SIGLE

PERSONE

SOGGETTI

Rime


 


 


 

STUDI



 

NENCIONI



   Nencioni, citando il Chiorboli, riconosce, nella sua presentazione del rifacimento, l'importanza della questione della lingua che, nel Cinquecento, teneva impegnati i letterati ed imponeva il connubio fra l'arte letteraria e la lingua colta fiorentina. Osserva che, proprio in quegli anni, erano uscite le due edizioni del Furioso (1516, 1521) la cui lettura aveva risvegliato l'interesse per l'opera boiardesca, vitalissima nei contenuti ma stilisticamente poco pregiata. Ecco che allora alcuni letterati furono tentati dall'idea di un rifacimento (come l'Aretino, che si limitò al pensiero, il Dolce, il Domenichi, il Berni) (pp. VII-VIII) 
 

ROMEI Orlando



   L'Orlando innamorato del Boiardo è "un testo che - a poco più di una generazione di distanza - appare sensibilmente invecchiato. La lingua in cui è scritto, l'emiliano 'illustre' dell'autore, suona sgradevole all'orecchio educato dalla nuova letteratura che trova nel Bembo il suo principale riferimento. Si allestiscono pertanto riscritture 'grammaticali' (ad opera di Ludovico Domenichi [...]) che fanno scomparire dal mercato il testo originale.
   In una riscrittura si cimenta anche il Berni. E qui ci si chiede subito quale può essere stata la motivazione di un'impresa così faticosa. Per il Domenichi è facile rispondere. È un 'poligrafo' che lavora per l'industria editoriale. La sua è un'operazione che dipende da una inesorabile legge di mercato. C'è una domanda alla quale risponde un'offerta. I lettori vogliono un testo 'corretto': gli editori pagano un uomo di lettere perché lo produca" (pp. 1-2) 
 

WEAVER



   La "riforma" dell'Orlando innamorato del Domenichi è un'opera sostanzialmente diversa rispetto a quella compiuta dal Berni. Il primo mirò infatti ad una riscrittura esclusivamente linguistica del poema, in modo da renderlo più elegante e moderno proprio tramite la traduzione dall'emiliano boiardesco in una lingua toscaneggiante e letteraria (non dico toscana poiché il Domenichi non riuscì a prescindere del tutto dal suo naturale piacentino) in perfetta coerenza con i criteri ed i gusti del '500 (p. 137)

   Non a caso la "riforma" ebbe un successo notevole confermato da più di venti edizioni cinquecentesche (p. 139)