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ERASMO DA ROTTERDAM
(Rotterdam, 27 ottobre 1469 - Basilea, 12 luglio 1536)

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CORSARO



     La produzione letteraria di Erasmo rappresenta "il fenomeno più intenso ed importante di polemica contro il latino curiale. Intellettuale nuovo e lontano dalle istituzioni della Chiesa romana, la sua critica all'umanesimo è recepita come critica alla lingua dell'apparato politico, conservata in modo canonico come strumento di esaltazione e diffusione del potere dei papi" (p. 39) La "critica erasmiana della poesia umanistica italiana [...] si era venuta a concretizzare proprio negli anni '20, filtrando a poco a poco nella Roma di Clemente VII" (p. 41) È quindi facile supporre che il Berni stesso conoscesse le opere e le opinioni erasmiane, anche perché uno dei maggiori interessati era proprio il suo padrone Giberti.
     Nel Dialogo contra i poeti, per esempio, l'impronta di Erasmo è notevolmente visibile soprattutto "nell'inquietudine di fronte ad una poesia cristiana che si fa contenitore di motivi pagani, offendendo la verità e lo spirito autentico dell'esperienza religiosa" (p. 43) Tuttavia non è possibile tralasciare la diversa prospettiva che i due autori comunicano: mentre il Berni, fermamente radicato nell'ortodossia romana, proponeva una "iper-qualificazione" di questa, Erasmo, estraneo all'ambiente curiale italiano, "parlando della pagana indifferenza per la parola e la vita cristiana, si proponeva come voce profonda e complessa di grande rinnovamento delle istituzioni del cristianesimo" (p. 45) Il Berni adattava, quindi, il programma erasmiano alla sua prospettiva vedendo in quel paganesimo una minaccia "sovvertitrice ed eversiva" al cristianesimo ortodosso, il quale, però, non poteva essere in alcun modo messo in discussione.
     L'ortodossia bernesca di questi anni subirà poi una drammatica svolta con il sacco di Roma - che segnerà anche la fine della "conciliabilità delle nuove ideologie" con l'umanesimo curiale - rivelandosi "ben più terribilmente contestataria e pericolosa" (p. 46)
 

LONGHI



     Erasmo con il suo Elogio della follia loda ciò che non è degno di lode, dà prova di eccellenza stilistica in un argomento "futile e meschino", propone "la sfida ad un'applicazione anomala della scrittura, un'applicazione piacevole e ricreante proprio nella sua anomalia e nei significati inattesi che sprigiona" (p. 142). In questo modo "il paradosso, funzionando come una scatola silenica, [riversa] dal suo interno una insospettata verità" (p. 142).
     L'importanza dell'innovazione di Erasmo "consiste nell'affrancare l'elogio paradossale dalla struttura dialettica che lo imprigionava e nel proclamarne l'autonomia e la dignità. La dedicatoria dell'Encomium moriae diviene il modello di tutte le successive apologie in difesa di scritture paradossali" (p. 149).
     Questi strani elogi divengono quindi, sulla linea erasmiana, "il divertimento degli spiriti dotti, una benefica vacanza dalle cure più serie che ritempra la mente col piacere dello scherzo" (p. 150)

     Infine, l'elogio paradossale restituisce un vero e proprio effetto benefico e salutare, in quanto, "consentendo prospettive inusitate, [...] [ci dà] la chiave per evadere dalla prigionia non solo dei valori costituiti, ma addirittura dell'ordine naturale delle cose. [...] Così insegna uno splendido apologo oraziano, di cui farà tesoro Erasmo descrivendo la vita del pazzo, colui per il quale il mondo fabbricato dal suo delirio è infinitamente più bello del mondo reale [...]. Il male e l'insignificante non esistono più, tutto può essere riscattato; e nel paradosso è la forza di una rivendicazione delle cose" (pp. 178-179)
 

ROMEI Introduzione



     È il capitolo la forma metrica che rivela maggior "dipendenza dai modi dell'encomio paradossale classico e umanistico e [trova] precedenti immediati ed illustri: [...] solo dieci anni prima, tornando proprio da Roma, il dotto Erasmo da Rotterdam aveva scritto l'irriverente Elogio della follia" (pp. 6-7)