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LA FORTUNA NEL RIFACIMENTO

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ROMEI Orlando



     "Boiardo I xvi:

1
Tutte le cose sotto della luna,
l'alta ricchezza, e' regni della terra,
son sottoposti a voglia di Fortuna:
lei la porta apre de improviso e serra,
e quando più par bianca, divien bruna;
ma più se mostra a caso della guerra
instabile, voltante e roinosa,
e più fallace che alcuna altra cosa;
2
come se puote in Agrican vedere,
quale era imperator de Tartaria,
che avia nel mondo cotanto potere,
e tanti regni al suo stato obedia.
Per una dama al suo talento avere,
sconfitta e morta fu sua compagnia;
e sette re che aveva al suo comando
perse in un giorno sol per man di Orlando.

     Insomma il Boiardo è di quelli che ogni cosa commettono alla fortuna.
     La risposta più appropriata non è nello stesso esordio (pur assai significativo quando insiste sulla responsabilità - sul libero arbitrio – dell'uomo e invita a imparare dalle pazzie di Agricane) ma in VIII [I viii] 1-5:

1
Qual si fusse colui che disse, Iddio
esser re degli eserciti e padrone,
e governargli, ebbe, al giudicio mio,
una buona, anzi santa opinione.
.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  
3
Quel sì famoso Ciro, e poi quel Serse,
e nell'antiche istorie de' Giudei
colui che il mondo di gente coperse,
e gli tagliò la testa alfin colei;
quante battaglie fur varie e diverse
con quegli indiavolati Filistei;
quante migliaia fece fuggir uno,
or fanciullo, ora donna ed or nessuno:
4
queste gran maraviglie falsamente
son state attribuite alla Fortuna,
con dir che in questa cosa ell'è potente
sopra quelle che son sotto la luna.
Non hanno questi tal posto ben mente,
che sempre con quell'uno e con quell'una,
che con tante migliaja ha combattuto,
il Re del ciel è stato a dargli ajuto;
5
e con quegli altri la superbia è stata,
e l'arroganzia e la prosunzione,
la quale Iddio ha sempre abbominata,
e sempre gastigata col bastone [...].

     E se ce ne fosse bisogno ribadisce in modo sbrigativo XXXVIII [II ix] 2:

Fato, fortuna, predestinazione,
sorte, caso, ventura, son di quelle
cose che dan gran noia alle persone,
e vi si dicon su di gran novelle,
ma infine Iddio d'ogni cosa è padrone:
e chi è savio, domina alle stelle;
chi non è savio, paziente e forte,
lamentisi di sé, non della sorte"
               (pp. 7-9)