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ANTOLOGIA DI GIUDIZI CRITICI


 

 

ADEMOLLO Teatri p. 77

      Peccato che nessuno dei tanti melodrammi di Giulio Rospigliosi fosse stampato! Alla critica moderna manca il modo di farsene un giudizio; e nell'accettar quello della critica antica bisogna andare a rilento, sebbene debba supporsi che il Quadrio ed il Crescimbeni per parlarne con tanta sicurezza avranno certamente avuto in mano i manoscritti, locché a noi è riuscito per due melodrammi soltanto [...].


 



 

GIOSUÈ CARDUCCI, Della poesia melica italiana e di alcuni poeti erotici del secolo XVIII [in origine prefazione a Poeti erotici del secolo XVIII a c. di G.C., Firenze, G. Barbèra, 1868; poi riprodotto in Il libro della prefazioni di G.C., Città di Castello, S. Lapi, 1888], infine in Melica e lirica del Settecento con altri studi di varia letteratura, Bologna, Nicola Zanichelli, MCMIX, pp. 7-8:

   Del resto, come quel che v'era di buono nella poesia della Pleiade affogò tra il phoebus del | regno di Enrico IV e Luigi XIII, così tra le ampolle del seicento il fiore della poesia melica industriosamente coltivato dal Chiabrera. Chi può giovarsi di quelle scempiaggini sguaiate di concetti con tante fiorettature svolazzi trilli e gorgheggi di parole e di rime, che sono le canzonette dei secentisti? Chi legge oramai il Lemene, che pure è il classico del genere? Ma il dramma per musica, nel suo periodo ascendente, tenea vivo anzi esagerava quell'amore pe 'l ritmo melodico, che dievenne allora universale tra noi. Erano i tempi che un papa, Clemente XI [sic], faceva a suoi be' giorni di simili ariette:

   Vaghi fiori, già sparsi di gelo,
Fanno pompa di rara beltà;
E di perle cadute dal cielo
Ogni rosa conchiglia si fa.

 

 

GIOSUÈ CARDUCCI, A proposito di un codice diplomatico dantesco, in "Nuova Antologia", s. III, vol. LVIII, fasc. 14 (15 agosto 1895); cfr. Edizione Nazionale delle opere di GIOSUÈ CARDUCCI, vol. IX, Dante, Bologna, Nicola Zanichelli Editore, 1936, p. 434:

   La poesia di papa Barberini è tutta riccioli e cartocci, come certe ninfe grassocie del Bernino: quella di papa Rospigliosi è un violoncello profumato di bucchero in un balletto mitologico.


 



 

MARIO COSTANZO, Critica e poetica del primo Seicento, vol. II, Maffeo e Francesco Barberini, Cesarini, Pallavicino, Roma, Mario Bulzoni Editore ("Biblioteca di cultura", 4), 1969, pp. 122-123

   Pur tra gli alti e bassi della politica [...] si può dire che il [cardinale Francesco] Barberini ha un posto di rilievo, come organizzatore e "promotore" di cultura, nel primo e medio Seicento; e che la sua influenza va considerata per molti aspetti decisiva per la formazione di un gusto letterario "moderato-barocco" e post-barocco: a) in primo luogo, per la continuità che la sua presenza per circa mezzo secolo nell'ambiente culturale romano poté garantire tra le "prove" tardo-rinascimentali e genericamente antimarinistiche della generazione Cesarini, Testi, Balducci, Azzolini, Simoncelli, e, d'altra parte, la sperimentazione, a livello dei Pallavicino, dei Delfino etc., di tesi e proposizioni di poetica non solo più complesse e meglio organizzate ma anche più esplicitamente proiettate verso il futuro (si passa, ad esempio, dall'idea d'una "retorica quaedam quasi magica" dell'età ciampoliana e superando momenti di acuta diffidenza verso l'esercizio stesso del poetare, anzi verso ogni possibile far poesia, al "favoloso" di cui parla il Pallavicino nel "Discorso aggiunto" al suo Ermenegildo martire [Roma, Eredi del Corbelletti, 1644]); b) in secondo luogo, per l'opera di mediazione assiduamente esercitata tra gusto letterario e gusto figurativo: sia direttamente come committente e uomo di curia di grande autorità, sia indirettamente (ma anche, forse, | più efficacemente) tramite il maestro di camera Cassiano del Pozzo; c) infine, per la svolta sollecitata, favorita, promossa a poco a poco nell'ambito della cultura letteraria contemporanea dal "maraviglioso" barocco a un'idea di classicità intesa come grazia, leggiadria e "vaghezza" musicale, curiosità antiquaria e gusto del peregrino "archeologico", in un senso che oggi si definirebbe moderato-barocco e quasi pre-arcadico: dove il riferimento più ovvio è ai rapporti strettissimi di Francesco Barberini e del Pallavicino con Giulio Rospigliosi (poi papa Clemente IX) e al loro esplicito, programmatico apprezzamento dei suoi esperimenti melodrammatici.


 



 

GIOVAN MARIO CRESCIMBENI, Istoria della volgar poesia, in Venezia, presso Lorenzo Basegio, MDCXXX, vol. II, pp. 497-498

      [...] Fu adunque Giulio Rospigliosi da Pistoia generoso Cavaliere, e Poeta Lirico de' più dolci culti e leggiadri del tempo suo; ed ebbe tale avvertenza in maneggiare il fiorito stile, che nel fervore della lussuria degl'ingegni, si mantenne maravigliosamente intatto da ogni strania, e sconvenevole intrapresa, come si riconosce da molte sue Rime, che si truovano sparse per le Raccolte di questo secolo. Ma nè più nè meno Drammaticamente compose, al che sopra il tutto inclinava il suo genio; e seppe sì bene accomodare al moderno uso de' Teatri ciò, che a simile spezie di Poesia è prescritto, che, nè prima, nè dopo, v'è stato alcuno più guardingo, e giudizioso di lui, e di maggior gloria degno, e di fama. E se i suoi Drammi, che in più volumi originalmente si conservano nella sceltissima, e vastissima Biblioteca Ottoboniana, godessero la pubblica luce, la moderna Drammatica Poesia avrebbe anch'essa qualche fregio, pel quale dovesse con ragione gloriarsi, e gareggiare coll'altre spezie. [...] [scheda]


 



 

P. S. PALLAVICINO, lettera a Monsignor Favoriti aggiunta alla sua tragedia Ermenegildo, Roma, Corbelletti, 1665

      [G.R.] innestando le rose più odorifere del Parnaso in su le spine del Calvario ha consacrati alla santità in Roma i teatri. [ADEMOLLO Teatri 77-78 n. 2]


 



 

FRANCESCO SAVERIO QUADRIO

      Fu culto e leggiadro lirico, ma il suo genio il portava alla poesia drammatica, e molte bellissime opere teatrali per musica compose, che furono rappresentate in Roma nel teatro Barberino, e che in più volumi raccolti originalmente si conservano in Roma nella Biblioteca Ottoboniana. Sette drammi di esso esistono pur manoscritti nella Biblioteca del marchese Don Teodoro Trivulzio [...]. [ADEMOLLO Teatri 76]
 

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