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     Se il Boiardo, nonostante la sua crudezza linguistica, non raggiunge mai il "buffonesco", il Berni, al contrario, nel raffinare ed erudire certe parti del testo abbassa il "tono" in altre; è il caso "del duello fra Grandonio e Astolfo di I, 3, 1-6, che nel Rifacimento (I, 3, 4-8) [testo] condensa le provocazioni verbali e l'urto dei duellanti, per amplificare con paragoni grotteschi la fragorosa sconfitta del Saracino" (p. XVIII)

     Il "Berni non credeva più, non sentiva più l'epicità cavalleresca del Boiardo, che doveva apparire dissolta, oltre tutto, dall'ironia dell'Ariosto" (p. XXII)

     Troviamo nel rifacimento alcune parti burlesche "(fino al colmo dell''andava combattendo ed era morto' di II xxiv 60)" e "umoresche esibizioni dell'io (come la descrizione del Berni prigioniero delle Naiadi [...], III vii 36-56) [testo]: tutto ciò contraddice il mondo del Boiardo" (p. XXII) 
 

WOODHOUSE



     Al verso LIV 26 5 [II xxv] il Berni inserisce due forme alternative della stessa parola:
E giunse ad un palagio o sia palazzo.
Il motivo di questa scelta può essere compreso e valutato solo facendo riferimento all'ipertoscanismo che troviamo nella versione del Boiardo:
E camminando gionse ad un palaccio.
               (II xxv 23 5)
In questo caso "il poeta comico, come grammatico, non ha potuto resistere a dare una glossa faceta derivata dall'uso del Boiardo. O ancora [...] nel corso dell’ottava più pulciana del Berni, al canto XXVII 14 2 [I xxvii] [si legge:]
Di rabbia quanto può ne bee e 'nzuppa
la scelta audace di una rima dal registro 'comico' non può essere completamente valutata se non osserviamo la presenza, al verso 5 della stanza del Boiardo [I xxvii 7], della forma giuppa ('giubba'), che potrebbe essere certamente apparsa con una ortografia più dialettale zuppa nella pubblicazione del Boiardo da parte del Berni. In ognuno di questi esempi particolari il senso umoristico della parola del Berni è entrato in gioco alle spese del Boiardo. Ma il poema del Boiardo, nell'esprimere il carattere e lo spirito della sua narrazione, è già un mezzo sicuro per un allegro divertimento. [...] [Non solo,] nel Berni l'inserimento sistematico di proemi formali, che mancano nei canti del Boiardo, serve indubbiamente per rendere l'opera più istruttiva moralmente; ma [...] nella consistenza principale della narrazione, il rifacitore dà un ampio contributo come collaboratore nell'umorismo" (p. 12)

     Gli scrupoli morali e religiosi che dominano il rifacimento non procedono, però, di pari passo con la faceta libertà che il Berni si prende occasionalmente contro coloro che professano la religione. Probabilmente l'intervento più divertente si ha nella conclusione del canto LI [II xxii] 64 5-7:

Ma la indiscrezïon sarebbe troppa,
E più di quella de' preti e de' frati,
Se non mi ricordassi di finire.
L'ispirazione di questo passo sarà, indubbiamente, stata tratta dal ritratto comico del diavolo Malagriffa del Boiardo, situato poco sopra ("E piglia preti e frati e i scapulari" in II xxii 55 5), ma anche dalla percezione di una incongruità verbale nella chiusura del canto del Boiardo ("Io voglio mo finire il mio sermone" in II xxii 61 5). 
     Una "gentile irriverenza" il Berni se la concede anche nel descrivere la devozione di personaggi umoristici del poema, primo fra tutti Astolfo:
Dicendo sue devote orazïone,
Come era usato il cavalier soprano.
               (Boiardo II ii 7 3)

E borbottava una certa orazione
Divotamente, ch'era buon cristiano.
               (Berni XXXI [II ii] 10 3-4).

Lo stesso, però, avviene, in questo passo, con Orlando:
Che a Dio se aricomanda a più non posso,
Chiamando ciascun Santo benedetto
               (Boiardo II xii 12 6-7)

Ch'era con l'orazione a' Santi addosso,
E borbottava e davasi nel petto
               (Berni XLI [II xii] 13 6-7).

Tuttavia, anche nel caso di Orlando, la continuazione della narrazione (e soprattutto la frase "drittamente crede" in XLI [II xii] 14 8) non lascia dubbio sulla vera fede del personaggio (pp. 160-161)

     Molto divertente è il modo indiretto con cui il Boiardo ci presenta un messaggero preso dal panico in I xiv 55, modo non sufficientemente indiretto per il Berni. Di seguito il verso conclusivo del Boiardo:

De altro che rose avea le brache piene
               (Boiardo I xiv 55 8)
e della versione rimaneggiata:
Mostrò d'aver a fare a casa un poco
               (Berni XIV [I xiv] 65 6).
Questa revisione potrebbe essere posta in parallelo con un'altra allusione dissimulata nel rifacimento:
Gan da Pontier, come lo vide in faza,
Nascosamente uscì fuor della piaza.
               (Boiardo I ii 50 7-8)

Gan, come vide questa cosa orrenda,
Mostrò d'aver a casa altra faccenda.
               (Berni II [I ii] 52 7-8)

Questo "genere di umorismo, testualmente introverso," dice Woodhouse, "serviva [forse] al Berni come compensazione privata per il suo impegno a sfumare tutto ciò che era esplicito nel Boiardo" (pp. 163-164)