INDICE |
BERNI XIII 26 [I xiii 26] |
BOIARDO I xiii 18-19 |
PREMESSA |
25 E non fu già questo colpo mortale, Perché, come voleva, non l'ha còlto. Torna l'uccello al ciel battendo l'ale, E furïoso ancora in giù s'è vòlto. Giunse nell'elmo il feroce animale, E tutto il cerchio con l'unghion gli ha sciolto; Non lo rompe o l'intacca, perch'è fino, Forte e fatato, e fu quel di Mambrino. 26 Com'al tempo felice di Lione, Quando il secol fu d'oro, e 'l ciel rideva, Poggiar in alto un pellegrin falcone, Quanto occhio può seguirlo si vedeva, E poi addosso o anitra o airone Qual grave sasso a piombo giù cadeva; Né potendo ferirlo, rimontava, E poi di nuovo a terra si gettava; 27 Su vola spesso, e giù torna a ferire: Non la potea Rinaldo indovinare, Che pur un tratto lo possa colpire. Stava la bella donna ivi aspettare, E di paura si crede morire; Non già di sé, ch'a sé non può pensare, E non è quivi, perch'altrove ha il core: Sol di Rinaldo avea doglia e timore. |
18 Non fu quel colpo troppo aspro e mortale, Però che al suo voler non l'ebbe còlto; Quel torna al cel battendo le grande ale, E furïoso ancor giù se è rivolto. Gionse ne l'elmo quel fiero animale, E il cerchio con lo ungion tutto ha disciolto, Né 'l rompe, né lo intacca, tanto è fino! Lo elmo è fatato, e già fo di Mambrino. 19 Su vola spesso, e giù torna a ferire; Ranaldo non la puote indovinare, Che una sol volta lo possa colpire. Stava la donna la pugna a guardare, E di paura se credea morire, Non già di sé, che non gli avia a pensare, Né de esser quivi lei se ricordava: Del baron teme, e sol per lui pregava. |
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