INDICE |
BERNI XXVIII 1-5 [I xxviii 1-5] |
BOIARDO I xxviii 1-3 |
PREMESSA |
1 Notate, amanti, e tu nota anche, Amore, Sendo fatta per voi l'istoria mia, Ed io non volendo esser un autore Pazzo tenuto, e che contra si dia, Convien che schiavo, non che servidore, Come son anche, a tutti quanti sia; E se tal volta non istò in cervello, Sappiate che procede da martello. 2 Vorrei, cortesi e dilicati amanti, Anime grazïose, anime mie, Vorrei vedervi savi tutti quanti; E quando veggo farvi le pazzie, I canti miei si convertono in pianti, In far rabbuffi e dirvi villanie: Onde quel che non son, poi mi tenete; E pur di tutto il mal cagion voi sete. 3 Io vi veggo gelosi, sospettosi, Malinconici spesso e disperati, Crudeli, empi alle volte e furïosi, E talvolta leggieri e smemorati. Come volete che l'animo posi? Fra l'altre cose vi veggo ostinati; Ché conoscete la vostra rovina, E pure a quella ognun ratto cammina. 4 Questo è un vizio fra gli altri bestïale, Diabolico, maligno, anzi poltrone; Ché quel caval nïente certo vale Il qual non cura né briglia né sprone. Sapere, e voler fare a posta il male, A casa mia si chiama ostinazione, E dicesi esser un di quei peccati Che mai da Dio non ci son perdonati. 5 A questo modo è ostinato Orlando, Ché, come sopra udiste, s'accorgeva Che commetteva un peccato nefando Ad ir contra 'l fratel come faceva, E nondimeno alla ragion dà bando, Rispondendo ch'amor così voleva; E tanto innanzi va l'ira e la furia, Che non sol fa, ma gli dice anche ingiuria. |
1 Chi provato non ha che cosa è amore, Biasmar potrebbe e due baron pregiati, Che insieme a guerra con tanto furore E con tanta ira se erano afrontati, Dovendosi portar l'un l'altro onore, Ch'eran d'un sangue e d'una gesta nati: Massimamente il figlio di Melone, Che più della battaglia era cagione. 2 Ma chi cognosce amore e sua possanza, Farà la scusa di quel cavalliero; Ché amore il senno e lo intelletto avanza, Né giova al provedere arte o pensiero. Giovani e vecchi vanno alla sua danza, La bassa plebe col segnore altiero; Non ha remedio amore, e non la morte; Ciascun prende, ogni gente ed ogni sorte. 3 E ciò se vide alora manifesto, Ché Orlando, qual di senno era compito, Di sua natura si cangiò sì presto, E venne impazïente allo appetito; Ed a Ranaldo se fece molesto, Col qual fu de amistà già tanto unito. Ora nel campo a morte lo desfida, Suonando il corno ad alta voce crida: |
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