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BERNI LXIII 1-5 [III iii 1-5] |
BOIARDO III iii 1-3 |
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1 Da poi che' primi dui nostri parenti Si cavarno la voglia di quel pomo Ch'a loro e noi meschini allegò i denti, E schiavo di signor si fece l'uomo, Volse Dio che da mille strazj e stenti, Da mille mali e morti fusse domo, E che 'l pan del dolore, il qual mangiasse, Col sudor del suo viso s'acquistasse. 2 Con questa condizion quello animale Che doveva degli altri esser signore, E che diventa poi tanto bestiale, Che d'ogni altro animal si fa peggiore, Nasce, e porta per dote naturale Affanno, stento, miseria e dolore; Onde vive, onde veste e si nutrica, Convien che si guadagni con fatica. 3 Un savio fu che questa vita nostra Disse ch'era una eterna e cruda guerra, E che all'uom convenìa star sempre in giostra, Sin che Dio lo tenea sopra la terra. Dunque poi che così l'uso ci mostra, L'uso, anzi pur Iddio che mai non erra, Preghianlo almen ch'a far ci dia di quelle Guerre che son più felici e più belle: 4 Onde vittoria e gloria riportiamo Contra ciò che ci faccia resistenzia, E d'acquistarla certi ci rendiamo Con la virtù dell'alma pazïenzia. Per or l'esempio d'Aquilante abbiamo, Che da colui non volse tor licenzia; Ma giurò fin a morte stargli intorno, Se fusse nato mille volte il giorno; 5 Se fusse nato e ritornato in fasce, Giurato ha sin al fin mai non posare, E così quando l'anima ci pasce Qualche vizio con morsi e punte amare, E s'è ucciso più forte rinasce, Tornianlo tante volte ad ammazzare, Che si schianti dall'ultima radice: Così la guerra nostra fia felice. 6 Dissi del coccodrillo, in che maniera Della torre d'Orril sciolto fuor esce. È grande a maraviglia questa fiera, Vive molto, e vivendo sempre cresce: Sia ora in terra ed or nella riviera, Le bestie in quella, in questa mangia il pesce; Come lucerta, o ver ramarro è fatto, Ma di statura è fra lor un gran tratto. |
1 Tra bianche rose e tra vermiglie, e fiori Diversamente in terra coloriti, Tra fresche erbette e tra soavi odori De gli arboscelli a verde rivestiti, Cantando componea gli antichi onori De' cavallier sì prodi e tanto arditi, Che ogni tremenda cosa in tutto il mondo Fu da lor vinta a forza e posta al fondo; 2 Quando mi venne a mente che il diletto Che l'om se prende solo, è mal compiuto. Però, baroni e dame, a tal cospetto Per dilettarvi alquanto io son venuto; E con gran zoia ad ascoltar vi aspetto L'aspra battaglia de Grifone arguto E de Aquilante, il tanto apregïato, La qual lasciai nel canto che è passato. 3 Contai del cocodrillo in che maniera Da la torre de Orrilo a furia n'esce. A meraviglia grande è questa fiera, Che molto vive e sempre in vita cresce; Ora sta in terra ed or nella riviera, Le bestie al campo, a l'acqua prende il pesce; Fatto è come lacerta, over ramaro, Ma di grandezza già non sono al paro; |
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