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LEONE X
papa
(Giovanni De' Medici)

(Firenze, 11 dicembre 1475 - Roma, 1 dicembre 1521)

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STUDI



 

ROMEI Introduzione


       "[...] Leone X: quel Giovanni de' Medici, rampollo del magnifico Lorenzo, che vi aveva trapiantato le splendide costumanze di vita della sua gente. Il prodigo mecenatismo di casa Medici aveva in quegli anni attirato a Roma il fiore dell'intellettualità italiana, sollecitata a promuovere il prestigio del papato [...]. Roma era la città delle improvvise fortune e delle sconfinate ambizioni" (p. 5) 

       Nei primissimi decenni del 1500 l'ambiente della corte romana cambiò notevolmente con la successione dei papi. Dal fiorente mecenatismo e dalla mondanità della corte di Leone X si passò all'austerità del fiammingo Adriano VI, estraneo alla corte, subito odiato dai cortigiani, che disperse quel perenne congresso di letterati e artisti che si era insediato a Roma. In quegli anni il Berni, che risiedeva nella città, venne addirittura allontanato, per aver composto un capitolo contro il papa (pp. 5-9) 

       " [...] non c'è dubbio che il Berni, anche frequentatore di generi 'popolareschi', avesse alle spalle una solida educazione umanistica, espressa finanche in eleganti carmi latini, di un'accesa passionalità catulliana. Questa dignità di cultura e di sentire, presto riflessa nella precoce padronanza di straordinari mezzi espressivi, non consente in alcun modo di confonderlo, [...] nella folla pittoresca e un po' sordida dei clienti-buffoni di cui tanto si dilettava Sua Santità, ed è la premessa indispensabile del successo che ne avrebbe fatto il capostipite di una delle 'maniere' più fortunate del Cinquecento" (pp. 5-6) 
 

ROMEI Orlando


       Nel rifacimento dell'Orlando innamorato troviamo menzionato onorevolmente "Leone X (XIII [I xiii] 26 1-2)" (p. 3) 
 

VIRGILI


       Leone X "trovò il miglior modo di tener cheti, finché visse, malcontenti e maledici. Avendo in mano la cannella di quella fonte dell'oro che era allora Firenze, tenne intorno a sé allegro il mondo, moltiplicando le baldorie e le feste, e scemando le tasse" (p. 66)