PREMESSA
INDICE
DEL TESTO
NOTA
AL TESTO
BIBLIOGRAFIA
SIGLE
PERSONE
SOGGETTI
Rime
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1
Di nuova istoria mi convien far versi,
E dar materia al vigesimo canto,
Dove potrà chiaramente vedersi
Ch'ognun non è così, come par, santo;
Né per gli abiti bigi, azzurri e persi,
E non se lo toccar se non col guanto,
Avere il collo torto, e gli occhi bassi;
E 'l viso smorto, in paradiso vassi;
2
Né per portare in mano una crocetta,
Vestir di sacco, andar pensoso e solo,
E con una vitalba cinta stretta
Arrandellarsi come un salsicciuolo;
Aver la barba lunga, unta e mal netta,
Un viso rincagnato di fagiuolo;
Cercar buchi, spilonche, grotte e sassi,
Come grilli, conigli, granchi e tassi.
3
Questo mostrar di non si contentare
Della vita comunemente buona,
E voler far tra gli altri il singulare,
Subito scandalezza la persona;
E fa tutto il lïuto discordare,
Quando una corda con l'altre non suona;
E di questo strafar convien che sia
Cagione, o fraude, o superbia, o pazzia.
4
La santità comincia dalle mani,
Non dalla bocca, o dal viso o da' panni:
Siate benigni, mansueti, umani,
Pietosi all'altrui colpe, agli altrui danni:
Non hanno a far le maschere e Cristiani;
Chi non mostra quel ch'è va con inganni,
E non entra per l'uscio nell'ovile,
Anzi è un ladro, un traditor sottile.
5
Questi son quella sorte di ribaldi
A' quali il nostro Iddio tanto odio porta,
E contra chi par sol che si riscaldi;
Ogni altro error con più pietà sopporta.
O agghiacciati dentro, e di fuor caldi,
In sepolcri dipinti, gente morta,
Non attendete a quel che sta di fuori,
Ma prima riformate i vostri cori.
6
Levate via la superbia, e la sete
Dell'oro; e la profonda ambizïone,
E l'odio che, da quella mossi, avete
A chi dove vorreste non vi pone.
Se fate così dentro, non arete
Fatica a riformarvi le persone;
Ché quando la radice via si toglie,
Getta l'arbor da sé tutte le foglie.
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1
Di nuova istoria mi convien far versi,
Per dar materia al vigesimo canto,
Dove potrà chiaramente vedersi
Che ogni uom non è così, come par, Santo,
Né per gli abiti bigi, azurri o persi,
Né per aver un breviario a canto,
E nomar con le labra il salvatore,
Senza punto sentirlo entro del core;
2
Né per portar in testa una copetta,
O ventosa, o capel da stufaiolo,
Né per portar o non portar braghetta,
Allacciata con molti, o un laccio solo,
E portar una veste lunga e stretta,
Che par un guardacuor da barcaruolo,
Con ciance e Paternostri, altro ci vole
Che per rei fatti dar buone parole.
3
La carità incomincia da le mani,
Non da la bocca, dal viso, e da' panni.
Siate discreti, mansueti, umani,
Pietosi a l'altrui colpe, a l'altrui danni.
Non hanno a far le maschere i Cristiani,
E chi altrimente fa, va con inganni
E non entra per l'uscio nell'ovile,
Anzi è ladron, e traditor sottile.
4
Questi son quella sorte de' ribaldi
Ai quali il nostro Dio tanto odio porta,
Contro cui solo par che si riscaldi.
Ogni altro error con più pietà soporta.
O agghiacciati dentro e di fuor caldi,
In sepolcri dipinti, gente morta!
Deh! Non guardate a quel che sta di fuori
Ma rinovate prima i vostri cuori.
5
Dicon certi plebei che or or il Papa
Vuol riformarsi con gli altri prelati.
Io dico che non ha sangue la rapa,
Né sanità, né forza gli ammalati,
E dell'aceto non si può far sapa;
Dico che allor seranno riformati,
Quando 'l caldo serà senza tafani,
Il macello senza ossa e senza cani.
6
Di piombo è, Sanga, questa empia stagione!
Poi non si può più ragionar del vero.
Oggi è tenuto un goffo ed un poltrone
L'uom che parla di Cristo e di San Piero.
Negli occhi oggi ti è sempre un ribaldone,
Ipocrita col ciglio erto e severo,
E ti chiama bizzaro o Luterano,
E Luterano vuol dir bon Cristiano.
7
Han tesa un'ampia rete i preti avari,
E con squille e con solfe e con piviali,
Ornan di mirto or questi, or quegli altari,
Che prometton far gli uomini immortali.
Fan voto a questo legno i marinari,
A quel gesso i soldati, e gli orinali
Son dati a Santo Cosmo e Damiano,
E la cura del morbo a San Bastiano.
8
Il baron Sant'Antonio ha 'l fuoco in seno,
Ed ha pensier dell'asino e del ciacco,
Onde oltra modo han qui i monaci pieno
E per ogni contrada il ventre e 'l sacco.
Quello Abbate sen va come un Sileno,
E quel Cardinalaccio come un Bacco;
Il Papa ardito vende in ogni parte
E bolle ed indulgenze al fiero Marte.
9
La parola di Dio si è risentita,
E va con destro piè per l'Alemagna,
E tesse tuttavia la tela ordita,
Scovrendo quella occulta empia magagna,
Che ha tenuto gran tempo sbigottita,
E fuor di sé la Franza, Italia e Spagna;
Già, per grazia di Dio, fa intender bene
Che cosa è Chiesa, caritade, e spene.
10
O gran bontà dell'eterno Signore,
Ecco 'l figliuol che un'altra volta appare,
E comincia calcar l'alto furore
Delle incredule chieriche empie e avare,
Che han tentato celar l'immenso amore,
Che mosse il gran fattor dell'opre rare
A farsi servo, e provar caldo e gielo,
E col sangue segnar la via del cielo.
11
Non si ragiona qui di questo sangue
Innocente di Cristo, ed uomo e Dio,
Che estinse il velenoso e rigido angue,
Re malvagio del cieco e basso oblio.
Questo signor nel suo bel corpo essangue
Uccise il vecchio Adam superbo e rio,
E placò l'ira del suo Padre eterno,
Serrando l'empie porte dell'inferno.
12
Questo è quel santo e benedetto seme
Promesso ai padri antichi, che conduce
Alle scale del ciel la nostra speme;
Questo è il vittorioso e sommo duce,
Che col suo piè l'uman giudicio preme;
Questa è quella tranquilla e viva luce,
Che ottenebra le menti e stringe gli occhi
Agli savii del mondo orridi e sciocchi.
13
O Cristiani con gli animi ebrei!
Poiché avete per capo un uom mortale,
Primo inventor de' nuovi farisei,
Deh! spiegate l'eterne e veloci ale
A quel tempio stellato, u' l'Agnus dei
È pontefice eterno ed immortale,
Che sol dona col sangue puro e mondo
L'indulgenza plenaria al cieco mondo.
14
E quel Gambaro cotto ha pur ardire,
In capella dinanzi a quel merlone,
Quel Anticristo il dì di festa dire:
"Tu sei del nostro mar vela e temone",
Che più presto da noi dovrebbe udire:
"Tu sei il Dio della destruzïone!
Padre di tante vane ipocrisie,
De' tanti abiti strani ed eresie!"
15
Deh Sanga! per amor di Monsignore
Di Verona, depone il tuo Marone
E Tibullo e Lucrezio, e 'l vivo onore
Della lingua latina Cicerone,
Ed abbracciam con le braccia del core
Il nostro buono maestro e buon padrone,
Che ci fa degni degli eterni chiostri,
Senza le diligenze e i merti nostri.
16
E fate accorto, priego, il Molza ancora,
Marc'Antonio Flaminio e 'l Navagero,
Che qui si trova altro che Iano e Flora
E Glauco e Teti, onde superbo Omero
Le dolci carte de' poeti infiora;
Qui si scorge ab experto il falso e 'l vero,
E quel bel fior che ti fa veder chiaro
Che sei dentro e di fuor empio ed amaro.
17
O buon Fregoso, che hai chiuso l'orecchio
Alle sirene della poesia,
E ti stai nell'eterno e vivo specchio,
Lieto godendo la Filosofia,
Ora del nuovo patto, ora del vecchio,
Sei sgombro pur di quella frenesia,
Che avevi col Fondul i giorni a dietro
Di accordar con Platon Paolo, e san Pietro.
18
Per forza or mi convien gire a Gradasso
Ed alle folle de' miei palladini,
Dove il Giovio mi chiama seco a spasso
Per i suoi folti e frondosi giardini.
Ben prometto di farvi un lieto e grasso
Convitto un dì, dove i demonichini
Con gli altri frati si morran di sete,
Se quel dì grate orecchie mi darete.
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