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PIER PAOLO VERGERIO IL GIOVANE
(Capodistria, 1498 - Tubinga, 1565)

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ROMEI Berni e berneschi


       L'assenza di documentazione relativa alle 'stanze vergeriane' ci costringe spesso a procedere per congettura. Premesso questo le riflessioni compiute da Romei sull'argomento risultano in parziale disaccordo con le conclusioni a cui è giunto Virgili. Secondo il primo dal documento vergeriano emergono delle informazioni relative al rifacimento bernesco che non possono essere tralasciate. Sicuramente la più eclatante riguarda la dichiarazione del Vergerio su un fine nascosto del rifacimento, il quale andrebbe ben al di là della semplice riscrittura linguistica e letteraria e che sarebbe da ricercare nella volontà di trasmettere un messaggio dottrinale, di propaganda riformista, che manifesta una risentita coscienza religiosa. A questo punto Romei mette in guardia contro ciò che dell'opuscolo è privo di credibilità: i dettagli che il Vergerio ci fornisce sulle diciotto stanze sono sicuramente errati; le stanze, nella loro totalità, non sono autentiche (come Virgili afferma a gran voce nel suo lunghissimo saggio); parlare di un Berni protestante avvalendosi delle dichiarazioni contenute in questo dubbio frammento è decisamente pericoloso e privo di solide basi. Ma di contro Romei afferma che "gli argomenti del Virgili, per quanto come al solito diligentissimi, risultano in conclusione assai fragili e del tutto inconsistenti quando presumono una fantastica e macchinosa congiura, orchestrata dall'Aretino con la complicità del Vergerio, ai danni del Berni, della sua opera, della sua fama." E prosegue affermando di non credere "che le stanze vergeriane siano molto meno attendibili di quelle corrispondenti del testo vulgato (I xx 1-6 [...]) e non [esclude] che se le prime sono state alterate per passione protestante, le seconde non siano state smorzate per prudenza cattolica". Gli "sembra probabile, in ogni caso, che il Vergerio lavorasse su qualcosa di concreto, forse una tradizione manoscritta che giungeva al suo esilio oltremontano già compromessa (egli, fra l'altro, mostra di non essere a conoscenza – non certo per malizia, come suppone il Virgili – dell'avvenuta pubblicazione dell'Innamorato)" (p. 27). La negazione pregiudiziale dell'autenticità delle stanze avrebbe pochi fondamenti in special modo per ciò che concerne quelle conclusive, ricche di riferimenti personali e tematicamente coerenti con il Dialogo contra i poeti (la citazione delle stanze 15-17 che seguono è ripresa dall'edizione curata dal Camerini: F. BERNI, Opere, Milano, Sonzogno, 1874):

     Deh, Sanga, per amor di monsignore
Di Verona, deponi il tuo Marone,
E Tibullo, e Lucrezio, e 'l vivo onore
De la lingua latina Cicerone;
Ed abbracciam con le braccia del core
Il nostro buon maestro e padrone,
Che ne fa degni degli eterni chiostri,
Senza le diligenze e i merti nostri.
     E fate accorto, priego, il Molza ancora,
Marc'Antonio Flaminio e 'l Navagero,
Che qui si trova altro che Iano e Flora,
E Glauco e Teti, onde superbo Omero
Le dolci carte de' poeti infiora.
Qui si scorge ab experto il falso e 'l vero,
E quel bel sol, che ti fa veder chiaro,
Che sei dentro e di fuor empio ed amaro.
     O buon Fregoso, che hai chiuso l'orecchio
A le sirene della poesia,
E ti stai ne l'eterno e vivo specchio,
Lieto godendo la filosofia,
Ora del Nuovo Patto, ora del Vecchio,
Sei sgombro pur di quella frenesia,
Che avevi col Fondul i giorni a dietro,
Di accordar con Platon, Paolo e San Pietro.

Allineando il riformismo gibertino con le idee (già espresse nel Dialogo) contro un umanesimo esclusivamente letterario e ibrido di mitologia pagana e rito cristiano, queste discusse stanze vanno oltre, dichiarando l'assoluta inconciliabilità fra classicismo e fede ed aggredendo un umanesimo corrotto per volgersi interamente verso una totalizzante ascesi. A questo punto ciò che emerge dalle "fole" cavalleresche non è altro che una pura "dottrina evangelica" (pp. 27-28)

       Ritornando alla disinformazione del Vergerio circa la già avvenuta pubblicazione del rifacimento, argomento accennato poco sopra, non si comprendono i motivi di una dissimulazione, poiché alla causa vergeriana avrebbe potuto giovare proprio la denuncia di una stampa censurata. Inoltre dedicare al Sanga, morto ventidue anni prima dell'uscita dell'opuscolo, le stanze in questione per dar credito ad un falso è congettura non poco azzardata. Ed ancora. L'opuscolo si avvale dell'autorità dei celebri sonetti "babilonesi" del Petrarca, affiancando a quest'ultimo il Berni, autore conosciuto soprattutto per le sue disimpegnate e sconvenienti rime giocose, al quale si attribuisce una sconcertante conversione: che senso aveva costruire addirittura un falso per accaparrarsi un così screditato campione? A questo punto Romei conclude: "il discorso del Vergerio dà l'impressione di un'interpretazione in buona fede di dati erronei o incompleti, ma con un fondo di verità" (p. 44, nota 66)
 

VIRGILI


       Nel 1554 fu stampato un opuscolo di Pier Paolo Vergerio contenente, oltre ai tre sonetti 'babilonesi' e a brani di lettere latine del Petrarca, diciotto stanze del Berni che avrebbero dovuto precedere il ventesimo canto del rifacimento. L'opuscolo risulta diviso in due parti: una concernente le vicende di quella che avrebbe dovuto essere la prima edizione del rifacimento e che non fu mai effettuata (1531), l'altra concernente i documenti e le prove di quello che si afferma nella prima parte. Quest'ultima comprende una lettera nella quale si dice testualmente che "il Berni, negli ultimi anni della sua vita, [...] 'fatto nuova creatura, gittate via molte vanità cortigiane, si diede a cercare e tirare avanti la gloria di Dio, ardendo di desiderio che tutto il mondo venisse a conoscere [...] la sincerità dell'Evangelio di Iesu Cristo, la quale era stata per lunghi tempi calpestata, e la falsità ed abbominazione dell'Anticristo [si intenda il papa], la qual regnava. Ma veggendo egli che questo gran tiranno non permettea onde alcuno potesse comporre all'aperta di quei libri, per li quali altri possa penetrare nella cognizione del vero, andando attorno per le man d'ognuno un certo libro profano chiamato Innamoramento d'Orlando che era inetto e mal composto, il Berni s'immaginò di fare un bel trattetto; e ciò fu che egli si pose a racconciare le rime e le altre parti di quel libro [...]; e poi aggiungedovi di suo alcune stanze, pensò di entrare con quella occasione e con quel mezzo [...] ad insegnare la verità dell'Evangelio, e scoprire gl'inganni del papato a quella maggior parte dell'Italia ch'egli avesse potuto. Ma l'astuzia del Diavolo [si intenda sempre il papa], che è sottilissima, avendosi accorto del danno che occultamente se gli apparecchiava, seppe operare onde il libro, il quale era già ben acconcio e accresciuto e presso che finito di stampare, fosse soppresso'" (pp. 354-355)

       A questo punto bisogna vedere se quanto afferma il Vergerio è degno di fede (pp. 352-355)

       Pier Paolo Vergerio fu, in due diverse fasi della sua vita, prima cattolico, poi luterano. Era cattolico nel 1541 quando, nunzio papale in Germania, bruciava opuscoli luterani; mentre divenne in seguito protestante, quando si fece lui stesso autore di questi opuscoli ereticali e si adoperò per la loro produzione e diffusione (p. 391)

       Analizzando attentamente tutte le possibilità, tutte le vicende che ruotarono intorno alla vita del Berni e al suo rifacimento, il contenuto (almeno quello che ci è giunto) e lo stile di questo e il contenuto e lo stile delle diciotto stanze pubblicate dal Vergerio sembra, alla fine, che quest'ultimo possa aver sfruttato l'immagine del Berni (ormai morto da anni) e le vicende legate al suo rifacimento per meglio arricchire e giustificare la sua causa ed i suoi fini (p. 406)