INDICE |
BERNI XXX 1-9 [II i 1-9] |
BOIARDO II i 1-4 |
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1 Per correr maggior acqua, alza le vele, O debil navicella del mio 'ngegno; E voi, stelle lucenti, al lume de le Quali io cammino al destinato segno, Propizio sia e benigno e fedele Il favor vostro a questo ardito legno, Che sì profondo mar passa solcando, E l'onor vostro e l'opre va cantando. 2 Madre santa d'Enea, figlia di Giove, Degli uomini piacere e degli Dei, Venere bella, che fai l'erbe nuove E le piante, e del mondo vita sei; Da te negli animal virtù si muove, Virtù che nulla foran senza lei; Vincol, pace, piacer, gioia del mondo, Spirito, foco vital, lume giocondo. 3 Fugge all'apparir tuo la pioggia e 'l vento; Zefiro apre la terra e la riveste, E gli uccelletti fan dolce concento; Saltan gli armenti lieti e fanno feste, E da strano piacer commosse drento Van le fiere in amor per le foreste; Lasciata l'ira e la discordia ria, Fanno dolce amicizia e compagnia. 4 Io ti prego, gentil benigna stella, Per le punte amorose che tu dài Al quinto lume, e per quelle quadrella Che nel feroce petto ognor gli trai, Quando a iacer, della tua faccia bella A pascer gli avidi occhi, in grembo l'hai, Impetri per me grazia, e con la sua Insieme mi concedi anche la tua. 5 Perch'io canto di voi, sì come ho detto, E son vostro poeta e vostro autore; E ben ne sono altiero, ché subbietto Esser più bel non può, né di più onore. Tu che per l'alto, largo e chiaro letto Ratto correndo fai grato romore, Raffrena il corso tuo veloce alquanto, Mentre alle ripe tue scrivendo io canto, 6 Rapido fiume che d'alpestre vena Impetuosamente a noi descendi, E quella terra sopr'ogn'altra amena Per mezzo, a guisa di Meandro, fendi: Quella che di valor, d'ingegno è piena, Per cui tu con più lume, Italia, splendi, Di cui la fama in te chiara risuona, Eccelsa, grazïosa, alma Verona: 7 Terra antica, gentil, madre e nutrice Di spirti, di virtù, di discipline; Sito che lieto fanno, anzi felice L'amenissime valli e le colline; Onde ben a ragion giudica e dice, Per questo, e per l'antiche sue ruine, Per la tu'onda altiera che la parte, Quel, che l'agguaglia alla città di Marte: 8 Quella nel cui leggiadro amato seno, Mentr'io sto questi versi miei cantando, Dal ciel benigno a lei sempre sereno Tanto piglio di buon, quanto fuor mando; E nel fecondo suo lieto terreno Allargo le radici, e'rami spando, Qual sterile arbuscel frutto produce Se in miglior terra e cielo altri il conduce. 9 Raffrena alquanto il tuo corso veloce, Altiero fiume, lucido e profondo, Benché t'aspetti alla tua larga foce, Vago di sì bell'acqua, Adria iracondo. Porgete voi l'orecchie alla mia voce, Ninfe che state giù nel basso fondo, A lei non già, ch'è bassa, ma al subbietto Alto sì, che supplisce ogni difetto. 10 Voi sentirete l'invitta prodezza, L'ardir, la forza d'un cor pellegrino, La leggiadria, la grazia, la bellezza, Di Ruggier detto il terzo paladino, Il qual natura pose in tanta altezza, Che ne fece invidioso il suo destino, E la fortuna, sì come interviene, Che raro una con l'altra si conviene. |
1 Nel grazïoso tempo onde natura Fa più lucente la stella d'amore, Quando la terra copre di verdura, E li arboscelli adorna di bel fiore, Giovani e dame ed ogni creatura Fanno allegrezza con zoioso core; Ma poi che 'l verno viene e il tempo passa, Fugge il diletto e quel piacer si lassa. 2 Così nel tempo che virtù fioria Ne li antiqui segnori e cavallieri, Con noi stava allegrezza e cortesia, E poi fuggirno per strani sentieri, Sì che un gran tempo smarirno la via, Né del più ritornar ferno pensieri; Ora è il mal vento e quel verno compito, E torna il mondo di virtù fiorito. 3 Ed io cantando torno alla memoria Delle prodezze de' tempi passati, E contarovi la più bella istoria (Se con quïete attenti me ascoltati) Che fusse mai nel mondo, e di più gloria, Dove odireti e degni atti e pregiati De' cavallier antiqui, e le contese Che fece Orlando alor che amore il prese. 4 Voi odireti la inclita prodezza E le virtuti de un cor pellegrino, L'infinita possanza e la bellezza Che ebbe Rugiero, il terzo paladino; E benché la sua fama e grande altezza Fu divulgata per ogni confino, Pur gli fece fortuna estremo torto, Ché fu ad inganno il giovanetto morto. |
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