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   BERNI  XXXIV 1-6 [II v 1-6]

   BOIARDO  II v 1-4

PREMESSA

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DEL TESTO

NOTA
AL TESTO

BIBLIOGRAFIA

SIGLE

PERSONE

SOGGETTI

Rime
 

1
Se di questo gentil giardino ameno,
Grazïosi lettor, vi desse il core
Le tempie ornarvi, o vero empiervi il seno
Di qualche dolce frutto, o vago fiore,
Non saria l'util vostro forse meno,
Né la vittoria e la gloria minore,
Nel grado vostro, di quella d'Orlando,
Se l'andate fra voi considerando.
2
Detto v'ho già che sotto a queste cose
Strane che in questo libro scritte sono,
Creder bisogna ch'altre sieno ascose;
E che dall'istrumento varii il suono,
E che sotto alle spine stian le rose,
E sempre qualche documento buono
Sia coperto co' pruni e con l'ortica,
Perché si duri a trovarlo fatica;
3
E che della fatica il premio sia,
Ché così vuol la ragione e 'l dovere.
Io non m'intendo di filosofia.
E non vo' fare il dotto né 'l messere,
Ma che non sia nascosta allegoria
Sotto queste fantastiche chimere,
Non mel farebbe creder tutto 'l mondo,
E che non abbian senso alto e profondo.
4
Considerate un poco in coscïenzia
Se quella donna che 'l libretto porse
Al conte, potesse esser la Prudenzia
Che salvo pel giardin sempre lo scòrse,
Cioè pel mondo; e se con riverenzia
Quell'asino e quel toro e drago forse
E quel gigante esser potessin mai
I vari vizi e le fatiche e' guai
5
Che vi son dentro; e se quella catena
Posta sotto le mense apparecchiate
Volesse, verbi grazia, dir la pena
Delle genti ch'al ventre si son date;
E quella Fauna, e quell'altra Serena,
Mille altri van piacer, ch'alle brigate
Mostran bel viso, ed hanno poi la coda
Di velen pieno, e di puzza e di broda.
6
Intendale chi può, ché non è stretto
Alcuno a creder più di quel che vuole.
Torniam dove d'Orlando avemo detto,
Che stato è quivi insin a basso il sole;
Ha legati i giganti, ed in effetto
Fatto non pargli aver se non parole;
Però che se 'l giardin non fa sparire,
Di tornare a madonna non ha ardire.


















7
Legge il libretto, e vede ch'una pianta
Al mezzo del giardino a punto è drento,
A cui s'un ramo di cima si schianta,
Sparisce questo e quella in un momento;
Ma di salirvi su nessun si vanta
Senza cavarne o morte o rio tormento;
Ma il conte che paura mai non vide,
Di questa morte e tormento si ride.
 
 












































1
Vita zoiosa, e non finisca mai,
A voi che con diletto me ascoltati.
Segnori, io contarò dove io lasciai,
Poi che ad odire sete ritornati,
Sì come Orlando con fatica assai
Quei duo giganti al ponte avea legati.
Vinto ha ogni cosa il franco paladino,
Ed a sua posta uscir può del giardino.
2
Ma lui tra sé pensava nel suo core
Che se a quel modo fuora se n'andava,
Non era ben compito de l'onore,
Né satisfatto a quella che 'l mandava;
Ed era ancora al mondo un grande errore,
Se quel giardino il tal forma durava,
Ché dame e cavallier d'ogni contrate
Vi erano occisi con gran crudeltate.
3
Però si pose il barone a pensare
Se in alcun modo, o per qualche maniera
Questo verzier potesse disertare;
Così la lode e la vittoria intiera
Ben drittamente acquistata gli pare,
Poi che l'usanza dispietata e fiera
Che struggea tante gente pellegrine,
Per sua vitute sia condutta a fine.
4
Legge il libretto, e vede che una pianta
Ha quel giardino in mezzo al tenimento,
A cui se un ramo de cima se schianta,
Sparisce quel verziero in un momento;
Ma di salirvi alcun mai non si vanta,
Che non guadagni morte o rio tormento.
Orlando, che non sa che sia paura,
Destina de compir questa ventura.
 
GUIDA