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BERNI XLIII 1-4 [II xiv 1-4] |
BOIARDO II xiv 1 |
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1 Fu di ferro colui che prima tolse La cara donna al giovinetto amante; E quel che lei dal dolce nodo sciolse Del caro amante suo, fu di diamante. Chi fu sì duro, credo ch'anche volse Da terra l'erbe svegliere e le piante, E 'l sol dal cielo, e se cosa è maggiore Che sia legata con nodo d'amore. 2 Dolce nodo d'amor, caro legame, Che di dui cor fa un, sì forte strigne, E che due vite fila con un stame, Una sol'alma con dui corpi cigne: Ben è colui che le divide, infame, Né pur vergogna il volto gli dipigne. E non gli intenerisce, e non gli scalda Il cor pietà, che pietra è viva e salda. 3 Quand'io penso a Morgana, ardo ed agghiaccio D'ira col conte, e con lei di dolore, A cui potea così svegliere un braccio, Così di mezzo il petto trarle il core. Quest'altro vuol andare a dare impaccio A questa donna, e turbarle il su' amore. Chi domandasse lor, per che cagione Lo fan, risponderian c'hanno ragione. 4 Orlando l'amicizia allegherebbe Di Brandimarte; e questo il parentado, Che fu cagion che del cugin gl'increbbe: E lo fece passar sì alto guado. Forse che 'l ver l'un e l'altro direbbe; Ma io per ora a quella cosa bado, Né vorrei che da savi né da matti Simili scherzi mai mi fusser fatti. 5 Ma veggiam ch'io non stessi troppo a bada Con queste Alcine e Morgane e dragoni. Non v'ho ancor môstro un bel colpo di spada; Par che d'ogni altra cosa io vi ragioni, E tenga da quel fin diversa strada, Del qual fatte ho sì gran proposizioni; Ma non vi sia per Dio stato molesto: Non vien sì tardi il mal, che non sia presto. |
1 Già molto tempo m'han tenuto a bada Morgana, Alcina e le incantazïoni, Né ve ho mostrato un bel colpo di spada, E pieno il cel de lance e de tronconi; Or conviene che il mondo a terra vada, E 'l sangue cresca insin sopra a l'arcioni, Ché il fin di questo canto, s'io non erro, Seran ferite e fiamme e foco e ferro. |
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