INDICE |
BERNI XLIII 13 [II xiv 13] |
BOIARDO II xiv 8-9 |
PREMESSA |
12 Questa tempesta così repentina, Che par che 'l mondo si voglia inghiottire, Per arte maga fatta fu d'Alcina; A ciò che dietro alcun non le poss'ire. Lasciamo Astolfo in mezzo la marina, Molte cose di lui v'ho ancora a dire; A Rinaldo torniam, che in su la riva Sta come cosa né morta né viva. 13 Qual sotto l'ombra d'un olmo o d'un faggio Piagne i perduti figli Filomena, Che l'ha, appostando, l'arator selvaggio Tolti del nido, essendo nati a pena; Ella, mentre che lûce il solar raggio, E la notte da poi, l'aria serena, Chiamando il rubator duro e crudele, Empie di soavissime querele. 14 Poi che gran pezzo in sul lito deserto A piagner stato fu, come v'ho detto, Con quella pioggia addosso allo scoperto, Ch'ivi non era né loggia né tetto, Ove vada, ove sia, dubbioso e 'ncerto, Perch'era in un paese maledetto; Pur si risolve, e lungo la marina Verso ponente più giorni cammina. |
8 Ora sappiati che questa roina, Qual par che tutto il mondo abbia a sorbire, Era ad incanto fatta per Alcina, Perché alcun altro non possa seguire. Or vo' lasciare Astolfo alla marina, Di lui poi molte cose avremo a dire; Torno a Ranaldo, che in su la riviera Sol se lamenta e piange e se dispera. 9 Da poi che molto in quel litto diserto Fu stato a lamentar, come io ve ho detto, Con quella pioggia adosso, al discoperto, Ché ivi non era né loggia, né tetto, E lui non era del paese esperto, Però che mai non fu per quel distretto, Pur, seguitando a lato alla marina, Verso ponente più giorni camina. |
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