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BERNI LXI 1-7 [III i 1-7] |
BOIARDO III i 1-5 |
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1 Come colui che nelle cave d'oro In Ungheria, in Inghilterra, in Spagna, Quanto più sotto va, maggior tesoro Trova, e più s'arricchisce e più guadagna; O come da un monte alto, coloro Che salgon, scuopron sempre più campagna E terre e mari e mille cose belle, E fansi più vicini anche alle stelle: 2 Così nell'opra mia, quanto più innanzi Si va, signor', se 'l ver volete dire, Sempre più par ch'altrui tesoro avanzi, Sempre più luce se ne vede uscire. Quel ch'è passato, e quel ch'io dissi dianzi, È nulla, appresso a quel che dee venire: Più oro e perle e gioie tuttavia Trova la cava e la miniera mia. 3 La mia montagna a scoprir più paese Sempre e più vago i peregrin conduce, A cui la strada prima umil si prese, L'industria avendo e la virtù per duce; A guisa di colui che lume intese Di fumo dare, e non fumo di luce, Per dir d'Ulisse poi l'opre e le lode Con maggior maraviglia di chi l'ode. 4 Condotti v'ho fin dove avete visto D'Africa lapparecchio contra Carlo, E 'l fin che sin ad or si può dir tristo Per lui, però che son per desertarlo: Or nel stato di speme e tema misto Mi convien per alquanto abbandonarlo, E 'l conte che sta peggio ancor di lui, Per trovar chi gli liberi ambedui. 5 Nel principio del libro ch'è passato, Da voce di grandissimo terrore Da Mezzodì fui in Africa chiamato, Ed honne ancor gli orecchi pieni e 'l core; L'anima un'altra nuova or m'ha turbato Da Tramontana, che mi par maggiore, E forza m'è ch'al tutto io le risponda, E che l'istoria alquanto anche confonda. 6 Savia donna, che in mezzo all'Appennino Lieta ti siede, in quel che tanto t'hai Guadagnato e guardato Camerino, Onde ben pari a Dido in gloria vai: Donna d'ingegno e d'animo divino, Che l'Alpi culte et Adria ospite fai, E col tuo nome, famoso non meno Che sia per la tua patria il mar Tirreno; 7 Se dell'orecchie tue le mie fatiche (Qual si sian) degne sono, e delle luci, Fa lor (ti prego) l'une e l'altre amiche; Che mentre i regi illustri io canto e' duci, E l'opre delle donne grandi antiche, Dico che tu fra lor chiara riluci, E con la tua virtù, senno e valore Fai sempiterno al sangue Cibo onore. 8 Io dico che tenendo Carlo Mano In Francia Stato più che mai giocondo, Di Tramontana fuor venne un Pagano Che volse metter l'universo in fondo: Né dove nasce il Sol dell'Oceáno, Né dove cala, né per tutto il mondo Fu mai trovato un altro cavaliero Di lui più franco, più gagliardo e altiero. |
1 Come più dolce a' naviganti pare, Poi che fortuna li ha battuti intorno, Veder l'onda tranquilla e queto il mare, L'aria serena e il cel di stelle adorno; E come il peregrin nel caminare Se allegra al vago piano al novo giorno, Essendo fuori uscito alla sicura De l'aspro monte per la notte oscura; 2 Così, dapoi che la infernal tempesta De la guerra spietata è dipartita, Poi che tornato è il mondo in zoia e in festa E questa corte più che mai fiorita, Farò con più diletto manifesta La bella istoria che ho gran tempo ordita: Venite ad ascoltare in cortesia, Segnori e dame e bella baronia. 3 Le gran battaglie e il trïonfale onore Vi contarò di Carlo, re di Franza, E le prodezze fatte per amore Dal conte Orlando, e sua strema possanza; Come Rugier, che fu nel mondo un fiore, Fosse tradito; e Gano di Maganza, Pien de ogni fellonia, pien de ogni fele, Lo uccise a torto, il perfido crudele. 4 E seguirovi, sì come io suoliva, Strane aventure e battaglie amorose, Quanto virtute al bon tempo fioriva Tra cavallieri e dame grazïose, Facendo prove in boschi ed ogni riva, Come Turpino al suo libro ce espose. Ciò vo' seguire, e sol chiedo di graccia Che con diletto lo ascoltar vi piaccia. 5 Nel tempo che il re Carlo de Pipino Mantenne in Franza stato alto e giocondo, Uscì di Tramontana un Saracino, Che pose quasi lo universo al fondo; Né dove il sol se leva a matutino, Né dove calla, né per tutto il mondo, Fo mai trovato in terra un cavalliero Di lui più franco e più gagliardo e fiero. |
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