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BERNI LXVII 1-8 [III vii 1-8] |
BOIARDO III vii 1-3 |
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1 Notato i' ho che 'l nostro Brandimarte Si trova quasi sempre accompagnato; Se va, se vien, s'egli sta, se si parte, Ha la sua Fiordelisa bella a lato: Non so se mai Turpin lo fa con arte, Volendo in lui mostrarci quello stato Che volgarmente è detto coniugale, E tanto a torto ognun ne dice male: 2 Ognuno a torto certo mal ne dice, Ed ha corrotto l'intelletto e 'l gusto; Ché non è stato al mondo più felice Viver, ch'a Dio più paiccia, e sia più giusto, Dopo quel primo, al quale a pochi lice Venire, e ben bisogna esser robusto; Quel ch'è perfetto, e per dirlo in un fiato, Al quale aggiugne a chi dal cielo è dato. 3 Non vi beccate, Cristiani, il cervello, Ch'esser Cristian bisogna, o lasciar stare; Non pretendete ignoranzia di quello Che troppo ben è scritto che s'ha a fare. Voi, preti, che vi date così bello Tempo, guardate di non vi ingannare, E non aver a render conto poi, Quando il tempo verrà, d'altri e di voi. 4 Caricatevi pur di beneficii, Buono appetito e buon stomaco fate: Quando a dir messa andate, e gli altri ufficii, Ditemi, a chi da canto vi levate? O santi antichi, incorrotti giudicii, Che non volevan prete far né frate, Chi non era d'età, chi non aveva Per virtù môstro assai ch'esser voleva. 5 Or poi che 'l vizio nostro scorso tanto Vuol che sì magri e sì debili siamo, Che ci bisogni qualche cosa a canto, Onde però più magri diventiamo, Facciam quel che Turpino in questo canto Per Brandimarte ci mostra; e pensiamo Ch'a torto ha biasmo il stato coniugale, Perché noi ci facciamo il bene e 'l male; 6 Ed onorati e svergognati semo Sol dalle nostre o dolcezze o stranezze. Le donne son qual noi stessi volemo, Secondo che da noi le sono avvezze; È uno amore, anzi un ardore estremo Quel d'una donna, quando ell'ha carezze Dal suo marito, e' figliuoli abbandona Per lui, e 'l padre e la stessa persona. 7 Ma ben sapete che se per lor sole Le leggi noi vogliam che fatte sieno, Va facendo il marito ciò che vuole, Ed alla moglie in casa tiene il freno; S'altro interviengli, a gran torto si duole, Perché chi ha più senno, n'usa meno, Perché le donne de' loro appetiti Son assai men padrone che i mariti. 8 Dunque tre volte e più son quei felici Che la copula salda insieme tiene, E da querele salvo e mali uffici Fin all'ultimo giorno amor mantiene; Come questa gentil coppia d'amici, Che sempre insieme giunta or va, or viene; Di Brandimarte e Fiordelisa dico, Che di prigione a trar viene il su'amico. 9 Veniva da Biserta il cavaliero, Quell'anima cortese, saggia, umana; E 'l re Gradasso e Mandricardo altiero Avea richiesti a quella impresa strana: Ma dove rimangh'io, dicea Ruggiero, Sebben non chieggo al conte Durlindana? Sebben con esso lui non ho contesa, Venir non debbo a così bella impresa? |
1 Più che il tesoro e più che forza vale, Più che il diletto assai, più che l'onore, Il bono amico e compagnia leale; E a duo, che insieme se portano amore, Maggior li pare il ben, minore il male, Potendo apalesar l'un l'altro il core; E ogni dubbio che accada, o raro, o spesso, Poterlo ad altrui dir come a se stesso. 2 Che giova aver de perle e d'ôr divizia, Avere alta possanza e grande istato, Quando si gode sol, senza amicizia? Colui che altri non ama, a non è amato, Non puote aver compita una letizia; E ciò dico per quel che io vi ho contato Di Brandimarte, che ha passato il mare Sol per venire Orlando ad iutare. 3 Di Biserta è venuto il cavalliero Per trare il conte fuor de la fiumana; Il re Gradasso e Mandricardo altiero Avea richiesti a quella impresa strana. - Ma dove rimango io ? - Dicea Rugiero - Se ben non chieggio a Orlando Durindana, Se ben seco non voglio aver contesa, Venir non debbo a sì stupenda impresa? - |
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