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   BERNI  XIII 1-7 [I xiii 1-7]

   BOIARDO  I xiii 1
 
PREMESSA

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DEL TESTO

NOTA
AL TESTO

BIBLIOGRAFIA

SIGLE

PERSONE

SOGGETTI

Rime
 

1
Io voglio essere schiavo in vita mia
A questa donna per questa novella;
Ché non credo ch'al mondo stata sia
Detta, né fatta mai cosa sì bella:
Qui s'impara che cosa è cortesia,
Gentilezza, bontà, modestia, e quella
Che raro in bella donna oggi si vede,
Costanzia, castità, prudenzia e fede.
2
Qual magnanimità fu mai veduta
Maggior di quella c'han mostro costoro?
La vita insieme s'han data e renduta.
Forse che qui n'è ito argento o oro?
La vita l'un, l'onor l'altro rifiuta;
Per la virtù combattuto han fra loro:
Guerra gentil, generosa vittoria,
Ch'ambedui coronati gli ha di gloria.
3
Dalla qual guerra quella pace nacque,
Quel ben del qual il gusto a pochi è dato;
Che tanto all'un dell'altro il genio piacque,
Che in eterna amicizia s'è legato;
Né mai da poi l'un senza l'altro giacque,
Né mai fu l'un dall'altro separato,
Come vedete nell'istoria appresso,
Se scriver tanto ben mi fia concesso,
4
Se le mie rozze e mal composte rime,
Se l'umil canto mio ne sarà degno;
Ché salire a sì alte eccelse cime,
A dire il ver, non è mortal disegno:
Opra sola sarìa di quel sublime,
Di quello egregio, raro, unico ingegno
A cui le Muse di toschi paesi
Son state sì benigne e sì cortesi:
5
A cui que' tre che tu, Fiorenza, onori,
Eterni lumi della lingua nostra,
Quanto siano obbligati e debitori,
Per le fatiche sue chiaro si mostra,
Per gli immortal lodati suoi sudori;
Onde ben par con lor sovente giostra,
E non so che divin vi si discerne
Fuor delle stampe ordinarie moderne.
6
Opra degna sarìa, quanto più guardo,
Subbietto accomodato al vostro stile,
Antonio, signor mio, dotto Broccardo,
Spirito generoso, almo, gentile,
Che come a voi non è (né son bugiardo)
Nel servir degli amici altro simile,
Convien a voi d'amor, di fede tempio,
Scriver ben d'amicizia un raro esempio.
7
A voi, che se Prasildo descriveste,
O quel che del cor suo fu sì cortese,
In ambedui voi stesso esprimereste,
La virtù vostra in lor fora palese:
Ma le Leggi, a cui già tutto vi déste,
Vi chiamano a Venezia ad alte imprese:
Dure leggi (dirò); ché il vostro ingegno
Di starsi con le Muse era più degno.
8
Ritorniamo a Rinaldo, c'ha sentito
Quell'alto grido di spavento pieno,
Onde non s'è già punto sbigottito:
Salta di sella, e lascia il palafreno
Alla donna che 'l viso ha scolorito,
E quasi per paura si vien meno:
Rinaldo imbraccia il scudo, e fatto avanti,
Vede un gigante degli altri giganti,
 
 






























































1
Io vi dissi di sopra come odito
Fu quel gran crido di spavento pieno.
Di nulla se è Ranaldo sbigotito;
Smonta alla terra, e lascia il palafreno
A quella dama dal viso fiorito,
Che per gran tema tutta venìa meno;
Ranaldo imbraccia il scudo, e trasse avante.
La cagion di quella era un gran gigante,
 
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