INDICE |
BERNI III 39-40 [I iii 39-40] |
BOIARDO I iii 36-37 |
PREMESSA |
39 E d'amante, nimico divenuto, Comincia seco a pensar la pazzia, Dov'era stato insin allor perduto. Quella bellezza, quella leggiadria, Quella divinità ch'avea veduto, Già gli è uscita della fantasia. Strana legge, perversa e nuova sorte! Quel che prima s'amava, or s'odia a morte. 40 Quei belli occhi seren non son più belli: L'aria di quel bel viso è fatta oscura; Non son più d'oro i bei biondi capelli, E brutta è la leggiadra portatura: I denti eran di perle, or non son quelli; E quel ch'era infinito, or ha misura; E odio è or quel ch'era prima amore, Vergogna e disonor quel ch'era onore. 41 Con questa intenzïon (non so se fiera O umana mi dica, o dolce o dura) Parte Rinaldo, ed un'altra riviera Trova d'un'acqua freschissima e pura. Tutti i fior ch'escon fuora a primavera Aveva ivi dipinto la natura; Un pino, un faggio, un ulivo sopr'essa, A chi sotto lor sta fanno ombra spessa. |
36 E seco stesso pensa la viltade Che sia a seguire una cosa sì vana; Né aprezia tanto più quella beltade, Ch'egli estimava prima più che umana, Anci del tutto del pensier li cade; Tanto è la forza de quella acqua strana! E tanto nel voler se tramutava, Che già del tutto Angelica odïava. 37 Fuor della selva con la mente altiera Ritorna quel guerrer senza paura. Così pensoso, gionse a una riviera De un'acqua viva, cristallina e pura. Tutti li fior che mostra primavera, Avea quivi depinto la natura; E faceano ombra sopra a quella riva Un faggio, un pino ed una verde oliva. |
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