INDICE |
BERNI III 43-48 [I iii 43-48] |
BOIARDO I iii 39-41 |
PREMESSA |
43 Ma la vista del luogo dilettoso A scavalcar l'invita, stando essendo; Scioglie il cavallo, e per quel prato erboso A suo piacer lo lascia andar pascendo; Ed ei disteso si mette in riposo, Né si riposa sol, ma sta dormendo; E mentre dorme, fortuna gli manda Quel che non cerca e quel che non domanda. 44 Come sempre intervien, che chi vuol lei, Ella lo fugge, e vuol chi non la vuole. Dorme Rinaldo, ed eccoti colei Per cui fatte si son tante parole. Amor per prender gioco di costei, Ch'è stanca e morta e drento arsa dal sole, E per finirla in tutto d'arrostire, A quella fonte la fece venire. 45 Ella avea sete, e l'acqua è fresca e bella; Smonta, e lega il cavallo a quel bel pino; E subito affrontata una cannella, Bee quanto si beria d'un dolce vino. Nel ber si sente non esser più quella Ch'era poco anzi, mercé di Merlino; E molto più che prima le fa caldo, Massimamente visto c'ha Rinaldo. 46 Poi ch'ell'ha visto Rinaldo a quel modo Soavemente in su l'erba dormire, Le parse che fuss'un che con un chiodo Il cor le trafiggesse di martire. Da quel sonno gentil, profondo e sodo Un'armonia d'amor sente venire; E da dolcezza vinta, in quel bel viso Si pon con tutti i sensi a guardar fiso. 47 Come spesso in campagna un nobil cane, Or di fiera or d'uccel drieto alla traccia, Ch'è fra le cose di natura strane, E non so se si sa perch'ella il faccia; Come n'ha trovato un, fermo rimane, E come morto in terra giù si schiaccia, E gli occhi fissi tiene in quegli altri occhi, Senza curar ch'alcun lo chiami o tocchi: 48 Così, lasciato di vergogna il freno, Angelica a Rinaldo s'avvicina, E guardandolo, tutta venia meno, Né sa pigliar partito la meschina. Di fior il prato, com'io dissi, è pieno, Per torne alcun la misera meschina; Ed or volendo, or no, che si risenta, Or addosso, or nel viso glie n'avventa. |
39 Mosso dal loco, il cavalier gagliardo Destina quivi alquanto riposare; E tratto il freno al suo destrier Bagliardo, Pascendo intorno al prato il lascia andare. Esso alla ripa senz'altro riguardo Nella fresca ombra s'ebbe adormentare. Dorme il barone, e nulla se sentiva; Ecco ventura che sopra gli ariva. 40 Angelica, dapoi che fu partita Dalla battaglia orribile ed acerba, Gionse a quel fiume, e la sete la invita Di bere alquanto, e dismonta ne l'erba. Or nova cosa che averite odita! Ché Amor vôl castigar questa superba. Veggendo quel baron nei fior disteso, Fu il cor di lei subitamente acceso. 41 Nel pino atacca il bianco palafreno, E verso di Ranaldo se avicina. Guardando il cavalier tutta vien meno, Né sa pigliar partito la meschina. Era dintorno al prato tutto pieno Di bianchi gigli e di rose di spina; Questa disfoglia, ed empie ambo le mano, E danne in viso al sir de Montealbano. |
|
|