INDICE |
BERNI XXXVI 37-45 [II vii 37-45] |
BOIARDO II vii 31-32 |
PREMESSA |
36 Siagli di grazia la vita indugiata, Fin ch'io gli vo qualche aiuto trovando; Ch'ancor non ho la traccia abbandonata Dove lasciai l'altr'ieri il conte Orlando, Ch'era arrivato al fiume della Fata; Sì com'io feci punto allora quando Con Fallerina si pose in cammino, Avendole disfatto il suo giardino. 37 Ma prima che 'l parlar di sopra resti, Mi bisogna un servigio fare a Gano, Che vuol ch'una sua pianta qui gli annesti, Che da lui fu piantata a Carlo Mano. Bollir il traditor sentendo questi Apparecchi del popolo africano, Atto tempo gli parve da far còlta, E che fusse venuta la sua volta. 38 Al re Marsiglio una lettera scrisse Tutta di cortesia piena e d'amore: Tu debbi (credo) aver sentito, disse, Prima di noi, di Barbería il romore. Quando costui l'udì, molto s'afflisse, Poi, come savio, ha mostro far buon core, E se ne ride; ma non passa 'l gozzo Il riso, ché da tema e doglia è mozzo. 39 Qui non è né Rinaldo né Dudone; Il conte Orlando par che sia in Levante A far con orti e con tori quistione, E là è innamorato e fa il galante; Ecci Namo prefato e Salamone, E 'l me' di tutti quanti è Bradamante; Ci son certi Giachetti ed Angelini, Della bussola quinta paladini. 40 A Montalbano e Marsilia s'è dato Certo ordin magro, il me' che s'è possuto; V'è stato Namo e 'l duca Amon mandato, Come Dio vuole, ognuno è proveduto; Certi famigli di stalla han menato, Che se per sorte tu fussi venuto Tosto che l'apparecchio là intendesti, Le porte di Parigi or batteresti. 41 Pur sarai anche a tempo, se vorrai; Cioè, se vien' come se dee venire; Ferraù credo pur che teco or hai; Grandonio e gli altri che superchio è dire: Come avvisato, ben penso, anche sai Quando Agramante si debbe partire, E pensi di congiugnerti con lui Per dar la stretta in un tratto a costui. 42 Ma s'a modo d'un pazzo far volessi, Prima di lui direi che tu venissi E prima a Montalban capo facessi, Né dall'assedio suo mai ti partissi, Fin ch'a forza o per fame non l'avessi; E se Carlo venir contra t'udissi, Combattessi con lui, perché non puoi Fra se non molto bene i fatti tuoi: 43 Perché, se ben perdessi la giornata, Tu dèi pensar che bazza e' non l'arebbe: In questo mezzo quell'altra brigata, Anzi in quel tempo appunto arriverebbe; Dico del re Agramante e dell'armata, Che, sendo stracco, te lo spaccerebbe: Se tu vincessi, potresti a Agramante Dir che non vuoi con esso star per fante; 44 E col favor della vittoria fare Ch'egli stesse in cervello; ed anche forse Che gli increscesse aver passato 'l mare. Io ho così queste cose discorse, E tu sei savio: fa quel che ti pare. Come ebbe scritto, la lettera porse Ad un corrier ch'a Bianciardino andava, Che Marsiglio in quel tempo governava. 45 Marsiglio lesse, e non fece soggiorno Dal dì che l'ebbe ricevuta, un mese, Ch'a Montalban fu con l'assedio intorno: Il consiglio di Gan sì bene intese. Voi di poi lo sapete; adesso io torno A dir d'Orlando; che dopo l'offese Fatte a colei, con essa entrò in cammino, Avendole disfatto il suo giardino. 46 Quel bel giardin, del quale era guardiano Il drago e 'l toro e l'asinello armato, E quel gigante ch'era ucciso in vano, Come vi fu di sopra raccontato, Tutto il disfece il senator romano, Benché per arte fusse fabbricato; Ed alla donna poi dette perdono, Per tor dal ponte que' che presi sono, |
31 Questa battaglia tanto sterminata Tutta per ponto vi verrò contando, Ma più non ne vo' dire in questa fiata, Perché tornar conviene al conte Orlando, Quale era gionto al fiume della fata, Sì come io vi lasciai alora quando Con Falerina se pose a camino, Poi che disfatto fu quel bel giardino: 32 Quel bel giardino ove era guardïano Il drago, il toro e l'asinello armato, E quel gigante, che era ucciso invano Come di sopra vi fu racontato. Tutto il disfece il senator romano, Benché per arte fosse fabricato, Ed alla dama poi dette perdono, Per trar dal ponte quei che presi sono: |
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