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BERNI XLIV 1-3 [II xv 1-3] |
BOIARDO II xv 1-2 |
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1 Chi potria mai pur con parole sciolte Delle piaghe e del sangue dire a pieno Delle genti che in esso son sepolte Per man del fiero figlio di Ulïeno, E di quelle che in fuga si son volte? Ogni lingua per certo verria meno, Se ben fusse di ferro, e se la voce Fusse di foco indefessa e veloce. 2 Era sì grosso il sangue, che la gente Correndo a galla ne portava morta, Com'un alpestro e rapido torrente Gli arbori, i sassi, i monti spigne e porta. In mezzo è 'l fiero che superbamente Si guarda intorno con la vista torta, E sbuffa, e sol di questo irato pare, Che non avea più gente d'ammazzare. 3 E vedendo Rinaldo a sé venire, Sogghigna, perch'è solo, e perch'è a piede; E perché a lui non si degnava d'ire, Fermo l'aspetta a guisa d'uom che siede; Ma Rinaldo lo fe' di passo uscire, E con la man toccar quel che non crede: Cioè, che senza paura è colui Ch'odia il nimico, e tien conto di lui. 4 Avea ciascun di lor tant'ira accolta, Che del viso han mutata la figura; E la luce degli occhi, in fiamma volta, Gli sfavillava in vista orrenda e scura. La gente ch'era prima intorno folta, Da lor si discostava per paura; Cristian' non già, ma que' di Rodamonte; Chi fugge verso 'l mar, chi verso 'l monte. |
1 A cui piace de odire aspra battaglia, Crudeli assalti e colpi smisurati, Tirase avante ed oda in che travaglia Son due guerreri arditi e disperati, Che non stiman la vita un fil de paglia, A vincere o morire inanimati. Ranaldo è l'uno, e l'altro è Rodamonte, Che a questa guerra son condutti a fronte. 2 Avea ciascun di lor tanta ira accolta, Che in faccia avean cangiata ogni figura, E la luce de gli occhi in fiamma volta Gli sfavillava in vista orrenda e scura. La gente, che era in prima intorno folta, Da lor se discostava per paura; Cristiani e Saracin fuggian smariti, Come fosser quei duo de inferno usciti. |
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