INDICE |
BERNI XLV 1-4 [II xvi 1-4] |
BOIARDO II xvi 1-2 |
PREMESSA |
1 Ogni peccato è brutto e d'odio degno, Massimamente contra al ben comune; Ma certa differenzia e certo segno Fa ch'un merta il baston, l'altro la fune. Gli error che ci fa far l'ira e lo sdegno, Hanno (a parlar così) più dell'immune, E quelli che gli altri che la forza pare, Più che la volontà ci faccia fare. 2 Però le sante leggi in ogni cosa Discrete, in questa estremamente sono, Che 'l furto alla persona bisognosa, Per non morir di fame, fanno buono; Ma quando vien da natura viziosa, Non è cosa che merti men perdono; Però con altrettanta discrezione Se gli dà con la morte punizione. 3 Duole ogni ingiuria all'uom; pur si sopporta, Al mio giudicio, con più pazïenzia, Che non fa questa, ch'oltra 'l danno porta Vergogna, e ci riprende d'imprudenzia. Par che sia la persona mal accorta, E ch'abbia avuto al suo poca avvertenzia; E la disgrazia di chi è perdente, Più muove a riso, ch'a pietà, la gente. 4 Ed un certo proverbio così fatto Dice che 'l danno toglie anche il cervello; E che chi è rubato, come matto Ne va dando la colpa a questo e quello. Colui che ruba, pecca solo un tratto; Ma s'io avessi preso quel Brunello, So che degli error suoi data gli arei La pena, e degli altrui, e poi de' miei. 5 Quegli osti e cuochi e quelle altre persone Che gli correvano a quel modo drieto, Mi par avesser più che gran ragione; Ma il tristo ruba, e calcagna e sta cheto: Aveva il corno di quel di Milone, E la spada ch'avea quel gran segreto, Che lavorata fu da Fallerina: Così si ficca per ogni cucina. |
1 La bella istoria che cantando io conto, Serà più dilettosa ad ascoltare, Come sia il conte Orlando in Franza gionto Ed Agramante, che è di là dal mare; Ma non posso contarla in questo ponto, Perché Brunello assai me dà che fare; Brunello, il piccolin di mala raccia, Qual fugge ancora, e pur Marfisa il caccia. 2 Ed avea tolto il corno al conte Orlando, Sì come io vi contai, quella matina, E Balisarda, lo incantato brando Che fabricato fu da Falerina; E nel canto passato io dicea quando Intrava quel giottone a ogni cucina, Non aspettando a' figatelli inviti, Pigliando e grossi sempre e rivestiti. |
|
|