INDICE |
BERNI XLV 38 [II xvi 38] |
BOIARDO II xvi 34-35 |
PREMESSA |
37 Benché l'altezza gl'impediva un poco La vista, ed era, a dir il ver, lontano; Onde ardea dentro e non trovava loco, Batteva i piedi e l'una e l'altra mano: Tinto avea il viso di color di foco; E prega il negromante, ancor che in vano, Che lo lasci ir per più chiaro vedere, E così bella vista più godere. 38 Come il figliuol del generoso armento, Che lungi senta dell'arme il romore, Non sa star fermo, e pel disio c'ha drento Se gli veggon tremar le membra fuore, E le mobili orecchie vibra al vento, Soffia foco pel naso il troppo ardore, E la chioma in sul collo erta si leva; Coltal aspetto il giovinetto avea. 39 Deh, diceva Atalante, figliuol mio, Quanto è mal gioco quel che vuoi vedere! Non ti lasciar venir sì strano disio Di cotanto dannoso e van piacere; Però che il tu' ascendente è troppo rio, E se d'astrologia l'arti son vere, Tutto il ciel ti minaccia, ed io lo sento, Che in guerra sarai morto a tradimento. |
34 Ma per l'altezza lontano era un poco Ove quelle arme son meschiate al piano, E per gran doglia non trovava loco, Battendo e piedi e stringendo ogni mano; Ed avea il viso rosso come un foco, Pregando pure il negromante in vano Che giù lo ponga, e ripregando spesso, Sì che quel gioco più vegga di presso. 35 - Deh, - diceva Atalante - filiol mio, Egli è un mal gioco quel che vôi vedere! Stati pur queto e non aver disio Tra quella gente armata de apparere; Però che il tuo ascendente è troppo rio, E, se de astrologia l'arte son vere, Tutto il cel te minaccia, ed io l'assento, Che in guerra serai morto a tradimento. - |
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