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BERNI XLVI 1-8 [II xvii 1-8] |
BOIARDO II xvii 1 |
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1 Colui che pose nome piccol mondo All'uomo, ebbe d'ingegno un ricco dono; Ché dall'esser in fuor com'egli tondo, Tutto l'altre faccende in esso sono: Ha del largo, del lungo, del profondo, Del medïocre, del tristo e del buono; Tutte le qualità degli elementi Produce, piogge e nevi e nebbie e venti. 2 Si rannugola spesso e rasserena; La terra sua or sì or no fa frutto, Perch'ell'è dove grassa e dove rena, Or ha troppo del molle, or dell'asciutto; Torrenti e fosse d'acqua e fiumi mena, Che fanno 'l corso loro or bello or brutto. Questi potrian chiamarsi gli appetiti Che sempre van, perché sono infiniti. 3 E son dalle due ripe raffrenati; Vergogna è l'una e l'altra la ragione, La qual quando trapassan, son gonfiati, E non han né cervello né discrezione; Quando corron quïeti, chiari e grati, Sono appetiti delle cose buone: Que' venti, piogge, nevi, giorni e notti Indovinate voi che sete dotti. 4 Fra gli elementi la disgrazia vuole Che della terra noi più parte abbiamo; E che sì come è quella al cielo e 'l sole, Così noi anche sottoposti siamo; In essa or quel pianeta, or questo suole Produr quel che miniera noi chiamiamo: E questa cosa è in noi per eccellenzia In numero, in grandezza, in differenzia. 5 Chi crederà ch'ognun le sue miniere Abbia dell'oro e degli altri metalli, Fin la salnitro? E pur son cose vere; Ma la fatica è a saper trovalli. Chi si diletta d'ozio, chi d'avere; Di lettere uno, un altro di cavalli; Piace a questo il cantare, a quello il suono: E queste le miniere nostre sono. 6 Le quai, secondo che son più o meno Degne, hanno più del piombo e più dell'oro. Un che sappia conoscere il terreno, È mo atto a scoprir questo tesoro; Come in Puglia si fa contra al veleno Di quelle bestie che mordon coloro Che fanno poi pazzie da spiritati, E chiamansi in vulgar tarantolati; 7 E bisogna trovare un che sonando Un pezzo, trovi un suon ch'al morso piaccia, Sul qual ballando, e nel ballar sudando, Colui, da sé la fiera peste caccia. Chi questo e quello andasse stuzzicando Con qualche cosa che gli satisfaccia, La vena e la miniera troverebbe, E gli studi d'ognun conoscerebbe. 8 Così fece Brunello a Ruggier nostro, Che gli offerse il cavallo e l'armadura; Così fu dall'astuto Greco môstro A quel d'Ilïon guastò le mura, Quel che fu scritto con più chiaro inchiostro, E la mia comedia cantar non cura, La qual forse del solco uscita è furore, E non s'accorge del fuggir dell'ore. 9 Come colui che con la prima nave Trovò del navigar l'arte e l'ingegno, Presso al lito ove il mar manco fondo ave Prima sospinse senza vela il legno; A poco a poco poi l'ardita trave Mandò più in alto, e poi senza ritegno A' venti si commise ed alle stelle, E vide cose glorïose e belle; |
1 Come colui che con la prima nave Trovò del navicar l'arte e l'ingegno, Prima alla ripa e ne l'onda suave Andò spengendo senza vella il legno; A poco a poco temenza non have De intrare a l'alto, e poi, senza ritegno Seguendo al corso il lume de le stelle, Vidde gran cose e glorïose e belle; |
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